mercoledì 11 giugno 2008

37. Erba medica

L’orto del casello di Parma era grande rispetto alle nostre esigenze, ci potemmo permettere il lusso di dare buono spazio alla coltivazione dell’erba medica, quindi la breve vita dei conigli aveva i suoi lati buoni.
Ne erano ghiottissimi, al punto che bisognava stare attenti che non ne mangiassero troppa, quando era fresca. Continuavano a mangiarne fino a gonfiarsi pericolosamente la pancia, credo che qualcuno addirittura ne sia crepato. Bastava lasciare l’erba medica già tagliata nell’orto per due/tre giorni, i conigli la mangiavano con minore voracità, così non correvano rischi e potevano vivere ancora un mese o due. L’erba medica -medicago sativa- il babbo e la mamma non la chiamavano così, ma erba spagna, il nome più diffuso nella campagna emiliana. Trae origine dal fatto che questa erba è rientrata in Italia nel Cinquecento provenendo dalla Spagna, ma la storia è più lunga, perché era un’erba originaria della Persia ben nota agli antichi romani. Quasi sempre riuscivo ad essere io quello che la tagliava, non con il falcetto, ma con la falce vera e propria che un cantoniere mi aveva insegnato ad usare.
Non è così facile come sembra, soprattutto perché bisogna fare un movimento quasi circolare abbastanza ampio, però falciando per così dire di taglio, non opponendo agli steli l’ampiezza della lama perché altrimenti l’erba si piegherebbe evitando di essere falciata. Cosa semplice e non faticosa, visto che dovevo falciare su un’area abbastanza ristretta.
Era un’erba vigorosa, con un odore molto grato, a mezzo fra quello del tiglio e quello del miele. Questo, prima di essere tagliata, dopo, più o meno, è il consueto odore di erba tagliata, magari si sente un po’ di più perché gli steli di erba medica sono più spessi rispetto a quelli di tutte le altre erbe. Dovevo stare un po’ attento, sia prima di iniziare la falciatura, sia dopo, quando spostavo l’erba: in mezzo c’erano sempre diverse api che dai fiori dell’erba medica erano molto attratte.
L’erba medica ricresce diverse volte l’anno, ha bisogno di acqua, ma resiste anche senza perché ha le radici molto profonde, ho visto a fine agosto in Val d’Aosta un grande prato completamente secco, gli unici steli verdi erano proprio quelli di erba medica.
I conigli, nel nostro interesse, li trattavamo bene: all’erba medica alternavamo rami di acacia, che andavo a tagliare nella scarpata, dove l’acacia cresceva spontanea. Piccolo problema anche qui: le spine grosse e pungenti ma un sacco di juta diveniva il fagotto dentro cui trasportavo l’acacia. I conigli la godevano perché dopo le foglie potevano rosicchiare la corteccia, lasciando nella gabbia solo dei bacchetti di legno chiaro, avevano fatto sparire anche le spine. Di conigli ne mangiavamo uno o due per settimana e durante la buona stagione le coniglie ne facevano tanti: una, con quattro gravidanze, in un anno ne procurò quasi cinquanta. Il coniglio maschio non era nostro ma di un amico del babbo; compariva una volta al mese per due o tre giorni. Bestia enorme e tranquilla, col pelo azzurrastro, chissà perché l’avevo chiamato Pico e me lo portavo in cortile fuori dalla gabbia facendolo alzare sulle zampe posteriori con un grissino di cui era ghiotto. L’animale continuò il suo felice dovere per alcuni anni, né credo che infine lo mangiassero, era troppo sperimentato.
Ai conigli non ci si affeziona, si somigliano troppo l’uno con l’altro, ed assistevo volentieri il babbo, che più o meno una volta alla settimana verso le sette di sera faceva la festa al coniglio che gli capitava, scelto fra quelli che avevano un po’ più di tre mesi -crescono presto, con l’erba medica e il rinforzo dell’acacia. Volle anche insegnarmi come si fa, non è difficile, ma lo feci solo una volta e non mi piacque.
Con i polli, non ci provai nemmeno: era la mamma che provvedeva, velocissima nel tirargli il collo, ed ancor più nello spennarli rapidamente. Il pollo era una anomalia, il coniglio era la regola. Finché una notte d’inverno ci rubarono le quattro coniglie, ho il sospetto che siano stati due macchinisti che avevo visto giorni prima aggirarsi attorno a casa nostra.
Uscì persino un trafiletto sulla Gazzetta di Parma: "Al sorvegliante del casello di via Golese sono stati rubati quattro conigli di buona razza", testuale, una cosa del genere fece notizia.

Tiziano: La Madonna dal coniglio (1530) 74 x 84 cm Parigi, Louvre

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