mercoledì 11 giugno 2008

7. Ardon gl'incensi

Il vescovo se ne stava là, seduto nel presbiterio, non lontano dall’altare maggiore. Vicini a lui i canonici, più lontani altri preti minori. Tre seminaristi in cotta bianca si davano da fare con il turibolo e finalmente iniziava la combustione, spire di fumo azzurrino salivano verso i santi della cupola. Il seminarista più prestante cominciava a far oscillare il turibolo in direzione del vescovo, che chinava lievemente il capo, poi iniziava un suo giro attorno all’altare, seguito dagli altri due.
La combustione era sempre più vivace, si intravedevano le braci arrossate, e l’odore forte e penetrante dell’incenso -antico più del cristianesimo, più dello stesso ebraismo- si diffondeva in tutta la chiesa, pian piano la permeava. Non solo, iniziava la processione lungo le due navate minori: vescovo, canonici, preti seguivano il turibolante, anche i nostri occhi avevano sentito il fumo ed erano un po’ arrossati, ma tutto sublimava in commozione, a cui anche l’ultimo dei fedeli, quello appoggiato alla porta di uscita, non poteva sottrarsi.
L’organo, che alla accensione delle oleoresine aromatiche -boswellia sacra- suonava lieve in sottofondo, ora tuonava con tutte le sue canne, ed eravamo in paradiso, impossibile parlare al vicino -o alla vicina- la voce era solo quella dell’organo, quasi tremavano i timpani: udito, vista, odorato erano all’unisono, tatto e gusto seguivano, non potevano fare altro.
All’uscita dalla chiesa ci si metteva un po’ a tornare ai consueti discorsi, era come se fossimo stati nel generatore di Van de Graaf, prodigio della elettrostatica, e ci voleva il suo tempo per scaricarci.
Anno dopo anno finì tutto, o quasi. Finì la processione cittadina del Corpus Domini, a cui anche i laici assistevano rispettosi dai marciapiedi, gli altari maggiori, vecchi di secoli, furono abbandonati a pro’ di snelli tavoli in pietra così guardavamo in faccia il prete, l’organo divenne organetto, addirittura non di rado chitarra, cartaglorie, commessi di marmo, paliotti in scagliola, acquasantiere, confessionali divennero cura non assidua del dipartimento arti minori delle sovrintendenze, pannelli riscaldanti furono accesi per gli inverni, freddi come erano sempre stati, si inventarono le candele elettriche per i voti e le preghiere, lampade a pagamento per i quadri più reputati, però ci si dà un segno di pace col vicino, che sconosciuto era e sconosciuto rimarrà.
Ora ci stanno riprovando, ho visto due domeniche fa levarsi un fil di fumo azzurrino nel Duomo di Milano, laggiù, vicino all’abside. Odore non pervenuto, ero troppo distante e il Duomo é grande. Nelle altre chiese non so, sebbene a guardar bene anche nelle meno grandi l’organo c’è ancora, se ne sta lì muto e impolverato. Lo scaccino è del Bangla Desh, il sacerdote ancora no.

Antelami: Cattedra episcopale del Duomo di Parma (part)

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