mercoledì 11 giugno 2008

51. Anestetico

Sono convinto che ci si nasca, predisposti alla carie dentaria.
Se uno nasce così, può solo rallentare un po’ l’insorgere di questo cronico guaio, che prima o poi si presenta ed agisce. A me cominciò presto, poco dopo i dieci anni, e la mamma mi accompagnava dal dentista che stava in via Mazzini a Parma. Era comprensiva, sapeva come si sarebbe svolto tutto perché anche lei era nata così, anche il babbo, ed avevano passato le loro traversie, che dopo uno lo racconta come se fosse una cosa da nulla, mentre quando mi sedevo su quella poltrona e guardavo il dentista impugnare il trapano - un arnese piuttosto grosso - avrei voluto essere dovunque tranne che lì. Non per l’impressione o per il rumore, proprio perché ti faceva male e dovevi tenere aperta la bocca.
Giorni brutti, ma il peggio doveva ancora venire, e fu quando cominciarono a venirmi gli ascessi dentari, che ogni tanto si presentavano probabilmente perché la cura precedente non era stata effettuata con tutti i crismi. La tecnologia ne aveva di strada da compiere e c’era trascuratezza riguardo i denti: di fronte al rischio delle malattie di allora al mal di denti non si dava molta importanza - quando non c’era.
Anni dopo, il mal di denti mi assalì mentre lavoravo allo zuccherificio, non riuscivo a stare fermo e camminavo infuriato avanti e indietro. Il peggio fu durante il servizio militare: un dentista sgarbato all’ospedale del Celio mi mise a mal partito, mi venne in mente lui quando vidi il film Il Maratoneta. Carie, devitalizzazioni, estrazioni: di tutto.
A Parma saggiamente presi quattro o cinque appuntamenti di prima mattina, mi avevano spiegato che se si deve andare al dentista la sera ci si trascina l’assillo per tutta la giornata, invece uscendo dal dentista alle 9 del mattino venivo liberato da quella spada di Damocle. A Monza trovai una equipe di dentisti che l’aveva trovata giusta: lavorare sulle urgenze. Eh sì, perché hai un bel prendere l’appuntamento, ma se il mal di denti arriva corri dal dentista che ti riceve subito, anche se ti fa spendere di più.
Poi la tecnologia fece dei passi in avanti, i trapani divennero più piccoli e più veloci, infine arrivarono le iniezioni di anestetico. La prima volta mi parvero una piccola tortura in più, l’ago della siringa faceva male, e c’era quell’odore pungente che avvertivo per la prima volta, ma mi resi conto quasi subito che il dolore diveniva semplice disagio. Il più era fatto, affrontai delle sedute che duravano anche tre quarti d’ora disteso a bocca aperta sulla poltrona ribaltabile, ascoltando le chiacchiere del dentista e della assistente.
Lo studio è a meno di cinque minuti da casa, prima avverto il lieve dolore dell’iniezione, preannunciato da quell’odore che conosco ormai così bene e che mi dice : “Non sentirai male!” Il dentista ama la musica di un amore totale, da Monteverdi a Ornette Coleman, quindi il tempo passa quasi piacevolmente. Ogni tanto capita anche l’odontotecnico e si sfottono fra loro, mentre io sto lì a bocca aperta per una impronta o altro, sono persino riusciti a farmi ridere mentre il dentista mi scarugava in bocca. Ho alzato una mano, il dentista preoccupato mi ha chiesto se mi aveva fatto male, gli ho detto che la musica va bene, ma che non mi facessero ridere col trapano in azione, che non sta bene. Almeno qui, il peggio è passato, lode sia all’anestetico, chi non ha provato le mie traversie non può rendersene conto.

P.S. Le immagini. A destra, Santa Margherita e Santa Apollonia in una tavola di Rogier van der Weyden 51,5x27,5 1445-50 Staarliche Museen, Berlino. In fondo, la miniatura di un foglio di breviario, raffigurante l'estrazione dei denti di Santa Apollonia. Attorno al 1450, Koninkllijkle Bibliotheek, L'Aja.

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