mercoledì 11 giugno 2008

8. Erba tagliata

C’è stato un tempo in cui nessuno correva. O meglio, correvano gli atleti e correva chi c’era costretto da qualche urgenza; anche i ragazzi correvano, ma si sa, son ragazzi. Le persone normali no, al massimo camminavano di fretta, mai si sarebbero sognate di correre. Poi arrivò il footing, per meglio dire lo jogging, che fa più fino, chissà perché. Fu un successo graduale, soprattutto perché la gente si vergognava ad andare in giro in città con la tuta ginnica, d’altra parte, come fare, per cambiarsi quando si era al giardino pubblico? Per cui andavamo al giardino in macchina, sperando che nessuno notasse che eravamo in tuta né all’andata né al ritorno. E correvano solo i maschi sotto i quarant’anni, niente donne.
Vergognosità cadute dovunque, ormai da anni. Oggi corrono sull’asfalto -e fa male, molto male- la mattina presto, la sera tardi, col sole e la pioggia, età e sessi mischiati, da soli, in gruppi e gruppetti, innumeri nelle gare non competitive, che tutti poi tirano la lingua fuori per non arrivare ultimi. Scarpe, cronometri, kway, cellulari e radioline, cani al guinzaglio -povere bestie- guanti, berrette quasi da notte, canottiere traforate, zainetti con cibarie, moglie in bicicletta al seguito… l’arredo dei cultori di jogging è più vasto della loro fantasia, troppo assorbita a reggere per almeno 4 chilometri e 750 metri, che par poco a chi non ha mai corso.
Provare per credere, anche correndo adagio, e questo era un mio problema, perché mi fissavo una meta che non sempre riuscivo a conseguire, né mi avrebbe aiutato correre a tempo guardando il cronometro di tanto in tanto, il tempo non passava mai e la voglia di fermarmi -si soffre, a correre- cresceva metro per metro.
Ma a volte il problema non c’era, anzi, proseguivo ben oltre la meta: erano i giorni dell’odore di erba tagliata di fresco. Gli steli, i fili d’erba leopardianamente soffrono della loro amputazione, ma il succo che secernono, le loro lacrime, mi spingeva a correre più veloce e più a lungo, il mio naso inseguiva quell’odore, anzi ne era trascinato sempre più avanti.
Mi è successo nei magnifici percorsi della Cittadella di Parma, del Parco di Monza, dell’Anello del Pino di Milano Marittima (correvo sull’asfalto sì, ma in che meravigliose mattine!). Non corro più da tempo, ma ogni mese il giardiniere accudisce il prato sotto la quercia con un suo rozzo arnese e mi viene voglia di indossare la tuta e tornare alla Cascina del Sole, al ponticello sul Lambro, al viale dei faggi, al mio percorso di jogging su cui ho sudato felice in qualsiasi stagione, persino con la neve per terra. Lo rifarò, uno di questi giorni, non è mai troppo tardi, se l’erba tagliata mi aiuta.

Dustin Hoffman in "Il maratoneta" di John Schlesinger (1976)

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