mercoledì 11 giugno 2008

15. Il glicine del condominio

Quando cerchi casa e puoi spendere 100, ti piaceranno soltanto le case da 120 in su.
Così mi successe quando decisi di comprare casa a Monza. Leggevo sul giornale pagine su pagine di inserzioni immobiliari e percorrevo chilometri a piedi nel quartiere che mi interessava per prendere nota dei cartelli “Vendesi” disposti bene in vista sulle cancellate.
Un pomeriggio arrivai di fronte al famoso condominio dei glicini, un parallelepipedo di cinque piani avvolto sino al tetto da piante di glicini che avevano infilato i loro racemi dovunque, terrazze e grondaie comprese. Uno spettacolo, a cui aggiungeva scena un campo di frumento che lo isolava dalle altre abitazioni più anonime. Come di consueto andai a leggere i nomi dei residenti -è utile, quando si cerca casa- e scopersi che tre di essi erano miei colleghi di lavoro. C’erano anche due cartelli “Vendesi”. Non comprai lì alla fine, sia per il prezzo, sia perché mi attestarono che il glicine era un vicino ingombrante: lucertole in casa, foglie e fiori in terrazza, fronde che toglievano luce agli interni.
Ormai da anni quel glicine non c’è più, dopo una serrata battaglia condominiale fra pro e contro, immagino i drammatici giorni di lavoro per toglierlo. Ma la vista ed il profumo mi avevano incantato, era una esperienza nuova: a Parma abitavo in centro città e il glicine allora non era così diffuso.
Due mesi dopo comprai finalmente casa a Monza -quella dove abito tuttora- e notai appena la pianticella di glicine vicina all’ingresso, che ora ha vent’anni e si estende per tutta la cancellata del condominio. Fiorisce più volte durante la bella stagione, prima con sovrabbondanza dei fiori a grappolo, ammonticchiati l’uno sull’altro, di colore fra cilestrino e viola. Le due fioriture successive sono meno esuberanti, più intime.
Una pianta rustica e vigorosa, le bastano sole e acqua; occorrono ogni tanto i forbicioni per ripulirla dai racemi a crescita molto rapida, un vigile urbano difatti minaccia multe perché disturbano chi percorre il marciapiede. Ma quando mai? Io lo percorro apposta, da solo o con amici, ed è un sollazzo profumato, debbo solo non strusciarmi troppo -le api festeggiano i fiori del glicine. Più in alto, dove i forbicioni non arrivano più, i racemi hanno catturato un palo della luce, e lo avvolgono nelle loro spire, non so se destrogire o levogire, differenza fra il glicine cinese (wisteria sinensis) e quello giapponese (wisteria floribunda) che non apprenderò mai a riconoscere, ma una cosa la so: per gli uni e gli altri il glicine da secoli significa amicizia.
Ho pensato come sarebbe bello avere l’esperienza di un pergolato di glicine, con tanti fiori sopra la mia testa, ed è una idea da cittadino. L’esperienza del grande pergolato l’ho invece avuta con le viti di uva bianca, quella da mangiare, non da fare il vino: al casello di Parma, da agosto ed ottobre, dopo pranzo ci sceglievamo il grappolo d’uva della giornata, la cultura contadina trovava la bellezza attraverso l’utilità.

Les glycines sur le pont japonais (Giverny)


Nessun commento: