giovedì 18 dicembre 2008

Alla ricerca dell'arte perduta (7)

Solimano

Giampietrino: Leda con i figli Staatliche Museen, Kassel

La Leda perduta di Leonardo da Vinci si sta rivelando una miniera, questo è il secondo post e non so se basterà.
Scrive il Lomazzo nel 1590: "... le opere finite (benché siano poche) di Leonardo da Vinci come la Leda ignuda e il ritratto di monna Lisa napoletana che sono in Francia" e, a proposito dello sguardo rivolto verso il basso per senso di pudore, aveva scritto nel 1584: "Leonardo Vinci l'osservò facendo Leda tutta ignuda col cigno in grembo che vergognosamente abbassa gli occhi". Ma il Lomazzo non si recò mai a Fontainebleau, quindi sono notizie indirette, che attestano che il Lomazzo aveva certamente visto solo copie o disegni. Mentre Carlo Goldoni, nel 1775, scriveva in una lettera: "Non esiste alcuna memoria in Francia ch'ella (la Leda) vi sia mai stata. Ho dei quadri veduti ed esaminati vari registri e cataloghi antichi del re, ho veduto anche il catalogo dei quadri distrutti e delle statue mutilate per una devozione male intesa; e la Leda del Vinci non solo non vi si trova, ma i professori e gli amatori francesi pretendono che mai vi sia stata e che il Vinci mai abbia composto tale quadro".
Di copie notevoli eseguite da pittori non mediocri ne esistono almeno altre tre, oltre a quella degli Uffizi (detta Spiridion) che ho inserito nel post precedente. Ne inserisco le immagini qui nel post; ampliate le immagini, per capire e gustare meglio i particolari. In tutte le quattro copie c'è qualcosa di strano: pur nella evidente derivazione da un un unico modello (la Leda di Leonardo), ci sono notevoli differenze, e non parlo della qualità pittorica e dello stile, proprio nella rappresentazione. Questo è apparentemente incomprensibile.
Vediamole una per una, a partire dal quadro che ho inserito in apertura di post: "Leda con i figli" del Giampietrino (un allievo di Leonardo), un quadro (128 x 106 cm) eseguito intorno al 1520 e conservato allo Staatliche Museum di Kassel. E' quasi sicuro che il paesaggio è stato eseguito dal Bernazzano, un pittore che si ispira alla pittura fiamminga nella ricchezza dei dettagli. In questo quadro, a parte il paesaggio, ci sono aspetti che colpiscono. Il cigno è assente: dove mai sarà andato? L'atteggiamento della Leda è diverso, a partire dallo sguardo, ma anche come disposizione del corpo: poggia un ginocchio sul prato e ci esibisce trionfante uno dei quattro figli, che tiene in braccio. Gli altri tre sono sul prato, tutti cresciutelli, e la presenza dei grandi gusci di uova è un sottile anacronismo.
Sulla destra del post inserisco un'altra Leda, quella della Galleria Borghese di Roma, eseguita preumibilmente negli anni 1510-15. Il quadro (128 x 81 cm) per secoli è stato attribuito al Sodoma, che comunque era molto vicino a Leonardo. Alcuni sostengono che questo quadro era, ancora non finito, in casa di Leonardo al momento della sua morte, e che andasse al Salai, a cui Leonardo era forse troppo affezionato. Come si vede, i gemelli qui sono due, non quattro, ma con i raggi X si è scoperto che inizialmente erano quattro. Il paesaggio in questo caso è di tipo leonardesco, ma non dipinto da Leonardo.
La quarta copia è quella a cui sono affezionato di più, perché è di Cesare da Sesto, un allievo di Leonardo che amo molto (segue a ruota il Boltraffio). L'opera di Cesare da Sesto la inserisco sulla sinistra del post. Il quadro (69,5 x 73,9 cm) è conservato a Wilton House, Salisbury e gli si assegna una datazione precoce: 1505-10. L'atteggiamento della Leda è simile a quello dei quadri agli Uffizi ed alla Borghese, ma con alcune piccole e intriganti differenze. I gemelli sono tornati ad essere quattro, ed il paesaggio, pur leonardesco, è ancora diverso: quattro paesaggi diversi su quattro copie. Il che può significare che il paesaggio Leonardo non l'aveva dipinto e che ogni copista (tutti validi pittori), si è costruito il paesaggio secondo il proprio talento, con la particolarità del Giampietrino che ha fatto eseguire il paesaggio al Bernazzano.
I critici, oggi, si stanno orientando nell'affermare che c'era, sì, la Leda di Leonardo. Era un cartone mirabile schizzato, disegnato, dipinto. Eseguito durante il periodo fiorentino e il secondo periodo milanese, Leonardo lo amava molto, lo teneva sempre con sé (come la Gioconda) e lo portò in Francia. Una meraviglia certamente, l'ammirazione universale è attestata dalle copie di ottimi artisti.

Ma non finisce qui. Leonardo da Vinci è ben più profondo di quanto pretenda il furbo Don Brown del "Codice Da Vinci". In questa breve ricerca mi sono imbattuto in due disegni che ormai quasi tutti attribuiscono a Leonardo. I disegni risalgono agli anni 1503-1507, i dati identificativi li riporto come didascalie, e il soggetto è la Leda. Ma un'altra Leda! In tutto diversa da quella che dipinse successivamente. Guardate il modo di abbracciare il cigno e tutta la disposizione del corpo, è proprio un'altra Leda, con Leonardo il gioco è senza fine... guardate la disposizione delle ginocchia nella copia della Leda in apertura del post, quella del Giampietrino. E' identica a quella che c'è in questi due disegni. Il Giampietrino aveva davanti agli occhi (o nella mente) questa Leda, non l'altra!

Leonardo: Leda Boijmans Van Beuningen, Rotterdam

Leonardo: Leda Devonshire Collection, Chatsworth

6 commenti:

Giuliano ha detto...

Non sapevo niente di Cesare da Sesto, ma direi che è molto meglio del Giampietrino.
La somiglianza tra la Leda "finta" e quelle dei disegni è comunque notevole, e invidio molto chi può indagare su questi misteri.
Boltraffio invece me lo ricordo, è grandissimo, ed è molto difficile distinguerlo da Leonardo.

Però non ho capito perché Leda ha quattro bambini e non due.

Roby ha detto...

Solimano, tu non ce la conti giusta. Della signora o signorina Leda sei innamorato perso.. ma quale prediligi? Quella di Cesare da Sesto, ok: ma neppure quella del Giampietrino, così maliziosa, ti è indifferente, vero?

Baciotti à la coque...

Roby

Solimano ha detto...

Giuliano, Leda fa due uova (ebbene sì!). Da un uovo nascono Castore e Polluce, dall'altro Clitennestra ed Elena, quelle che sposeranno gli Atridi Agamennone e Menelao combinando un sacco di guai, che succedono quando ormai la loro madre Leda si era messa a fare la calza.
Di Cesare da Sesto c'è un bellissimo quadro al Castello Sforzesco, prima o poi lo guardiamo insieme.
Roby, eroticamente non c'è match: la Leda del Correggio è il massimo dell'erotismo, dipinto dal pittore forse più erotico che ci sia stato, pittore regligioso fra l'altro, e ci vedo il nesso. Gioca amche l'orientamento sessuale, diverso nei due pittori. Ma la Leda di Leonardo, dalle copie e dai disegni si capisce che era un prodigio pittorico ed intellettuale, perché un'idea del cigno-drago, del cigno-persona, la poteva avere solo lui. Compresa l'idea di aumentare molto le dimensioni del cigno, che è un uovo di Colombo, ma prima bisognava pensarci.

grazie e saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

Solimano, ci sono dei post di cui rimando la lettura temendone e desiderandone i carico di stimoli al tempo stesso. (Questo, p.es.).
A Roma per lavoro, sono andato a vedere la mostra su Giovanni Bellini; ho iniziato a leggere il primo saggio del catalogo, poi il lavoro ha ripreso il sopravvento e mi sono interrotto sulla (negazione della) ipotesi di Longhi, secondo cui era Mantegna a seguire Giovanni, e non viceversa.
Spero di leggere la tua opinione in merito (intanto torno al saggio.)

Màz

Solimano ha detto...

Màz, senza consultare i miei libroni, mi sembra che all'inizio sia stato Giovanni Bellini a seguire (sempre a suo modo) il Mantegna, non viceversa. Ti do due motivi: il Mantegna, appena diciottenne fa gli affreschi degli Eremitani di Padova, subito considerato un grande maestro; inoltre i due artisti cognati sono molto diversi come atteggiamento: Mantegna proseguì per tutta la vita sulla linea iniziale, mentre Giovanni Bellini era molto aperto alle suggestioni degli altri pittori, per farle sue e modificarle. Come atteggiamento verso il mondo artistico, Mantegna era convesso, il Bellini concavo: quindi si vede che ha studiato il Mantegna, Piero della Francesca, Antonello da Messina e Giorgione (a più da ottant'anni!).

grazie Màz e saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

Quello che tu dici e' esattamente quello che dice il saggio. Pare che il Longhi, in anni di astio anti-mantegnesco, arrivasse a pre-datare con tutti i mezzi critici e filologici ammessi l'anno di nascita di Bellini, pur di rovesciare la freccia dell'influenza.

Grazie della conferma,
Maz