domenica 12 ottobre 2008

Nobel e Campiello

Solimano
Pietro Citati non mi piace sempre, a volte perfino mi irrita, ma ieri, nel breve articolo su la Repubblica, l'ha detta giusta:

"Purtroppo, come diceva Madame de Ségur, i giurati di Stoccolma "ont des idées". Uno scrittore deve stare "per il progresso": quindi niente premi a Borges e a Nabokov, che hanno (per Stoccolma) opinioni singolari sulla storia umana.
...
Non saprei esattamente quali e quante siano le dosi che compongono lo scrittore-Nobel. Probabilmente, qualche dose di Gunther Grass, di Pearl Buck, di Quasimodo, di Giosuè Carducci, di Hemingway, tagliate, oliate e frullate da un cuoco di vaglia. Insomma, lo scrittore-Nobel è identico allo scrittore-Campiello".


Ma succede anche nel cinema. Nel 1954, al Festival di Venezia, il Leone d'oro andò a "Giulietta e Romeo" di Renato Castellani. E i Leoni d'argento? "Senso" di Visconti, "I sette samurai" di Kurosawa, "La strada" di Fellini, "L'intendente Sanshô" di Mizoguchi.

Alida Valli e Farley Granger in Senso (1954) di Luchino Visconti

3 commenti:

Giuliano ha detto...

I premi sono sempre quel che sono, nei casi migliori se ne premia uno e se ne dimenticano venti.
Al Nobel devo molte belle scoperte, autori che non avrei mai letto: Singer, Szymborszka, Heaney, più la bellissima invenzione di Dario Fo, che sono ancora qui che godo.
I Campiello e gli Strega ormai ci si stupisce che esistano ancora... Chi si ricorda più un nome degli ultimi 10-15 anni, a meno di non essere amici o parenti o di ritrovarselo sempre fra i piedi in tv?

PS: Non ho ancora trovato uno che abbia letto un libro di Le Clézio. Io ne avevo memorizzato il cognome, perché mi piace indagare sui cognomi. Oggi ho scoperto che i genitori vengono da Mauritius, ma non mi aggiunge molto.

Habanera ha detto...

"L'intendente Sanshô" di Mizoguchi mi sfugge ma gli altri Leoni d'argento li ricordo assai bene. Mi sembra di ricordare vagamente anche il "Giulietta e Romeo" di Renato Castellani ma quel vagamente la dice assai lunga...
Sui Nobel, parafrasando ironicamente Pascal, direi che la giuria di Stoccolma ha le sue ragioni che la ragione non conosce.
H.

Solimano ha detto...

Habanera, Mizoguchi è un regista che i giapponesi da sempre amano più di Kurosawa, che per loro è troppo occidentalizzato. In quegli anni fu molto apprezzato un altro film di Mizoguchi: Vita di O-Haru donna galante. L'ho visto tanti anni fa, mi piacque molto ma lo ricordo poco.

saludos
Solimano