mercoledì 11 giugno 2008

5. Il viale dei tigli

La scuola non era proprio vicina a casa, ci voleva più di mezz’ora per andarci a piedi. Al mattino non ci si guarda attorno, anche perché si ha il risveglio lento, da ragazzi, e si parte all’ultimo momento . Quindi camminavo con passo svelto, reggendo con la mano destra la cartellona -non si usavano zaini- spesso appesantita da dizionari, ed ero solo.
Diverso il ritorno. Avevo compagnia per metà strada, poi, salutati gli amici, potevo scegliere se continuare per la strada o passare attraverso il giardino pubblico, che a Parma si chiama Parco Ducale.
Di primavera sceglievo il giardino, merito del viale dei tigli e di quello degli ippocastani, percorrere l’uno o l’altro voleva dire scegliere fra il naso e gli occhi. La festa dei fiori degli ippocastani -aesculus hippocastanum- era clamorosa, altroché i meli di Proust: infiorescenze a cono alte fino a venti centimetri ricoprivano fitte fitte l’intera pianta da dove il tronco si diramava su fino in cima, molto alta di suo. Una grandiosa e abbondantissima nevicata fuori stagione, che si poteva affrontare senza paltò, smesso da poco.
La festa non durava molto, e quando finiva -una, due settimane al massimo- veniva il turno dei tigli -tilia europaea. Le “dimesse frondi” del Foscolo esistono, lo confermo: la chioma dei tigli tende ad aprirsi più che a salire, difatti sotto i tigli d’estate non è penombra, è proprio ombra fresca quasi senza fessure di sole. Quindi i piccoli fiori dei tigli non erano lontani da terra, il loro profumo si sentiva per tutto il viale, senza alti e bassi. Un profumo diffuso, tranquillizzante, soprattutto. Forse lo sentivo tanto perché era abbinato alla quiete -pochi passavano per il viale ed io ero solo. Avevo bisogno di silenzio e di starmene per conto mio, dopo la mattina in cui non avevo smesso di sentire voci, professori, bidelli o studenti che fossero.
I tigli erano compagni discreti, il profumo mi accompagnava per quei cinque minuti -non mi ci abituavo, continuavo a sentirlo- e mi piaceva anche vedere i polloni che spuntavano in basso, vicini alle radici, e che sarebbero cresciuti rapidamente, come fanno tutti i tigli di questo mondo.
Dopo aver mangiato, a casa, mi tornava la voglia che i compagni venissero a trovarmi, a giocare o a studiare poco importa, avvertivo il peso della solitudine pomeridiana. Ma sotto i tigli non era stato così.
Oggi c’è un tiglio, uno solo, di fronte a casa mia; mi piace, nella stagione giusta, chiamare fuori il mio vicino, così ci mettiamo a parlare sotto il tiglio, che è suo -ammesso che un tiglio possa essere di qualcuno. E’ una conversazione profumata, qualche ape si aggira, ci fa del buon miele con quei fiori.

Fiori di tiglio

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