domenica 15 giugno 2008

La casta Susanna: Artemisia Gentileschi (1622)

Artemisia Gentileschi: 1622 161,5x123
The Burghley House, Lincolnshire

Sono passati più di dieci anni dalla prima Susanna, e Artemisia Gentileschi si è fatta un nome, prima in conseguenza dello scandaloso processo in Corte Savella, poi per le sue qualità di pittrice. Si sposò, con un matrimonio di convenienza, ebbe anche dei figli, ma questo non le impedì di viaggiare di frequente anche fuori dell'Italia. La Susanna del 1622, a prima vista, guardandola in faccia, sembra una bigotta, con quegli occhi persi verso il cielo. Ma a guardarli meglio, non sono occhi, ma occhioni di una donna robusta, sensuale, più di forme rozze che gentili, comunque piene e desiderabili. Artemisia forse era così, c'è una sua opera a Firenze titolata L'Inclinazione che sembra proprio essere un suo autoritratto nuda, con l'aggiunta successiva di panneggi voluti da qualche Medici un po' sagrestano. L'aspetto è sempre quello, di donna segnata dalla vita, però resistente e forte, proprio per questo il tema di Giuditta le era così congeniale, a parte gli indubbi risvolti con lo stupro. Il lenzuolo che in piccola parte copre Susanna è bianchissimo, dietro, sul parapetto, c'è un drappo giallo oro. Finalmente una Susanna che si laverà veramente (o si è già lavata?), l'acqua è abbondante e le gambe vi affondano volentieri, non è una acquetta da fontanile. Nell'angolo opposto del quadro, il corpo di Susanna è bilanciato da una ampia vasca disposta in alto, mentre, sopra Susanna e di là del parapetto ci sono i due vecchioni di cui uno già lo conosciamo: è il moro con capelli neri di pece, ricci e stavolta un po' stempiato che abbiamo visto nel quadro suo precedente. Fa segno di tacere, alle spalle di questo c'è l'altro vecchione che si appoggia, quasi si aggrappa con le mani al moro, il vecchione più sveglio. Una specie di lubrico e pelato parassita. Lo sguardo di Susanna cerca in cielo rifugio e protezione, ma il suo corpo, il suo stare, è troppo pienamente terrestre, su questo confidano i vecchioni.

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