mercoledì 11 giugno 2008

24. La domenica mattina

Il casello di Parma era su due piani, come tutti i caselli, solo che era grande, con tre stanze per piano ed una scala interna fra un piano e l’altro. Sotto c’era la cantina. Al primo piano le tre camere da letto, assai spaziose e freddissime d’inverno: per andare a letto occorrevano la suora e il prete, cioè lo scaldino per le braci e l’arnese in legno che lo contenesse. Provare per credere, ad andare a letto d’inverno in una camera non riscaldata, a me successe qualche volta ed il trucco era di muovere vorticosamente il corpo, specie le braccia e le gambe, per almeno cinque minuti.
La domenica mattina ci si poteva alzare più tardi del solito, mentre in tutti gli altri giorni c’era la scuola, e quindi verso le sette dovevamo essere giù dal letto. Non si riusciva però a fare tardi neppure alla domenica: verso le otto e mezzo ci svegliava l’odore del bollito, il lesso di manzo. Richiede dei tempi lunghi di cottura e la mamma si portava avanti col lavoro la mattina presto, in modo da avere il tempo di andare alla messa nella nostra parrocchia -quella di Santa Croce- con tutta la calma del caso.
Era tutt’altro che piacevole svegliarsi sentendo l’odore del bollito che si infilava su per la scala giungendo nelle camere da letto. Un odore grasso, pungente, alla mattina hai voglia di caffelatte, non di brodo e di carne. Non riuscivo a riaddormentarmi anche se ci sarebbe stato ancora tempo, allora mi alzavo e indossavo il vestito della domenica, quindi anche giacca e cravatta, che usualmente non mettevo per andare a scuola.
Durante la mattina fra noi quattro c’era la diaspora: la mamma andava in parrocchia, io andavo alla messa agli Stimatini perché lì avevo i miei amici, mia sorella a Santa Maria della Pace dove aveva le amiche sue, il babbo all’Oratorio dei Rossi così era vicino alla stazione ed un salto in ufficio il babbo lo faceva anche la domenica. Quattro chiese diverse per una famiglia sola.
A fine mattinata tornavamo a casa, la mamma per prima -doveva dare il colpo finale al bollito- il babbo per ultimo, andava alla messa di mezzogiorno, lui. Nel brodo del bollito si cuocevano rapidamente i passatelli, fatti con un arnese molto divertente dai cui buchi era bello vedere uscire la filiera dei passatelli, vermi appetitosi che non finivano mai.
Di secondo, oltre al lesso usato per il brodo, c’era il polpettone, oggetto di contesa fra me e la mamma perché io non l’ho mai amato, e la salsa, una specie di ghiotta peperonata con verdure tagliate sottili, in cui effettivamente i peperoni prevalevano. A tavola, era circa l’una, sì, l’odore della domenica diveniva buonissimo -passateli, brodo, lesso, salsa- complici la camminata, la messa, i giochi e le chiacchiere. La mattina si chiudeva in gloria con i budini color cioccolato -a ognuno il suo- non so come fossero composti, la mamma li aveva preparati prima che ci alzassimo. Il problema non era la mattina ma il pomeriggio, in cui non si sapeva che fare, vestiti da festa come eravamo.
Per me divenne un pomeriggio di cinema, sempre agli Stimatini, perché mi davano il biglietto gratis all’uscita dalla messa, e più tardi di letture: non avevo da studiare per i compiti del lunedì già fatti il sabato pomeriggio. Leggevo i miei primi libri della BUR: Tacito, Roland, Jerome, Cechov, a seguire tutti quelli che uscivano mese per mese... quanti ne comprai, di quei piccoli grandi libri!

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