mercoledì 13 gennaio 2010

La moglie di Putifarre (5)

Solimano

Guido Reni 1630 154,9 x 199,4 cm Getty Museum, Los Angeles

L'interpretazione di Guido Reni è raffinata, elegante, volutamente fredda. Un'esaltazione della bellezza della pittura, più che una una storia di erotismo tentato e negato. Prima di provarci e di resistere, Zuleykha e Giuseppe sono andati dal parrucchiere che ha sistemato al meglio i riccioli di Giuseppe e le treccioline intrecciate coi gioielli di Zuleykha. La donna ha la spalla scoperta, ma tiene il braccio in modo da nascondere il seno. Fra lei e lui si fa a gara a chi tira il mantello di meno, non di più. Di Guido Reni, di cui si dice che morisse vergine, sbalordisce l'eleganza dei colori, non contrapposti fra loro ma in quieto accordo: il rosso del tendaggio contiene del bianco, le vesti di Zuleykha sono in armonia musicale fra grigi, verdolini e azzurri, quelle di Giuseppe fra giallo, arancio e ancora verdolino. Perfino il cielo, che si intravede dalla finestra aperta, si attiene alle regole delle vesti. La mano aperta di Giuseppe si protende verso di noi col solo scopo di farci dire: "Che bella mano!"

Guido Reni 1631 227 x 195 cm Museo Pushkin, Mosca

L'altra Zuleykha di Guido Reni è quasi contemporanea, un anno di differenza. Si vede la serietà del pittore, che sente in modo analogo il tema, ma sceglie accordi differenti fra i colori, cambiandoli tutti: il tendaggio ora è bruno con squarci di chiaro, per le vesti della donna, che la ricoprono tutta, quindi non ha bisogno di nascondere alcunché, il Reni gioca la carta dei panneggi e dei colori diversi fra diritto e rovescio. Zuleykha ha un'aria alla "Guarda cosa mi tocca fare!" e tira il manto più per noia che per desiderio. Giuseppe si è fatto pettinare in modo leggermente diverso - ma sempre di riccioli si tratta - ed esibisce altri colori: marroncino e verdebruno. Lei e lui, stavolta, sono andati anche dal calzolaio, guardategli i sandali, e il piastrellista mostra sul pavimento che sa tener conto della prospettiva. Un quadro ammirevole, con uno sbadiglio sospeso a mezz'aria.

Simone Cantarini c.1640 138 x 179 Gemäldegalerie, Dresda

Il pesarese Simone Cantarini, allievo di Guido Reni, è ricco di talento. Peccato morisse giovane nel 1648 (era nato nel 1612). Segue la strada di Guido, come pudicizia e contegno. Ma solo in apparenza: questa Zuleykha, così giovane, è desiderante, non annoiata: ci tiene a Giuseppe, giovane anche lui. Giuseppe è sorpreso, forse interessato. Chissà. Natura e naturalezza. I bei colori si danno da fare per mostrarsi, sgomitando sui colori vicini.

Guercino 1649 123,2 x 158 National Gallery of Art, Washington

Guido Reni muore nel 1642, e il Guercino coglie l'opportunità che aveva sempre sognato: diventare il primo pittore di Bologna, in cui si trasferisce con la bottega. Non è il Guercino che preferisco. Nel secondo e nel terzo decennio del Seicento era stato un grande pittore, fra i massimi, capace di dare una risposta sua alla pittura del Caravaggio. Poi adotta uno stile più moderato nelle figure e nella rappresentazione. Compiace ed attrae troppo, usa colori sfavillanti, il blu in particolare, come si vede qui. La scena è ben costruita, l'incrocio delle mani ammirevole, Giuseppe recita la parte del bello che si sottrae atleticamente, la bionda Zuleykha offre un bel corpo nudo che ammiriamo più curiosi che coinvolti. Bellezza di superficie, ma il fascino dei nudi femminili il Guercino se lo ricordava ancora, fin dai primi quadri di Cento. Chissà la contentezza del committente!

Rembrandt 1655 106 x 98 National Gallery of Art, Washington

La rapprentazione che dà Rembrandt è sorprendente solo in apparenza. Rembrandt ha aspetti realistici spesso trascurati o addirittura non visti da chi lo stravolge non tenendo conto del fatto che il pittore era ben radicato nel suo tempo e che il suo modo rappresentativo, il suo luminismo, ha una innegabile quotidianità. Continuiamo a chiamare "Ronda di notte" un suo quadro onorifico che si svolge di giorno. Qui, una bruttarella e maligna Zuleykha, seduta vicino al letto, mostra il manto di Giuseppe a un tronfio Putifarre con turbante e tutti gli accessori di una potenza arrogante. Putifarre non è sconvolto: riflette sullo spiacevole caso. Giuseppe, poverino - bruttarello anche lui - aspetta spaventato e succube, in piedi dall'altra parte del letto, la punizione immeritata ma inevitabile.

Vent'anni prima, in una piccola acquaforte, Rembrandt aveva dato una rappresentazione volutamente bassa del mito. E' difficile immaginarne un'altra simile. Zuleykha, oscenamente scoperta, è anziana e vogliosissima, e un Giuseppe, in età anche lui, completamente vestito, cerca cautelosamente di sottrarsi, pensando al buon impiego che gli ha assicurato il marito di Zuleykha. Una demistificazione modernissima, che nessun altro ha praticato.

Rembrandt 1634 Acquaforte 90 x 115 mm

P.S. Inserisco qui sotto un'altra versione del quadro di Rembrandt, gentilmente segnalata da Gauss. Il quadro è del 1655, come l'altro. Le dimensioni sono analoghe (110 x 87 cm). In entrambi i casi, non do il quadro intero, taglio sopra, per ragioni di visibilità nel blog. Questa versione è conservata nella Gemäldegalerie di Berlino. Le differenze fra le due versioni sono tutt'altro che trascurabili, in particolare nella figura di Giuseppe, ma anche il gesto di Zuleykha è diverso. Grazie Gauss!


22 commenti:

Silvia ha detto...

Ma lo sanno le signorine di oggi alla ricerca spasmodica di pubblicità, che mai riusciranno a eguagliare questa Zuleykha così tante volte rappresentata? E che rimarrà nella storia fino alla fine dei giorni, diversamente da loro, a patto che non irretiscano un Giuseppe? E' vero che non tutte potranno diventare Zuleykha e nemmeno M. Monroe.
La cosa che mi sorprende oltre alla composizione complessiva delle opere tutte, è l'espressione della nostra, spesso ingessata, comunque priva di ogni moto particolare.
Anche Cantarini che a te Solimano piace, a mio parere la raffigura con un'espressione "strana", pare posseduta sì, ma non di desiderio terreno.
Il Guercino meglio di tutti si avvicina all'immagine che mi sono costruita per questa scena. Bellissimo dipinto. Mi piace molto anche quello di Reni cromaticamente parlando, ma ha una fissità e una pesantezza che nemmeno il marmo la renderebbe tale. Si può intuire che sia morto vergine.
Rembrandt è sconcertante. Nemmeno si può immaginare, avvicinando le due immagini che possano essere concepite dallo stesso artista anche con vent'anni di distanza l'una dall'altra. Ritorniamo al concetto di Roby sulla vecchiaia, elemento decisamente negativo abbinato, al sesso. Qui addirittura degradato a volgarità assoluta mostrando un corpo completamente nudo ma soprattutto sgraziato e pateticamente voglioso. Nulla a che vedere con la "bruttezza" pudica e rigorosa del quadro di vent'anni dopo, dove tutto è compiuto e il sesso è solo supposto. Lei comunque è davvero bruttissima, povero Giuseppe.
Però è nella sfacciatissima acquaforte che si percepisce un movimento e un turbine emotivo che le altre immagini se lo sognano. Rembrandt avrà voluto dare una rappresentazione più bassa del mito, e c'è riuscito benissimo perchè è molto umana e molto "vera".

Solimano ha detto...

Sai Silvia, qual'è la frase più importante che ho letto in tanti anni di passione per l'arte?
"Arte non è una rappresentazione di una bella cosa, ma una bella rappresentazione di una cosa". (Henry Focillon).

Rembrandt, con questa acquaforte e col famoso quarto di bue lo sapeva benissimo.

grazie Silvia e saluti
Solimano

Gauss ha detto...

Solimano, quando scende in campo il grande Rembrando del Reno, quanto a rappresentazione drammatica, non c'è partita. Al compito di rivelare i due protagonisti veri della vicenda, la donna respinta e il letto ignorato, provvede la luce proveniente da una sorgente misteriosa. Per rifrazione si disperde nell'ambiente circostante ed è solo così che avvertiamo la presenza di Giuseppe e Putifarre, tenuti nell'ombra in quanto vittime ignare ed incolpevoli e come tali personaggi passivi e secondari. Anche il mantello, pur esposto in primo piano, è interessato solo da luce indiretta, come conviene alla prova incerta di un delitto non consumato. Inutile che la donna vi investa la sua voglia di vendetta, la luce della verità ha già indicato il suo grembo inappagato e il suo lenzuolo intatto. Di Rembrandt ho trovato un'altra versione di questa storia, con Giuseppe che alza la mano aperta a schermirsi, quasi a dire: io non ne ho voluto sapere. Provo ad allegarla, se ci riesco.

Gauss

http://img696.imageshack.us/img696/9161/rembrandtharmenszvanrijw.jpg

Solimano ha detto...

Qui.

Vediamo se esce l'immagine, sennò cancello il commento.
Solimano

Gauss ha detto...

Ecco, non ci sono riuscito, e anche l'indirizzo in calce non porta ad alcuna immagine, ma provando e riprovando un giorno o l'altro ci riesco...

Gauss

P.S. Qui comunque si trova

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/28/Rembrandt_Harmensz._van_Rijn_065.jpg

Gauss ha detto...

Più instantaneo della luce, Solimano. Grazie.

Gauss

Solimano ha detto...

E' semplice Gauss, devi inserire il nome dell'immagine all'interno dell'istruzione, Te lo faccio vedere col sistema delle parentesi tonde di Alberto:

(a href="http://img696.imageshack.us/img696/9161/rembrandtharmenszvanrijw")Qui(/a)

Se metti le parentesi angolate al posto di quelle tonde dovrebbe uscire Qui che cliccato ti porta all'immagine. Nel commento ho fatto così e l'immagine appare.

saluti
Solimano

Unknown ha detto...

Rembrandt, nella acquaforte, sembra vedere con gli occhi di Giuseppe.
Non del Giuseppe 'attuale', ripreso nell'opera in cui pare quasi coetaneo della donna, ma del Giuseppe come probabilmente era stato, giovane ed 'esigente'...
zena

Anonimo ha detto...

ah, ho capito il mistero del nick "micro": è l'abbreviazione di un indirizzo di posta che sto usando per un lavoro....di cui fra qualche vi racconterò:)
zena

Anonimo ha detto...

qualche giorno, ovvio:))

Emilia ha detto...

Bellissimi accostamenti, uno più bello dell'altro, anche se concordo con Silvia: Zuleykha sembra "ingessata" anche se bella.
Ho trovato bello quello di Rembrandt che del resto mi piace, perchè più vero.
L'acquaforte dà davvero una visone del "desiderio senile" molto triste.

garzie, Solimano

Solimano ha detto...

Questa serie di Zuleykha è cominciata per caso, con una o due immagini illustrative a corredo di un post che era titolato "Andate procaci in bicicletta", o qualcosa del genere. Ci ho preso gusto strada facendo e le mie previsioni attuali sono di due altri post (forse anche tre). Non ci avete badato, ma ho cominciato a chiamare Putifarre "Il marito di Zuleykha" (gli sta bene).

Silvia, ognuno di noi ha una lettura diversa, che più di una lettura è una vista, anzi, una guardata. Come dice splendidamente Leo Pestelli: " Le donne amano più essere guardate che viste".
Ma torno ai quadri. Senza far classifiche, io al quadro di Simone Cantarini ci sono affezionato, anche se purtroppo non ho trovato un'immagine più grande: è una Zuleykha giovanissima, un po' ingenua, che parte decisa alla scoperta della sensualità (noi maschietti eravamo in fondo più timidamente sfigati).
Il Guercino, eh, ci sapeva fare! Hai guardato il manto blu come gira attorno a Giuseppe? Solo che ho in mente i suoi capolavori giovanili, in particolare l'affresco dell'Aurora nel casino Ludovisi a Roma, una delle cose più belle mai viste in pittura. Qui, è giustamente attento alle esigenze... ehm... del committente.
Ammiro Guido Reni, che non è un "Apelle clericale" come diceva quella cattiva lingua di Roberto Longhi. A Bologna ci sono dei capolavori del Reni, ma l'erotismo palesamente non lo sente. Per quanto... può essere che Putifarre fosse di un noioso tale... chissà! Meglio un Giuseppe giovane che un solitario a carte. Guido Reni era un personaggio singolare: avaro (lo chiamavano lo smorzazolfinello perché teneva i fiammiferi usati)... e amantissimo del gioco con le carte, a soldi, dove perdeva i guadagni suoi.
Su Rembrandt, la vecchiaia, la voglia sessuale (incolume il desio la speme estinta, dice Giacomo, ma che ne sapeva lui, morto prima dei quarant'anni) si potrebbe andare avanti un bel po'. Dico che la piccola acquaforte di Rembrandt ha una potenza grandiosa, ed userò questo argomento per polemizzare con Gauss. Non qui, che il commento è già troppo lungo.

grazie Silvia e saluti
Solimano

Solimano ha detto...

Gauss, ho inserito nel post anche la versione che hai segnalato tu. Apparentemente è molto simile, ma, anche a parte l'atteggiamento di Giuseppe, del tutto differente, ha altre sottili diversità. E' proprio un altro quadro.

Alla tua visione drammatico- luministica, io aggiungerei anche alcuni dati grotteschi, che in Rembrandt compaiono più di frequente di quello che si crede o si nota. Rembrandt ha anche qui un modo tutto suo, inconfondibile. Lo adotta anche per la casta Susanna e per il mito di Danae. La sua è una mitologia calata nella quotidianità, da una parte. Da un'altra, come sempre in lui, la luce, come provenienza e come tipo di luminosità interpretativa (degli spazi, delle persone, degli oggetti) è unicamente sua. Come poi la si interpreti... è un lungo discorso, che io, rubensiano ad sanguinem, non sono in grado di fare.

grazie Gauss e saluti
Solimano

Solimano ha detto...

Zena, sull'essere "esigente", la nostra Zuleykha, in tutte le sue pittoriche trasformazioni, non teme confronti. Che sotto sotto ci sia, attraverso i secoli, la coda di paglia maschile di fronte alla sessualità femminile? Ho già ricordato che questa serie è nata casualmente da un "Procaci andate in bicicletta", lanciato come invettiva dal cattolicisimo professor Carlo Carretto durante la campagna elettorale del 1948.

Oooooooh!
Donne smettetela, non solo di andare procacemente in bicicletta, ma soprattutto di essere esigenti!!!

Giulia, la senilità è un dato di fatto, non una colpa. Attiva, arriva, magari si gestisce.
Ricordo una sera ad Otto e mezzo con Giuliano Ferrara. C'era il Cardinale Tonini orripilato perché non so dove stavano chiedendo di mettere gratis in farmacia certi farmaci motivanti per chi avesse più di 65 anni. Alla questione non sono personalmente interessato perché sto affrontando adesso le prime sfide della pubertà, quindi mi chiamo fuori.
Si capiva che a Tonini dava fastidio mon tanto il farmaco in sé, ma che delle persone di quell'età avessero ancora in mente (e non solo in mente) il sesso. Un giornalista impertinente (ogni tanto da Ferrara c'erano) gli disse: "Ma se non ci fosse stato il peccato originale, Adamo ed Eva farebbero sesso, nel Paradiso Terrestre?" L'uomo di chiesa rispose: "Sì, ma sarebbe suavior rispetto ad ora".
Un bel latinismo: facciamolo suavior e ci troveremo meglio, tranne le esigenti come certe Zuleykhe -non tutte, quelle del Reni basta chiacchierare.

grazie Zena e Giulia e saluti
Solimano

Silvia ha detto...

Concordo col Pestelli, anche se spesso noi donne non siamo nemmeno viste, anzi, nemmeno si sa della nostra esistenza in quanto tali, soprattutto in certi contesti. Altro discorso. E concordo soprattutto con Focillon, ricordandomi del giudizio squisitamente soggettivo che accompagna il termine bello. In queste splendide carrellate di Zuleykha, personaggio al quale mi sono affezionata ormai, ho ammirato opere notevoli, alcune straordinarie a parer mio, tutte "belle", perchè universalmente riconoscibili tali. Ma è l'ultimo Rembrandt, con la sua mazzolata travolgente che mi ha fatto sussultare. Coraggioso, provocatorio, dissacratorio. Di lui ricordo anche Danae, bellissimo dipinto, che pubblicasti in altra serie e che mi piacque più di altri.
Aspetto le altre due serie:)
Di Philipp Veit, a lato della pagina di Wikipedia dedidata alla Signora, avrai sicuramente pubblicato il dipinto. Però non lo ricordavo.

Solimano ha detto...

Silvia, il quadro di Philipp Veit non l'ho ancora inserito perché cerco di seguire - se possibile - la cronologia e il quadro di Veit è dell'inizio dell'Ottocento, mentre non sono arrivato ancora al Settecento.
Mi piace che ti sia piaciuta la distinzione fra vista e guardata: saper guardare è più avanti di saper vedere.
La Danae di Rembrandt? Sì, la ricordo bene, quasi come quella del nostro conterraneo: Antonio Allegri da Correggio, che spesso firmava così: laetus.

grazie Silvia e saluti
Solimano

Solimano ha detto...

Alberto mi ha gentilmente inviato una immagina moderna di Zuleykha. La si può trovarequi.

grazie Alberto e saluti
Solimano

Gauss ha detto...

Solimano, torno sulla storia della moglie di Putifarre perché, dopo averla osservata per settimane nelle belle immagini che ci proponi, mi è venuta la curiosità di andare anche a leggerla sulla Bibbia (Genesi 39,6-20):
Ed essa pose accanto a sé la veste di lui finché il padrone venne a casa. Allora gli disse le stesse cose: «Quel servo ebreo, che tu ci hai condotto in casa, mi si è accostato per scherzare con me. Ma appena io ho gridato e ho chiamato, ha abbandonato la veste presso di me ed è fuggito fuori».

Quindi, l’incontro - confronto a tre non c’e mai stato, quando Putifarre è entrato nell’alcova di sua moglie Giuseppe aveva già tagliato la corda. Rembrandt piega il racconto biblico al suo intento drammatico per evidenziare l’inganno della donna, non le permette di star lì da sola a sputtanare Giuseppe agli occhi del marito, sullo sfondo prospetta l’ombra defilata, perfino un po’ posticcia, più simbolica che reale, di Giuseppe ad avvertire Putifarre, e noi con lui, della falsità delle apparenze.

Di tutti gli autori che Solimano ci ha finora presentato, Rembrandt è quello che dimostra massima convinzione nell'innocenza di Giuseppe. Il volto della seduttrice respinta sembra divorato dalla febbre, e puzza di imbroglio il gesto delle mani, l’una a stringere il seno, l’altra ad indicare il mantello. Vien da pensare che ci sia Dante (Inferno XXX, 97-99) nei quadri di Rembrandt, sia in quello di Washington che in quello di Berlino:
L'una è la falsa ch'accusò Gioseppo;
l'altr' è 'l falso Sinon greco di Troia:
per febbre aguta gittan tanto leppo
.

Gauss

mazapegul ha detto...

Come hai ragione, Solimano, a dire che Rambrandt è realistico (nei volti e nelle loro stanchezze, per esempio) e che anche la luce, per innaturale che a volte possa sembrare, arriva nondimeno quotidianamente negli antri e sulle persone. Sarei per dire -ignorantemente- che Rembrandt è decisamente più "democratico" dei suoi colleghi bolognesi (di quelli contemporanei, ma anche di quelli che lo precedettero). Come democratico fu il Crespi, da noi così apprezzato.
Ciao,
Maz

Solimano ha detto...

Gauss, c'è una cosa curiosa. Su questo mito, ad oggi, non mi risulta che Rubens abbia fatto un quadro, mentre sul mito della casta Susanna ne fece almeno tre, tutti quadri ad alto livello, di cui almeno uno (quello di Madrid) fra i suoi quadri più belli in assoluto. Mentre Rembrandt fa quadri e disegni sull'uno e sull'altro tema.
Senza voler fare del gossip sull'arte, va ricordato che Rubens, in seconde nozze, si sposò cinquantenne con una ragazza di sedici anni, Helène Fourment, raffigurandola spesso nuda (la famosa Venere in pelliccia). Quindi, nella parte del vecchione si trovava a casa sua.
Ottima la citazione dantesca, che mi è venuta in mente solo leggendoti.
Comunque, io tifo per Zuleykha, ne vedremo ancora delle belle...

grazie Gauss e saluti
Solimano

Solimano ha detto...

Màz, dell'aspetto realistico, democratico, di Rembrandt, mi sono accorto diversi anni fa, quando comprai due corposi e magnifici volumi dell'editore Dover (nemmeno tanto cari): "Drawings of Rembrandt". Ho trasferito il mio accorgimento alla sua pittura, su cui allora la critica infieriva con lodi improprie ad uno spiritualismo, peggio ad un fuorimondismo, che era molto più nella testa di chi guardava che nella tela del pittore.
Sui bolognesi, non sono del tutto d'accordo con te, specie se si considerano Ludovico Carracci e il Guercino giovane, ma anche Annibale Carracci, buon amico personale del Caravaggio a Roma.
E' col Reni, con l'Albani, col Domenichino che si dà corso ad una aulicità, ad un classicismo, ad una sostenutezza che sarà dominante appunto fino all'arrivo del Crespi, nell'ultimo decennio del Seicento. Con qualche eccezione, però: a volte il Tiarini e anche il Burrini. Tutta grande pittura: Bologna, per quasi un secolo, ha avuto più centralità di Roma. Una minoranza delle opere sono ancora nelle chiese e nei palazzi bolognesi, ho avuto molte belle sorprese, e non è finita.
Leggeremo il Canonico Malvasia, una volta o l'altra, io non l'ho ancora fatto.

grazie Màz e saluti
Solimano

Anonimo ha detto...

E 'vero! L'idea di un buon supporto.
E 'vero! Ottima idea, sono d'accordo con lei.