martedì 17 giugno 2008

8. I ricordi

Sembra facile, investigare i ricordi, oppure inutile.
Eppure mi ci dedicai, e lo spunto iniziale me lo diedero certe domande dello psicoterapeuta, assai fastidiose, perché mi accorsi che nel mio passato c’erano cose con cui avevo fatto i conti poco e male. Va detto, e parrà strano, che ad investigare mi ci misi soprattutto perché avevo ogni giorno tanto tempo da strutturare, e non potevo andare avanti a colpi di riprese televisive delle tappe del Tour, che dura solo tre settimane. Il presente era una noia continua, anche per questo cominciai a scavare nel passato.
Ci si aggrappa dove si può, quando si è depressi, anche se non è che si perda l’intelligenza, semplicemente non si sa come spenderla. Freud e Jung a suo tempo li avevo letti, c’ero passato attraverso, e li vedevo come griglie di interpretazione utili, niente di più, niente di meno. Scrittori splendidi, questo sì, e intriganti entrambi.
Si fa presto, a dire ricordi. Ma quello che ci viene in mente è quasi sempre il ricordo del ricordo, il meta-ricordo, cioè qualcosa a cui abbiamo aggiunto delle mitizzazioni, degli alibi, delle amnesie, delle giustificazioni, per continuare ad essere come eravamo, a prescindere dalla realtà vera, fuori di noi. A me serviva il ricordo nudo e crudo, senza sovrapposizioni, quindi quella frase, quello sguardo, quel movimento, la percezione primaria senza la coda di paglia aggiuntiva che gli avevo affibbiato.
Così feci, e mi trasformai in uno sguardo il più possibile asettico che contemplava il come, il quando, il dove, e che per ciò stesso era in grado di vedere il perché, una volta o l’altra. Solo che non sempre è facile, certi ricordi, per il solo fatto di presentarsi, ci mettono in subbuglio anche trent’anni dopo, altro che asettico! C’è da dire che molti altri ricordi di percezione primaria li potevo vedere con buona agevolezza, e la pesca del perché diveniva possibile e gratificante, pur nella sgradevole condizione in cui mi trovavo.
Proseguivo nella sistemazione dell’enorme cantina, ce ne stanno di ricordi nella nostra testa! I ricordi più spinosi li tenevo in lista d’attesa, li sogguardavo in tralice, attendendo di potere investigare anche loro, man mano che procedevo con gli altri, in cui a volte appariva chiaro, frase per frase, sguardo per sguardo, movimento per movimento, quale avrebbe dovuto essere la mia risposta appropriata. Non per costruire l’inutile castello di una vita diversa nel passato, ma per capire che cosa non andava in me, allora e nel presente.
Fu un passo importante, che mi diede fiducia: si può fare qualcosa, quando si sa che c’è il baco e dove sta.

Buster Keaton in "Go West" (1925)

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