lunedì 9 giugno 2008

Ercole e Onfale

Nel mio sintetico diario di viaggio (luglio 1989) nella allora Jugoslavia, così scrissi una sera, dopo uno spettacolo di folklore:

Le ballerine. Brutte e con sorrisi stereotipati.
I ballerini. Alcuni sdentati e bruttissimi. Altri, zingari fieri e sfacciati. I bravi sono i brutti.
I musicanti. Anonimi, tranne due: uno brizzolato col clarinetto ed uno col tamburo. Folgoranti gli occhi ed i baffi (più grandi di lui). E straordinario il tamburo: sono gli altri strumenti che fanno accompagnamento.
Le bambine/ragazze. Emozionate. Imbranate. Bellissime.
Il tema è sempre lo stesso: l'uomo deve amare restando forte, e la donna deve accettare l'amore fingendo di non accettarlo. Assolutamente biologico.
Cose per turisti. Qualità mediocre. Sandali da spiaggia.
Naif più che kitsch, ma la vita-verità si manifesta, senza che se ne accorgano.
Alla fine, gli uomini si cambiano all'aperto, e le donne al chiuso.

Nella Mitologia Greca (maiuscole e grassetto, prego!), c'è la storia di Ercole e di Onfale, regina di Lidia. Ercole si fa schiavo per amore, ed impara i mestieri ancillari. Ercole ce l'aveva questo difettuccio, difatti un'altra sua ganza, Iole, si divertiva con le sue armi. Ecco come Torquato Tasso descrive una pittura nel palazzo di Armida, che tiene soggetto Rinaldo:

Mirasi qui fra le meonie ancelle
favoleggiar con la conocchia Alcide.
Se l'inferno espugnò, resse le stelle,
or torce il fuso; Amor se 'l guarda, e ride.
Mirasi Iole con la destra imbelle
per ischerno trattar l'armi omicide;
e indosso ha il cuoio del leon, che sembra
ruvido troppo a sí tenere membra.
Gerusalemme Liberata (XVI.3)
13 aprile 2009

Lucas Cranach: Ercole deriso dalle ancelle di Onfale (1537)
Braunschweig, Herzog Anton Ulrich-Museum

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