sabato 6 febbraio 2010

"Le style c'est la femme"

Solimano


Sto leggendo, anzi rileggendo, il libro "Confesso che ho sbagliato" di Federico Zeri (Longanesi & C., 1995). Si tratta dei ricordi autobiografici dettati a Patrick Mauriès e da questi organizzati sotto la supervisione di Zeri. E' un libro che ha tante chiavi di lettura: artistica, storica, politica, umana. Ma può essere letto anche come un libro di grandiosi pettegolezzi, visti i personaggi che ha conosciuto Federico Zeri.
A pagina 30 racconta di Roberto Longhi, poi parla anche della moglie di Longhi, Lucia Lopresti (che come scrittrice assunse il nome di Anna Banti). Ecco le parole di Zeri:

"Debbo a questo punto raccontare un episodio che la caratterizza abbastanza bene. Dopo la guerra, mentre si rimetteva in ordine la casa di Longhi, fu trovato per caso un pacco di abiti perfettamente nuovi che erano stati consegnati ai Longhi poco prima dell'emergenza, nell'estate del 1944, quando la casa era stata abbandonata e i Longhi si erano dovuti rifugiare a Palazzo Pitti. Longhi si provò i vestiti che non gli andavano più bene e disse che uno smoking trovato nel pacco sarebbe andato perfettamente ad un suo allievo, che ora non voglio nominare. La Banti, presa da furore, cominciò ad urlare che, oltre a rubare a Longhi il suo sapere, gli allievi gli stavano portando via anche i beni. Chiamato il cameriere, Ottavio, gli ordinò di tagliare lo smoking con le forbici per farne degli stracci per cerare i pavimenti".

Ma a pagina 79 c'è un esempio di stile completamente diverso. Riguarda Lyda Borelli, che "abbandonò il cinema nel 1919 per essere letteralmente confiscata da Cini, ossessionato dal suo desiderio di possesso". Si tratta di Vittorio Cini, e Zeri va avanti per pagine a raccontare le varie manifestazioni del suo desiderio di possesso. Ecco un brano a pagina 84:

"C'era tuttavia una donna, che benché intima degli ambienti più raffinati della aristocrazia e della mondanità, evitava accuratamente di frequentare casa Cini. Era la contessa Dal Pozzo... la compagna di Cini, il suo vergognoso segreto (il nome era un tabù fra i membri della famiglia perché, come mi disse una delle figlie, "mammà ne morirebbe").
Tuttavia "mammà" era perfettamente al corrente, come indica un aneddoto molto significativo. Il giorno in cui Giorgio riuscì a liberare suo padre e a portarlo in Svizzera la notizia fu comunicata a Lyda che, imperturbabile, disse: "Avvertite quella donna, le farà piacere". I presenti fecero finta di non capire e rimasero immobili. Al che Lyda prese un piccolo taccuino, andò al telefono, fece un numero e fu udita pronunziare con calma assoluta: "Sono la moglie di Vittorio. La informo che mio marito è salvo". Poi chiuse la comunicazione.
"

P.S. Le immagini. In alto, Federico Zeri durante il primo dei suoi duecento viaggi in America. La fotografia è del 10 novembre 1957. A lato, una fototessera automatica, attorno al 1975. In fondo, due immagini di Lyda Borelli prima del 1919. Vittorio Cini riuscì a farle sparire quasi tutte.



2 commenti:

Silvia ha detto...

Sono begli scatti Solimano. L'ultinmo ritratto poi è un capolavoro; è bellissima.
Mi ha fatto assai ridere l'aneddoto raccontato su "mammà ne morirebbe". Tanti matrimoni sono così. Matrimoni "saggi", compromessi in itere, patti di sangue e conti in banca. C'è tempo per ogni cosa e la passione ha la scadenza peggio dello jogurt, soprattutto se lo si deve mangiare tutti i giorni.
La Lopresti non mi sarebbe piaciuta nemmeno un po'.
Buona giornata:)

Solimano ha detto...

Silvia, quello che racconta Federico Zeri in "Confesso che ho sbagliato" è molto divertente, ma anche terribile. La coppia Longhi-Banti con tanti mezzi (compresa la rivista Paragone) si costruì una posizione di dominio tagliando fuori dalla carriera accademica proprio gli allievi migliori: Giuliano Briganti, Francesco Arcangeli, Federico Zeri. Volevano continuare a utilizzarli loro tenendoli a stecchetto. Ancora oggi, se vai su Wikipedia, vedi che queste cose non vengono dette, come non si parla di una cosa ancora più grave: le attribuzioni dei quadri e i giudizi sugli artisti. Tutto asservito a lotte personali o a bramosia di guadagno personale (giravano e girano tanti soldi, nel mondo dell'arte) complicate dall'ossessivo vizio del gioco di Roberto Longhi (roulette e chemin de fer). Del chudere gli occhi da parte del PCI racconterò un'altra volta, perché Longhi ed Argan erano stati fascistissimi, e non da ragazzini. Una sbalorditiva conversione a 180 gradi, Argan divenne persino sindaco di Roma. Lucia Lopresti (Anna Banti) aveva ambizioni letterarie (premi etc) e il marito Roberto Longhi la favoriva in ogni modo, anche parlando bene di quadri di artisti che avevano il solo merito di essere parenti di qualche letterato influente (come Emilio Cecchi). Si potrebbe dire: cose che sono sempre successe, ma all'estero tutti i grandi critici d'arte di rifiutavano di citare o considerare Roberto Longhi. La storia di come Federico Zeri riuscì a sottrarsi a questa gabbia infernale è piena di colpi di scena, degna di un bellisimo film d'avventura.

grazie Silvia e saluti
Solimano