martedì 17 giugno 2008

17. Stato dell'arte

I giornali adesso li leggo normalmente, nel senso che li leggo piuttosto poco, ma per mia decisione motivata. Che si può fare, quando si vede l’ennesima articolo sul costituendo Partito Democratico? Girar pagina, via via. Come faccio per il caso Welby, che da diversi giorni ormai vanno avanti a indignazioni e ipocrisie: mi sono fatto una mia opinione, chiara e dura, non vedo a che serva continuare a starci sopra. Saddam, le pensioni, l’Alitalia, l’anno che verrà: ho di meglio da fare.

Scrivere l’ennesima Novelletta degli Odori, che più ne scrivo più mi viene voglia di scriverne.
Passeggiare con un amico per il Parco di Monza, scaldandoci a furia di chiacchiere.
Recuperare via telefono o via e-mail un rapporto in sonno da anni, che o trovi il salto di gioia o il boh perplesso -lo accetto, almeno ci ho provato.
Andare a cena a Barbiana, sopra Felino, eravamo in otto, ho guardato l’orologio che faceva mezzanotte, sono rientrato a Monza dopo le due.
Poltrire, contento di poltrire, per due ore nel letto al mattino, ma mi ero addormentato alle due, si vede che è un’ora mitica.
Cambiare la guarnizione alla caffettiera, così filtra meglio, e mia moglie è contenta.
Pagare le bollette di fine anno ahi ahi.
Decidere di non scrivere a chi non mi scrive, che non sto in rete da scodinzolone.
Appoggiare post di cinque righe nel blog di Sabelli Fioretti, facendo un po’ il rompiscatole.
Riguardarmi per la quinta volta Nashville di Robert Altman.
Uscire di casa in giacca, cravatta, camicia nuova, nodo col pieghino alla cravatta e cappotto blu, quello preso alla Rinascente.
Anche le scarpe nuove, non mi faccio mancare niente.
Incrociare la biondona della strana coppia ed accorgermi dello sguardo pudico e allusivo con cui mi contempla.
Cambiare fila alla cassa del GS senza borbottare all’ennesima coppia di imbranati che non trovano la fidelity card.
Rileggere il mio articolo sulle scarpe appena uscito su Golem e trovarlo bello, però accorgermi che di articoli belli ce ne sono anche altri: leggerli e imparare, invidiandoli un po’.
Sistemare, con la guida di Giorgio, alcune cose nel mio software terremotato.
Mangiare sette noci, una via l’altra.
Lo shampoo, stamattina, me lo sono fatto doppio.
Scrivere nottetempo tre e-mail di seguito.
Trovare buono il roast beef appena comprato, i mandaranci invece non vanno bene, dovrò stare più attento.
Prendermela con quelli che denigrano i film di Nanni Moretti e che fanno finta che la politica non c’entri.
Apprezzare una poesia di un amico, quella dopo no, e dirglielo, motivando sia il sì che il no.
Dare consigli ad una amica che passerà il fine anno a Siviglia, alla stessa amica non sono riuscito a spiegare la strada migliore per venire da noi.

Questo è l'attuale stato dell’arte. Per il futuro vedremo, a meno che non ci sia un’altra depressione dietro l’angolo, da certe bestie ci si deve aspettare di tutto, che poi questo è il paragrafo numero 17, alla faccia sua. Diverse cose attualmente non le faccio ma prima o poi tornerò a farle, specie ascoltare musica, che è importante. Quando? E chi lo sa! Una cosa però vi posso dire, la prima musica sarà un quartetto di Mozart.

P.S. Le immagini sono tratte dal film sul Flauto Magico (1975) di Ingmar Bergman.


FINE

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Solimano,
ho letto con molta partecipazione "La grande bua". Ci sono passata anch'io come penso molti. Anch'io ho dovuto ingoiare pillole e pian piano ne sono risalita.
La bestia è arrivata quando tutto sembrava andare per il meglio, dopo una grande fatica che non so se racconterò. Ho sentito il vuoto e la vertigine e con la depressione sono arrivati anche attacchi di panico.
La mia fortuna è stato trovare un neurologo e psichiatra che ha intercettato per tempo il mio malessere e mi ha guidato per uscirne con dolcezza. Io ero testona: volevo farcela da sola. Gliene sarò sempre grata. Purtroppo è proprio una delle persone che è morta quest'anno. E a volte ho paura che la bua stia di nuovo dietro l'angolo. Ma ora sono più attenta, ne sento l'odore e anch'io cerco di muovermi con calma perchè non mi attacchi più di sorpresa.
E' stato bello leggerti, ti sento più vicino e più vero.
Grazie,
Giulia

Solimano ha detto...

Giulia, chi c'è passato capisce, pur nelle modalità diverse che ha la bestia nel presentarsi e nelle modalità diverse con cui se ne esce. Un anno e mezzo è stato lungo, ma sono convinto che mi è andata pure bene, perché è molto difficile e tu lo sai. Da fuori, non ci si crede. Ne parlerò in un post, non per fare pubblicità alla mia serie di post (è l'ultima cosa a cui pensavo mentre li scrivevo), ma per due motivi: far conoscere un argomento mal conosciuto e far conoscere le modalità d'uso della Biblioteca, che mi stanno convincendo sempre più, visto che le ho praticate già per due scritti: L'amore intelligente e La Grande Bua. Della modalità che con Habanera abbiamo trovato sono personalmente molto contento.
Ti converrebbe rifletterci ed organizzarti per mettere anche tu alcuni tuoi scritti nella Biblioteca.

grazie Giulia e saludos
Solimano

Ermione ha detto...

Sono molto inadatta a parlare delle mie bue, ancora faccio fatica. Ma insomma, non c'è da vergognarsi. La mia bestia era feroce, terribile durissima, sembrava che niene potesse domarla; c'è voluto tempo, un'enormità, anni ed anni, ed una forza da leoni. Ora faccio come te, Solimano, o almeno come facevi a giugno. E ricominciare ad ascoltare la musica iniziando da Mozart è certo ritrovare qualcosa di divino.

Solimano ha detto...

Lo sai, Elena, che cosa ho pensato quando decisi di raccontare sinteticamente la mia esperienza con la depressione? "Non so per il momento che cosa scriverò, ma so già quale sarà l'ultima parola di questo scritto: Mozart." E così è stato.

grazie Elena e saludos
Solimano

Habanera ha detto...

Solimano, non so quanto sia importante ma forse sarebbe meglio precisare che la data della pubblicazione in biblioteca non corrisponde a quella reale di scrittura.
Il racconto de "La grande bua" è iniziato il 4 novembre 2006 ed è finito il 5 gennaio 2007.
Per fortuna sono passati più di due anni da quando l'incubo è finito, non solo pochi mesi.

Ti abbraccio
H.

Solimano ha detto...

Hai ragione, Habanera.
I post hanno tutti la data volutamente convenzionale del 17 giugno 2008.
E' una convenzione tecnica per ottenere che la Bibloteca di Stanze all'aria sia ordinata e che i post si susseguano secondo la normale modalità di lettura, che non è quella che si utilizza nei blog e anche nel Diario in rete, in cui è l'ultimo post pubblicato ad essere in cima. E' una convenzione, ma funziona, perché, una volta che la si è capita è facile e naturale mettere in Bibloteca i propri scritti, senza creare confusioni e sovrapposizioni. L'unica cosa a cui consiglio di stare attenti è il minutaggio: se a un post si è assegnata (con le Opzioni) l'ora 22.50, è bene che quello successivo (come ordine di lettura) non abbia 22.49, ma 22.45. In questo modo resta aperta la possibilità di un inserimento comodo fra i due post di un altro post, ad esempio con ora 22.47.
E' un dettaglio, ma è bene saperlo.

saludos y besos
Solimano

Anonimo ha detto...

Io non so cos'è ma la temo perchè la vedo negli occhi di mio padre.
A volte mi pare un leoe e più forte di ogni cosa, poi è sufficiente che salti un pasto o perda due ore di sonno che già la bastiaccia è in agguato.
Mi terrorizza perchè mi fa sentire completamente impotente.
Però coi farmaci e seguito vedo che sta bene a fasi alterne e poi è molto coraggioso e tenace.
Mi fa piacere sapere che se ne può uscire e guarire. Così poi è un gran successo:)
I cappotti blu sono molto eleganti.

Anonimo ha detto...

Dopo aver letto della tua esperienza e aver sentito molte altre testimonianze, per non parlare di quelle che ho visto avvenire davanti ai miei occhi, posso dire di non essere mai stata depressa. Che importanza? Nessuna, visto che non è solo la depressione che ti fa stare male male male. Il mio male si chiamava infelicità, insoddisfazione, inadeguatezza, senso di colpa permanente accompagnato dalla consapevolezza di subire una grave ingiustizia, e i due andavano a braccetto invece che a pugni.
Ecco che cosa può fare una famiglia normalmente malata!
Sono andata via di casa, lasciando una sanguisuga invece che una madre (aveva anche lei le sue scuse, è vero) e un pomeriggio mentre morivo di freddo nella stamberga in cui mi ero rifugiata e la stufa a gas sapeva solo avvelenare l'aria mi son detta - se non mi sveglio più forse è meglio -.
Ho avuto una paura palpabile, acutissima, perché ciò che mi ero detta lo pensavo interamente.
Poi ho cominciato a cercare un aiuto e per fortuna l'ho trovato.
La depressione, negli occhi degli altri mi riempie di paura perché ho la totale consapevolezza di non poter nulla contro, solo aspettare e sperare che sotto alla cenere covino delle fiammelle di vita.

Hai parlato della terapia analitica, fra i tanti tentativi, credo ti abbia dato molto, in seguito. Un altro punto di vista, un diverso modo di analizzare e trarre conclusioni.
Ma il lavoro più grande lo hanno fatto la tua ostinata volontà di capire che cosa stesse succedendo, e perché e infine di andare avanti.
Non parlo di intelligenza che pure possiedi anche in eccesso perché l'intelligenza è un'arma a doppio taglio, anzi spesso taglia proprio nel senso del dolore e dell'ostinazione a mantenerlo vivo.

Solimano ha detto...

Per me, in base ad esperienze più vissute che pensate, le tre parole infelicità, depressione e tristezza sono tutt'altro che sinonimi.
Infelicità è dolore vero, sofferenza che ha delle cause: persone, eventi, malattie, lutti, amori, povertà. Si patisce molto, si sa perché si patisce, ci si può dare da fare e in genere lo si fa, e il tempo è la migliore medicina.
Depressione è nevrosi, una malattia che va curata con una sinergia di mezzi diversi. Il punto è che quando arriva la crisi depressiva è lei che comanda e tu sei costretto a subire. Il depresso non legge, non scrive, non ascolta musica, schiva le persone, il sofferente, l'addolorato patisce a volte di più ma sa che qualcosa può fare. Il depresso si sente spesso (ed è)impotente di fronte alla depressione.
Tristezza. Non è sofferenza, è meta-sofferenza. E' sofferenza autoprodotta, è visione di vita imposta alla propria vita e al mondo. Il triste potrebbe fare molto per non essere triste, ma non lo vuole fare, vuole autonfermarsi nella sua tristezza, perché è talmente superbo da pensare che non è lui ad essere triste ma è il mondo ad esserlo. E vuole contagiare gli altri. Il triste è un missionario della propria tristezza. Sempre moralistico, mai moralico.

Conclusione: la sofferenza (o dolore, o infelicità) e la depressione sono oneste. La tristezza non è onesta. Però si porta bene in pubblico, ci sono delle sfilate di tristezza in rete da far invidia a Coco Chanel e a Yves Saint-Laurent. Che fare, coi tristi? Dirglielo e cambiare marciapiede: sono un grave pericolo pubblico, che si ammanta di tanti -ismi: romanticismo, idealismo, esistenzialismo, sentimentalismo, cristianismo, utopismo per ottenere il vero obiettivo: non cambiare, godere del tornaconto nevrotico della propria tristezza. Aspirano al controllo sociale, però fanno gli umbratili, gli umili, gli appartati (in modo però che gli altri lo sappiano e provino sensi di colpa). Brrrrrr!!!

grazie e saludos
Solimano

sabrinamanca ha detto...

Tristezza e infelicità: provo a spiegare meglio la idea di tristezza e infelicità con degli esempi.
Ero triste quando mio padre era malato, triste per la sua sofferenza contro cui nulla potevo, triste di vederlo combattere e poi abbattersi, sperare e poi , per ultimo, scivilare nella depressione.
Ero infelice e lo sono tutt'ora quando un mio modo di vivere non mi soddisfa, non mi piace, non mi convince e tuttavia non riesco ad evitarlo, a venirne fuori.
Sono stata triste per molte altre ragioni ma in generale mi sembra che la tristezza sia un sentimento più "leggero". La tristezza mi ha spesso portato ad evitare le uscite in pubblico e questo mi è stato rimproverato dagli amici. Ti prendiamo come sei, lo sappiamo che non puoi sempre essere di buon umore! (io invece, credevo di non poter esibire il mio sguardo spento e il mio silenzio).

Barbara Cerquetti ha detto...

Grazie Primo.
Ho trovato utile questa lettura.

Solimano ha detto...

Sabrina, sullo stare da soli e stare con gli altri, la cosa più bella che ho letto è stato quello che dice Pearls, quello della gestalt.
Dice che la nostra vita deve potersi svolgere pendolarmente ffra le due polarità del Contatto e del Ritiro. Perché abbiamo bisogno di tutte e due, non è che una sia meglio dell'altra. Questo modo di ragionare per polarità lo trovo fecondo, solo che noi occidentali monoteisti (o monoateisti) non ci siamo abituati, mentre il Tao si manifesta nello Jn e nello Yang. E' un modo di ragionare non moralistico (secondo il nostro tipo di morale). D'altra parte, siamo spesso colpiti piacevolmente dall'uso in letteratura di un bell'ossimoro, e in fondo la logica è la stessa. Ma tornando al Contatto ed al Ritiro, qual'è il vero problema? E' che le circostanze della vita ci possono portare a dover contattare quando vorremmo stare da soli, e ad essere soli quando vorremmo contattare. Un bella fregatura...
Barbara, proprio così, e ti ringrazio: il termine giusto è utile. Utile per me stesso sicuramente e forse utile per qualcun altro. Perché prendere consapevolezza dei problemi e delle situazioni significa essere vicini alla risoluzione, mentre molti pretendono di trovare la soluzione senza aver capito il vero problema. Nella Pragmatica della comunicazione umana e in Change si insiste su un concetto basilare, che loro definiscono in questo modo: una cosa sono le difficoltà, che fanno parte della vita ed incontriamo ogni giorno. Il problema è su un piano diverso, una vera e propria malattia. Ma spesso la tentata soluzione (sbagliata) trasforma la dificoltà in problema.

grazie e saludos
Solimano