Nel libro I fiori del Parco di Monza c'è una sola immagine fotografica di Vladimiro Ferrari, e la metto qui a fianco. Lo si vede poco, ma lo si capisce molto. Stava fotografando i fiori in montagna, e così scrisse nel 1999:
Incontrare un fiore in alta quota è già uno spettacolo che meraviglia per i suoi colori intensi, ma ancor più per l'ambiente in cui il fiore nasce, ambiente arido, battuto dal vento, dove la notte anche d'estate è fredda; ma se ti chini a guardare quel fiore e vedi il suo pistillo, i suoi stami, le vie che conducono al nettare, ti trovi davanti a un caleidoscopio di colori che emozionano: questa struttura è l'apparato che permette la riproduzione e assicura la continuità della specie.
Fotografare quel fiore significa mettere in risalto questo "miracolo".
Allora devi saper cercare la luce giusta, la profondità di campo deve mettere in evidenza non solo il fiore, ma anche le sue foglie, lo stelo per poter riconoscere tutta la piantina in qualsiasi momento.
Questa fotografia non può più essere un'istantanea, dove ci può stare l'amico o più amici e anche il monumento per vedere il quale magari hai fatto tanti chilometri, ma che farà chiedere a chi guarderà la foto: "Cosa voleva farmi vedere il fotografo, gli amici o il monumento?"
La viola mammola è una specie comune in Italia, sia spontanea sia per coltivazione. Traggo dalla scheda di Anna Zaffaroni:
Il fiore della viola mammola produce una sostanza volatile, chiamata ionina, capace di affievolire il senso dell'odorato. Se si annusa intensamente una viola mammola, ci si rende conto dopo un po' che non scompare solo il profumo del fiore ma ogni altra fragranza. Una volta allontanato il fiore dalle narici l'effetto svanisce.
Nel prato sotto la quercia a dieci metri dal mio terrazzo, crescevano a cespi le viole. Una mattina mi accorsi che di notte era passato qualcuno, e si era portato via non le singole violette (l'abbiamo fatto tutti...), ma cespi interi, c'era il buco nel prato. Volevo scrivere una Novelletta degli Odori intitolata "Ladri di viole", ma poi ho lasciato perdere.
Il nome scientifico del croco bianco (Crocus albiflorus) deriva da una parola greca, che significa "filo di tessuto". E' greca anche la leggenda: l'amore fra un comune mortale, Krokos, e la ninfa Smilax. Questo fiore simboleggia il desiderio d'amore e veniva portato dagli antichi sulla tomba degli amanti morti per amore.
E' uno dei primi fiori primaverili e nonostante il nome è spesso violetto. Crescono diversi fiori sullo stesso stelo: quando si pensa che stia appassendo, ecco che fiorisce un altro croco.
Convallaria deriva da Lilium convallium, giglio delle valli, e majalis da maggio, che è il mese di fioritura. Purezza, innocenza, felicità: questi sono i significati (eppure è considerata una pianta tossica). L'uso del mughetto nei profumi e nei saponi lo conosciamo tutti. Forse non sappiamo che in passato i fiori del mughetto venivano utilizzati per profumare il tabacco da fiuto.
Il nome deriva dalla stessa parola greca da cui deriva narcotico. Anche il profumo può provocare torpore, i naturalisti antichi lo sapevano. Difatti il fiore essicato veniva usato come sedativo.
Il fiore nasce, secondo la leggenda, dal sangue di Narciso morente presso la fonte in cui si era specchiato.
In chiusura di post, la pratolina, le cui virtù profetiche in amore erano utilizzate nel Medioevo, ma sono arrivate ai giorni nostri: chi non ha pronunciato la formula: "m'ama, non m'ama"?
Se la faccenda andava bene, le donne concedevano al loro cavaliere di ornare lo scudo con due margheritine.
La pratolina regge anche a temperature molto basse, se l'aria è secca. L'infuso, bevuto tre volte al dì e lontano dai pasti, è un ottimo ricostituente per bambini.
La paratolina è vivace: si richiude di notte e di giorno ruota verso il sole.
Cresce dappertutto, dai pascoli ai margini delle strade. Il prato sotto la quercia è ricolmo di margherite, ma non esistono "Ladri di margherite" (per il momento).
7 commenti:
Sono bellissime le parole di Ferrari e accendono tanti ricordi:i fiori contro il cielo di certe scarpinate familiari, durante l'infanzia.
Ho per le viole una passione bambina: non so resistere.
Mi piacciono in tutta la scala delle gradazioni, quando sfumano in lilla e addirittura impallidiscono e si fanno bianche.
Mi piace la curva con cui il gambo si innesta sul fiore e lo tiene.
E mi piace la foglia, che pare nata apposta per circondare un mazzolino.
Si andava a viole in un prato coi salici a capitozza oppure sull'argine. Ancora lo farei.
Essendo noto il mio amore per questi fiori, spesso, in prima media, ne sono comparsi, magicamente, mazzolini sulla cattedra.
Se ad opera di un ragazzino, penetrato in classe di nascosto, la prima ora, facile risalire all'autore: sufficiente seguire la pista delle orecchie color rosso pito...
Che meraviglia questo post -non arrossire Solimano, sia per le foto che per notizie su questi semplicissimi fiori meravigliosi. Mughetti e viole abbondano nel giardino ombrosissimo di mia madre e, all'inizio della primavera, riempiono col loro profumo tutta l'aria. Soprattutto quello dei mughetti è fortissimo, in certe ore.
Anche noi dobbiamo fronteggiare ladri di fiori, che vengono addirittura con la paletta per portarseli via col pane di terra. Mah.
Per molti anni ho conosciuto solo la montagna d'inverno: neve, baite e il fuoco allegro del camino: per me la montagna era quella.
Poi un giorno il mio maestro di sci mi disse: sì, è bella la montagna in inverno, ma in estate lo è ancora di più. E iniziò a raccontarmi di fiori dai colori splendidi e intensi, del profumo dei boschi, di cascatelle e torrenti che cantano, di mucche scampananti al pascolo, di laghetti raggiungibili soltanto a piedi, dopo molte ore di cammino. Parlava delle sue montagne con tanta passione che era impossibile non lasciarsi contagiare e già l'estate seguente ero lì, alla scoperta di un mondo nuovo e meraviglioso.
A tutto questo mi ha fatto pensare la bella foto di Vladimiro Ferrari intento a fotografare fiori in alta quota e sono ricordi bellissimi.
Grazie, Solimano
H.
Pensavo di scrivere tre post su questo tema e con questo tipo di immagini, ma ho deciso di scrivere anche un quarto post.
Sull'argomento, visto come fotografava Miro Ferrari, non c'è il consueto rischio di svenevolezza dei temi sui fiori, perché è una visione precisa e a suo modo drammatica, che ci costringe a tirar fuori nostre sensazioni profonde che farebbero fatica ad uscire, in un altro modo.
grazie e saludos
Solimano
Non c'è sdolcineria, stavo proprio pensandolo mentre guardavo queste foto. È anche grazie a questi post se da un po' di tempo mi fermo a guardare con occhio diverso i fiori che incrociano il mio cammino. Salutissimi e grazie.
Annarita
Non so spiegare perchè mi piacciono tanto questi post.
Per il bel titolo che mi commuove perchè mi ricorda nonno Nello?
Perchè parlano di fiori che m'incantano? Perchè imparo piccole e nuove cose? Perchè sono post delicati? Perchè si percepisce l'amore per la natura e la bellezza che albergano in Ferrari e in Solimano? Perchè si respira aria fresca e profumata? Perchè mi fanno tornare bambina e mi riportano allo sguardo di allora e alla stessa spensieratezza?
Mi ricordo il profumo di pulito dell'abitino bianco a righine verde acqua, la punta dei sandalini verdi come le righe, aperti in punta in cui faceva capolino un pollicione mignon, e una piccola mano, tesa a raccogliere le pratoline. Mi ricordo che ero felice.
Sarà per questo e per molti altri motivi per cui mi piacciono tanto questi post.
che dire... Vladimiro detto anche "Miro", ma per me zio, uomo dolce attento e sopratutto innamorato della natura dei fiori e maestro di scatto.Mi manchi tanto, ma i tuoi insegnamenti sono dentro di me.
ciao zio!!!
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