martedì 17 giugno 2008

16. Desideri e delusioni

Naturalmente non ho detto tutto, e non per ragioni di spazio.
Ci sono cose che non si dicono, ma si fanno capire. Credo sia chiaro che nella mia depressione hanno avuto parte seri problemi esterni, di cui sono ben conscio. E' così quasi sempre.
Il mondo esiste, esistono anche le altre persone, che sono diverse da noi, e che possono essere fonte di sofferenza per noi, specie quando vorremmo aiutarle ma non troviamo il modo di farlo efficacemente. Possiamo essere di aiuto soltanto se in primo luogo aiutiamo noi stessi a stare bene. Altrimenti, non facciamo altro che aggiungere sofferenza a sofferenza, e la situazione peggiora.
Se invece migliora la nostra autostima -questo è quasi sempre il nocciolo della questione- acquistiamo forza, che a volte è a suo modo prepotenza, meglio comunque di una inerte tristezza.
Rispettare se stessi può voler dire farsi rispettare dagli altri, specie dalle persone che ci sono care, che magari hanno assunto giorno per giorno, senza neppure accorgersene, delle abitudini che ci feriscono. Si badi: ci feriscono di per sé e ci feriscono anche perché noi ci sentiamo feriti, le due cose camminano insieme, costituiscono una delle tante folie à deux di cui sono intessuti i rapporti.
Dopo la fine della depressione -fine non so quanto definitiva- io debbo provvedere ad accudire me stesso, ad esempio con l’esercizio di una asettica analisi dei miei ricordi, perché non esistono conquiste definitive, di per sé garantite in saecula saeculorum, allargandomi un po’.
L’autostima è fatta anche di comprensione dei diversi errori che commettiamo, soprattutto delle svariate ferite che arrivano al nostro narcisismo, che quanto più è grande tanto più è esposto. Una quotidiana manutenzione che non richiede particolari apprensioni, ma sottigliezza accorta. E’ un po’ come tenere il volante con due dita, saranno due ma ci vogliono!
Ancora, serve una capacità di deglutire le delusioni, di qualsiasi genere siano, grandi e piccole arrivano comunque, anche per un singolare motivo. Chi si autostima, continua ad essere un uomo di desiderio, a suo modo lo è più di prima -i tristi non desiderano, invece, fanno finta di desiderare. Allora, il desiderio, che è un po’ la barca che conduce le nostre esistenze, corre di più, perché sa di potersi permettere di più. Il confine del desiderio con la realtà si sposta, ma la realtà è altra da noi, e quindi persone, cose, accadimenti possono confliggere.
Con una metafora un po’ strisciante, occorre essere come la lumaca, che se la toccate sulle corna le ritrae, salvo risospingerle fuori subito. Guai se non fossimo delusi! Significherebbe che non cerchiamo più, che ci ripieghiamo su noi stessi.

Buster Keaton in "The General" (1927)

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