mercoledì 11 giugno 2008

38. Dicembre a Venezia

Riuscimmo a farlo per quattro anni: andare in sedici a Venezia per quattro giorni attorno all’Immacolata, l’otto dicembre.
Ci si trovava al parcheggio del Tronchetto, era un po’ dura trasferirsi con le valigie e le borse attraverso lo spiazzo, sul vaporetto, per le calli attorno a Santa Maria del Giglio, non lontano da Piazza San Marco. Ancora, la distribuzione nelle camere dell’albergo, con le piccole gelosie fra chi aveva la finestra sul Campo e chi no, specie le donne.
Ma l’iniziale tourbillon si placava con la passeggiata nel primo pomeriggio, sciolti dai bagagli e dalle paturnie del viaggio. Ognuno aveva le sue preferenze e nei giorni successivi cercava di far prevalere il proprio punto di vista, ma appena arrivati ci bastava lasciarci prendere dalla dolcezza del girare a caso, nella città che ormai conoscevamo e che perciò stesso apprezzavamo anche nei posti sconosciuti persino al Touring. Poca gente in giro e questa era una delle bellezze, quella dell’essere altrove, come il ferragosto in città, la domenica mattina a Milano, il concerto di Sviatoslav Richter a Seregno. La sera c’era la caccia al ristorante: riuscire a mangiare decentemente spendendo poco, impresa notabile a Venezia.
Foscolo, il più sfacciato fra noi, entrava quasi gridando: "Siamo sedici coperti, quanto ci fate?" Funzionava, generalmente. Non ce lo saremmo permesso due sere dopo, quando saremmo andati da Romano a Burano, posto in cui occorreva prenotare qualsiasi fosse il periodo dell’anno. La mattina, dopo il consueto tira e molla su dove andare ci accordavamo perché la compagnia doveva prevalere sempre e ovunque: ai Frari, alla Giudecca, ai Santi Giovanni e Paolo -col Colleoni cattivissimo non lontano dall’acqua del canale- al Carpaccio degli Albanesi, su cui scrissi un Bel Momento anni dopo. Ma dopo le cinque di sera si faceva dura perché i posti erano chiusi ed era già buio. Le donne restavano in albergo a chiacchierare, i ragazzi andavano per i fatti loro, purché non ci fossimo noi andava bene, a noi quattro maschi adulti non restava che camminare per le calli meno frequentate e parlottare prendendoci in giro, con alleanze mutevoli per prendere in mezzo qualcuno di noi, veniva prima o poi il turno di tutti.
Fu così che mi accorsi dell’odore delle calli di Venezia, che più che un odore è una puzza: di deiezioni, di stagnante, di marciume dolciastro. Sul Canal Grande e nelle calli maggiori non si avverte, perché l’acqua è movimentata da vaporetti, barconi, gondole, mentre nelle calli minori l’acqua stagna e l’odore ha tempo di crearsi e di diffondersi. Non da starci male, ma la puzza si sentiva, credo che si senta ancor più nella stagione calda, per giunta più affollata. Ma non ci badavamo più che tanto, bastava la meraviglia illuminata della Fenice, di Santa Maria dei Miracoli, di San Sebastiano a fermare le chiacchiere, sbalorditi ad ammirare senza puzze che tenessero.
La Fenice bruciò qualche anno dopo, ma ci sono stato con due persone, una di quelle sere a Venezia: Christian Zacharias suonò -bene- Schumann e Schubert. Santa Maria dei Miracoli l’ho vista sempre come una nave di favola arrivata per caso in mezzo alla città. San Sebastiano… il Veronese ci lavorò in fasi diverse attraverso quasi trent’anni, il Bel Momento non l’ho scritto solo perché non ho trovato immagini rispettose del pittore magnifico, serenamente manierista, classico e naturale, ma sempre lui, che fece meglio di qui solo a Masèr. Giungevo di fronte alla architettura pregevole dello Scarpagnino e rivivevo nella mia mente i quadri e gli affreschi del pittore, che avevo visto magari la mattina stessa con la testa rovesciata - i più belli sono nel soffitto.
Credo che Venezia sarà sempre più invivibile, tutti si porteranno prima o poi a Mestre, il meglio sarà arrivarci col treno. Le piccole puzze delle calli sono quasi consustanziali al suo essere com’è. La sera, andando in vaporetto verso Burano, i miei amici giocavano a scopetta in tre - uno di loro portava sempre con sé le carte - io me ne andavo da solo a prendere aria mentre il vaporetto correva sulla laguna, fissando i miei ricordi della giornata, puzze comprese, per poterli ritrovare quando la meraviglia di quei giorni insieme sarebbe finita - e finì.

P.S. Nelle immagini, due particolari degli affreschi del Veronese in San Sebastiano.


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