martedì 17 giugno 2008

7. Le sconfitte

Chissà, fosse stata una Caporetto, forse sarebbe stato meglio: in pochi giorni retrocedere fino al Piave. Invece durò mesi e mesi, la serie di piccole sconfitte quotidiane.
Un giorno smettevo di fare una cosa, nei tre giorni successivi restavo così, iniziavo il quarto giorno pensando di recuperare e lo finivo avendo rinunciato ad un’altra cosa. Due giorni prima di Natale, di buon animo mi ero messo a far telefonate agli amici, ed alla quinta telefonata smisi. “Cosa sono gli amici? Ho amici, io?” mi chiedevo, quasi per giustificarmi.
Quindi solo con molta fatica riuscii ad ultimare i tre Bei Momenti che avevo iniziato: Carlo Crivelli, Santa Sabina e San Zeno, di cominciarne dei nuovi neanche parlarne. Smisi completamente di ascoltare musica - non ho ancora ripreso, a tutt’oggi; rallentai la scrittura degli Stile libero, riducendomi a due/tre al mese, quasi smisi di rispondere alle e-mail che mi arrivavano, non registravo film né li vedevo al cinema, non leggevo, soprattutto. Niente passeggiate al Parco con gli amici, a Milano non andavo più, disertavo le riunioni dell’Associazione Monza per l’Ulivo, faticavo quasi a sedermi in terrazza, anche perché indispettito dallo sfacelo botanico da me provocato, dopo anni di cure assidue.
Quasi tutto, smisi.
Così un problema che non avevo mai avuto mi si presentava ogni giorno, fin dal primo mattino: che fare, della mia giornata, come strutturare il tempo, che sentivo quasi completamente vuoto. Sì, andavo a prendere il giornale, facevo la spesa al supermercato, ogni tanto in banca, alla posta, dall’odontotecnico -tutto faticosamente- ma restavano lunghe ore di inattività che in qualche modo dovevo riempire. Persino la fantasia mi aveva abbandonato -aver fantasia è un grande appoggio, sì, ma per chi sta bene di suo. Anche la TV la guardavo assai poco -non era una novità - e mi ridussi a guardare le tappe del Tour, a sperare che ad Otto e mezzo ci fosse qualche faccia non sgradevole, sempre in attesa che arrivasse lei, la bestia. Che arrivava, non con cadenza quotidiana, ma arrivava, prima o poi. “ Ci siamo!”, mi dicevo, perché la si sente arrivare, e per qualche ora il tempo era strutturato, sì, ma da lei, dalla crisi di noia agitata.
I giorni -e le notti- ci mettevano tanto a passare, ma in un certo senso settimane e mesi volavano, perché privi di contenuto, erano una cronica solfa con l’unica alternativa di stare un po’ male o di stare molto male, gran bella scelta! Passavo molto tempo accovacciato sul divano, in soggiorno; fu lì che cominciai, dal non saper che fare, ad investigare i miei ricordi.
E trovai un mio sistema.

Buster Keaton in "The General" (1927)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho letto con molto interesse. Mi auguro che le tue battaglie siano terminate e che tua abbia vinto la guerra.

Solimano ha detto...

Eh... Silvia... ne sono uscito, certo che sì, altrimenti non sarei stato in grado di scrivere questi diciassette paragrafi. Ne mancano ancora dieci, che ho già scritto da tempo, li devo solo inserire con le immagini qui nella Biblioteca. Ti anticipo che è opportuno che chi è sotto depressione non li legga, ma potrebbero essere utili a chi è vicino a persone depresse (depresse come malattia, perché la depressione è una malattia). Si renderebbero meglio conto di che cosa succede nella testa dei depressi, e potrebbero dare una mano.

grazie e saluti
Solimano