martedì 14 luglio 2009

Percezione del movimento

mazapegul

Nella Recherche, Proust accede al "vero" mondo degli oggetti mediante la memoria involontaria: il cortocircuito tra una sensazione casuale e imprevista e un ricordo giacente, da tempo non richiamato alla coscienza. Si tratta di una particolare forma di coscienza non descrittiva: non ci poniamo di fronte agli oggetti in maniera consapevolmente analitica; né con quell'altro tipo di involontarietà così comune, che è l'abitudine. La scrittura è per sua natura descrittiva, e Proust prova (e riesce) a condurci razionalmente -per via di descrizioni- in questo mondo immediato, non descrittivo.
Esiste un altro importante stato di coscienza non descrittivo: la percezione del movimento, talvolta non accompagnata dalla percezione dell'oggetto che s'è mosso. (Il problema posto da ciò alla pittura è analogo a quello posto dalla memoria involontaria alla scrittura).
Questa percezione è indipendente da quella che, per esempio, abbiamo di un ampio panorama, o di un oggetto posato sul tavolo, o in prevedibile movimento. Si tratta dalla percezione di "qualcosa che s'è mossa dietro il fogliame", d'una generica sensazione di volo ai margini del campo visivo (altro problema della pittura: rappresentare il margine il campo visivo). Ma potrebbe anche essere la contemplazione del movimento di una mosca che sbatte sul vetro d'una finestra.
Il nostro comportamento varia in questi casi da quello d'una preda a quello del predatore. Provando un'attenta inquietudine mentre dirigiamo lo sguardo verso il movimento percepito in un punto del sottobosco. Cercando di afferrare e schiacciare la mosca quando questa, nel suo disperato cozzare, pare allontanarsi dalla finestra.

8 commenti:

zena ha detto...

Io credo che tutta la nostra vita si rapporti costantemente alle due modalità della narrazione e della descrizione.
(per non parlare dell'argomentazione, che ci colloca sulla nuvola dei pensieri e delle riflessioni sulla vita).

Non penso alle forme testuali, penso proprio alla modalità con cui noi organizziamo eventi e percezioni.
La narrazione è la modalità con cui organizziamo frammenti di realtà nel tempo. E'l'ordine temporale che ci consente di distinguere un prima e un poi, rispetto ad un punto.
La descrizione invece è la modalità con cui ci rapportiamo alle cose, agli spazi nell'attimo (foglio sottilissimo) in cui le percepiamo e questo rapporto mi affascina moltissimo, perchè ci sarà sempre uno scarto fra la sincronia con cui avvertiamo a sensi aperti la 'lezione' delle cose e degli spazi (che le ospitano e se ne compongono) e la diacronia con cui proveremo a comunicarla, questa lezione, anche a noi stessi...
Non appena le cose, le persone si muovono e cambiano, entrano nella maglia del tempo: allora non le descriviamo più, le narriamo.

annarita ha detto...

Una specie di carpe diem dell'immagine, dunque. C'è di che riflettere, continuando a leggere Proust, magari, o esercitando i nostri sensi in libertà.
Salutissimi, Annarita.

Silvia ha detto...

Sono estasiata da queste esposizioni piene di tanta chiarezza, e come mi risulta chiaro, ora, perchè anche un'immagine apparentemetne immobile, risulti riduttivo descriverla, e necessiti invece di essere narrata: riesce a catturare il vissuto e trasmetterlo ogni volta con parole diverse.
Bellissimo post e bellissimi interventi.
Grazie:)

Barbara Cerquetti ha detto...

Non so se ho capito a pieno quello che intendi, ma prendendo anche spunto dall'intervento di zena io credo di avere un leggero squilibrio che protende verso la narrazione, o il movimento.

Un po' come in quel film, Wonder boys .
C'è Tobey McGuire che è un ragazzetto col sogno di diventare uno scrittore, e scrive scrive scrive. Tanto che, a un certo punto del film, si ubriaca e devono portarlo fuori a spalla dal bar.
Tobey mugugna qualcosa, nei fumi dell'alcol:
-...lo portarono...fuori a spalla...dal bar...

-cosa sta facendo?-chiede uno dei due amici all'altro.

-Sta narrando- risponde quello.

Ecco, a me avviene un po' la stessa cosa. Mi ritrovo a pensare, senza rendermene conto:
"...la libraia aprì la scatola sospirando di noia..."

mazapegul ha detto...

Barbara: l'appunto che scrivevo (avevo inventato la tag "taccuino", perché di questo si tratta, più che di un diario) cercava di isolare tra loro due modi di percepire al limite della consapevolezza. Gli stati "contemplativo-descrittivo" e "automatico" sono quelli in cui passiamo (in cui passo) gran parte del mio tempo. Praticamente tutto.
Accade però a volte che le nostre percezioni avvengano in maniera diversa. Proust descrive una di queste modalità.
Un'altra ho provato a isolarla qui: la percezione "pura" di un movimento (movimento senza oggetto che si muove); un tipo di percezione assai importante per la sopravvivenza.
Un' altra maniera di percepire è descritta da Sartre nella Nausea. Un oggetto ci si presenta in tutta la sua alterità; non riusciamo a ridurlo a pura percezione. E', diceva Sartre, una "percezione dell'essere (altro da sé)", che identificava con la nausea, appunto.
C'è poi, ho provato a metter giù anche quella, una percezione di oggetto in movimento che attiva in noi l'istinto predatorio. Come i gatti che giocano coi topi. C'è, cioè, un meccanismo percettivo che ci trasforma in predatori, che ci induce al dominio e al possesso.

Perché scrivere queste cose? Perché, forse, dicono una piccola verità su come siamo.

Zena, mi sembra che tu chiami "descrizione" il complesso di sensazioni che ci danno un accesso diretto alle cose (o ai ricordi); mentre la "narrazione" sarebbe l'atteggiamento razionale e analitico.

Annarita e Silvia: se ho dato qualche spunto al pensiero estivo, ne sono più che contento.

Maz

Solimano ha detto...

Màz, sì, nella pittura la rappresentazione del movimento è ancor più difficile che nella scrittura.
Difatti ci si arrivò efficacemente solo dopo la metà del Quattrocento. Sono ammirevoli le due predelle di Ercole de' Roberti, che stavano a Bologna e che ora sono a Roma ed a Dresda, ma prima c'era arrivato Donatello con la Cantoria e con i bassorilievi in San Lorenzo.
Poi toccò a Leonardo, e un capolavoro di movimento è il quadro incompiuto dell'Adorazione dei Magi agli Uffizi.
I due prodigi furono nel Cinquecento: la cupola del Duomo di Parma del Correggio e l'Assunta dei Frari di Tiziano.
Forse il più grande di tutti è stato il Tiepolo, con gli affreschi di Warzburg.
Col cinema, che è movimento nella parola stessa, succede una cosa strana, a cui ormai ho fatto il callo: ci sono alcuni registi che riescono a trasmettere il movimento anche a livello fermo-immagine: Ford e Kurosawa, a cui, stranamente, si aggiungono alcuni registi di musical. Cyd Charisse, nella danza con Gene Kelly, riesce ad esprimere il movimento preticamente in ogni fermo-immagine. Prima o poi ne darò l'evidenza nel blog del cinema.
Il fermo-immagine parrebbe un'arte involontaria, un di cui dell'episodio filmato. Non è così, in certi casi: è un verso che ha lo stesso valore dell'intera poesia. E qui ci gioca il nostro malconosciuto sistema percettivo, che saggiamente griglia molte percezioni perché non le potremmo reggere. Ma la domanda è: come si fa ad ottenere che certe percesioni importanti non vengano grigliate? Da cui il saper guardare etc etc etc

grazie Màz e saludos
Solimano

zena ha detto...

La narrazione ha uno sviluppo temporale, perchè coglie una variazione nel tempo.
La descrizione fa i conti con lo spazio, che si percepisce sinesteticamente, ecco :)

Silvia ha detto...

I tuoi ultimi post Maz sono una bomba!:) Mi piacciono molto.