mercoledì 11 giugno 2008

4. Prima e seconda classe

Beh, è esistita anche la terza classe ed ho fatto in tempo a viaggiarci, ma non aveva odori particolari: le carrozze non erano suddivise in scompartimenti, molte le portiere per salire e scendere, i sedili di legno. Gi odori quindi non stagnavano, qualche camicia sudata, la puzza dei calzini di quello di fronte, i panini con la mortadella dei bambini: poca roba, odori volatili. Fumo sì, fumo, fumo, tutti fumavano, dico gli uomini, le donne no, era lo stesso odore dei cinema parrocchiali, anche loro con i sedili di legno. Ma la prima e la seconda classe erano uno spettacolo, con la variante delle prime declassate, assai ricercate dai viaggiatori abituali. Poter sedere sul velluto rosso col biglietto di seconda era da raccontarlo alla sera in famiglia: “Visto, come è furbo il babbo?” diceva la mamma ai ragazzi che ascoltavano, a televisione ancora assente.
Le differenze fra prima e seconda erano tre: sei posti a sedere in prima, otto in seconda, in cui c’era quindi il coscia a coscia con la vicina, se andava bene; sedili in velluto rosso o verde in prima, in un similpelle attaccaticcio in seconda; gli scompartimenti di prima erano semivuoti, quelli di seconda pieni, pienissimi, con effluvi provenienti anche dai bagagli a cui non bastavano le reticelle soprastanti.
Parrebbe che in prima ci fosse il paradiso degli odori ed in seconda quantomeno un purgatorio, ma non sempre era così. Il velluto delle prime tratteneva gli odori dei viaggi precedenti, una pipì infantile poteva durare un mese, l’odore del tabacco da pipa una settimana -era un odore morbido con un fondo di bruciaticcio. E c’erano delle signore che quando viaggiavano si portavano dietro una intera profumeria, con rinforzo ogni cento chilometri.
L’odore di prima aveva connaturata una sua ambiguità da tanto bello che puzza, quello di seconda no: chiaro, deciso, universale. Odore di fiato anzitutto, poi di cibo, c’erano famiglie con una valigia dedicata alle vivande, cominciavano a mangiare -anche a bere- appena partiti, e finivano due minuti prima della stazione d’arrivo, poi di sudore, ogni tipo di sudore, da quello evidente a quello nascosto ambosessi, infine la brillantina maschile, che viveva le sue ultime glorie. Il fumo di sigaretta aleggiava su tutto, Nazionali e Alfa in particolare.
Si parlava molto, in quei lunghi viaggi, c’era persino un odore di chiacchiere, nascevano matrimoni, adulteri, confidenze improvvise, visite alle amiche degli scompartimenti vicini, che non erano più amiche, prese da nuove conoscenze, con drammi di gelosia degni della Wertmuller. Infine la toilette, il sapone della toilette ahimè, quello liquido, che bisognava schiacciare il pispolino perché uscisse. Sapone quello? Toglieva gli altri odori, ma lasciava sulle mani il suo per tutta la giornata, un odore particolare, da levata presto il mattino, da colazione affrettata, da fila per fare il biglietto. Odore di sfiga, con una sua malinconica dignità.

Nastassja Kinski e Peter Firth
in "Tess" di Roman Polanski (1979)

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