sabato 23 gennaio 2010

"Dialogo sul tango" (4)

annalisa6604

Eccoci all'ultimo e quarto punto, molto più breve rispetto agli altri, nel quale parlo anche di "critica". Quella critica costruttiva che tanto aiuta a migliorarci e a crescere tecnicamente ma che comunque non può darci la capacità di "sentire".
Come ha scritto il maestro tanguero Horacio Ferrer, il tango «è anzitutto un modo di vivere, di muoversi e di sentire»......



4. Tecnica, critica ed “unità”
A volte si è più contenti di ricevere critiche costruttive che elogi, ma per quante critiche o considerazioni tecniche possiamo ricevere, potremmo solo migliorare tecnicamente ed essere ammirati per la capacità di scelta tempistica o di morbidezza di gesto: il difficile rimane quindi, in ogni caso, riuscire a trasmettere emozioni.

In totale accordo con i coniugi Dinzel, per me la ricerca della perfezione consiste dunque nel cercare di raggiungere il concetto di unità, di perseguire un'unica struttura dinamizzata; “quanto più i ballerini entrano in relazione tra loro, tanto più si perde la visione distinta di uno o dell'altra, che si fondono in un'unica relazione di coppia”.

Quando lo sviluppo del gesto comincia a essere il frutto di uno sforzo individuale, la coppia scompare e con essa anche l'emozione del tango.

Forse non ho toccato tutti i punti che avrei voluto e forse ce ne sono altri di cui dovrei discutere ma, per ora, mi fermo qui. Il mio intento era, infatti, soprattutto quello di far comprendere a quel mio amico tanguero la nostra convergenza di vedute, e spero proprio di esserci riuscita.

La mia lettera terminava così.
Qui vorrei solo aggiungere alcune parole conclusive e riassuntive.

Il tango, una cultura che ha radici profonde, richiede quindi tempi lunghi di apprendimento, di assimilazione e maturazione.
E’ una musica che si realizza in una danza di coppia a partire da un "abbraccio", procedendo con un “camminare insieme”, aggiungendo "combinazioni" le cui modalità sono determinate dalla creatività dell’uomo che "marca" e della donna che “ascolta”, suggerisce, abbellisce.
Il tango non può essere ridotto a figure e passi ed essendo un ballo in cui sono privilegiate l’improvvisazione e la comunicazione all’interno della coppia non può assolutamente avere sequenze o coreografie precostituite.
Non dovrà mai essere apprezzato e valutato per la "spettacolarità" di figure coreografate, ma per l'emozione che saprà trasmettre attraverso la capacità di dialogo, di intesa e di sintonia dei movimenti della coppia.

9 commenti:

Solimano ha detto...

Annalisa, a parte che intendo scrivere in questi giorni un post sulla mia esperienza di profano - non di catecumeno - qualche sera fa a Le Banque, l'argomento che mi interessa maggiormente è quello di come esplicitare alcune facoltà latenti in noi -non misteriose, latenti- che possono permetterci di vivere una vita più soddisfacente. Uso volutamente un aggettivo che non se la tira, ma che cammina nella direzione giusta. Ho avuto a lungo esperienze non libresche: lo yoga, l'apprendimento del saper guardare (migliaia di disegni), l'ascolto della musica dal vivo (più di 500 concerti in dieci anni) e non raramente, la conseguente esperienza del trance, e ci aggiungo due temi che sembrerebbero stonati - ma non lo sono - cioè lo scrivere (a volte) e l'oralità, cioè parlare in pubblico. Di un argomento molto importante non parlo, dico solo qual è: l'erotismo.
Cosa c'è in comune fra tutte queste attività, che sono collegate a facoltà latenti in noi? Una cosa, soprattutto: il protect me from what I want. Spesso lo studio, l'apprendimento, la necessità di erudizione (chiamiamola così) degenera in tecnicalità, in perfezionismi coreografici, in tanto bello che puzza, come se dovessimo tenere a freno il grillo parlante che è in noi, tutt'altro che latente. Dall'altro lato, esiste il rischio del jump to conclusion, cioè della leggerezza, superficialità, del vedo gente e faccio cose.
Qui mi fermo, perché stasera c'è una cena a Milano della compagnia degli otto, di cui non c'è nessuno originario di Milano! Riprenderemo domani.

grazie Annalisa e saluti
Solimano

annalisa6604 ha detto...

Solimano sono riuscita a "passare" solo oggi nel Blog e non ho quindi potuto rispondere al tuo commento.....perdono!!!!!
Aspetto con molta curiosità il tuo post sulla sera a Le Banque.......grazie annalisa6604

Solimano ha detto...

Annalisa, tu lavori troppo!
Vedo ogni giorno quanti articoli pubblichi nel sito di cui sei admin... così non trovi il tempo per noi.

Mi è toccato mettere le immagini piccole, ma appena passa il tourbillon Imageshak (di cui sto cercando di capire le cause... o la causa...) ci metterò quelle grandi.

Per il post su Le Banque toccherà aspettare un po', perché trovare il tono giusto non è facile, ma ti preannuncio che come immagini te la prenderai... hai presente Carlos Saura, Vittorio Storaro e Mia Maestro? Guardale di per sé, come opere d'arte a prescindere dalla passione tanguera, e ti piaceranno.

cari saluti, Annalisa
Solimano

Ulisse ha detto...

Ho letto con iniziale sufficienza le tue quattro riflessioni sul tango e, già dopo poche righe della prima, avevo cambiato radicalmente atteggiamento.
Sai coinvolgere molto bene anche chi è lontano dal tango perché metti nelle tue parole la carica di serietà che metti nel danzare e, in generale, in tutto quello che fai quando ciò che fai ti appassiona veramente.
Mi hai affascinato con i concetti che esprimi e ho notato che anche altri lettori sono stati suggestionati dalla tua allegoria del "dialogo". Bella, profonda, poetica! Brava Annalisa! Anche se ammetti che lo spunto non è tuo, tua è la penetrazione con cui esponi quel bellissimo concetto.
Chissà perché, l'accostamento tango-dialogo mi ha ricordato una lettura di molti anni fa dove si accostava il massaggio ad una danza (guarda un po'!).
Nelle espressioni umane non c'è mai nulla di banale e mettendoci fisicità, cuore e testa si raggiungono sempre le vette dell'arte.
Le tue quattro riflessioni sono la riprova che l'arte esiste anche nel tango. Eccome!
Marco

annalisa6604 ha detto...

grazie Marco...non ho parole per rispondere al tuo commento se non davvero un grazie per aver dedicato del tempo alla lettura di questi post che io pensavo invece troppo tecnici...il mio desiderio infatti era proprio quello di riuscire a "suggestionare" e a trasferire, in qualche modo, questa mia passione....allora a quando il primo "giro" di tango?
annalisa6604

sena.claudio@ymail.com ha detto...

Tango uguale dialogo? vero!
Nel momento in cui i due ballerini sono alla ricerca costante della reciproca comprensione, quando ad ogni azione dell'uno corrisponde una coerente re-azione dell'altro, allora sì : c'è dialogo.
Vorrei però ricordare che può accadere, tra due ballerini di Tango, di non riuscire a comprendersi, di avere livelli diversi di espressione o, addirittura, di utilizzare "lingue diverse".
Accade, ad esempio, quando si è alle prime prove sul campo e, invitati da chi è più esperto, non si è in grado di partecipare al dialogo di coppia.
E qui siamo nella normalità.
Ma accade frequentemente che l'incomprensione si verifichi tra ballerini che hanno più dimestichezza tecnica.
In questo caso, direi:
Tango = discussione!
E reggere una discussione è più impegnativo che "dialogare"....
cosa ne pensi, Annalisa?

annalisa6604 ha detto...

Scusami se non ti ho risposto subito ma ho preferito farlo con calma appena ho trovato un pò di tempo.
E vero che può risultare difficile riuscire a comprendersi, anzi è difficilissimo anche se a volte accade e accade più spesso a chi sa veramente dialogare con il corpo.
Lingua direi universale! Il dialogo che si esprime con il corpo è volto a cercare sempre un punto di contatto, un'armonia a prescindere dai diversi livelli di apprendimento (che invece costituiscono certo lingue diverse e incomprensibili). Se si riesce a dialogare con il corpo è davvero impossibile "discutere" o peggio "litigare"....questo può accadere e accade quasi sempre anche nel tango quando il dialogo si trasforma in "verbale"!
Ti ringrazio per le tue osservazioni e ti auguro di riuscire sempre di più a trovare chi davvero conosce questa "lingua"!
annalisa6604

Anonimo ha detto...

Ciao Annalisa,
ho trovato i tuoi scritti come composizione di un piccolo bignami per chi il tango già lo ama, e per chi si vuole avvicinare.
Efficace, condivisibile, giusto.
Mi permetto di aggiungere un aspetto che, personalmente, ritengo indispensabile. L'oblio. L'oblio di sè durante il ballo. La perdita, l'abbandono. Per me il tango è si dialogo, scambio, baratto ma in maniera incosciente, senza alcuna lucidità. Natura primitiva? Sensi nudi? Forse tutto questo è lettario, troppo letterario, ma è ciò che cerco. Ecco che allora non mi importa nulla dei virtuosi e dei virtuosismi. Amo il milonguero perchè è semplice, dunque bambino, dunque senza troppi pensieri, piani e strategie per la testa. Il corpo solo il corpo che si esprime. E se c'è chi considera tutto questo superficiale, o ancora di più sconveniente (santo cielo!), beh, non fa per me. Il corpo liberato dalla logica e dal controllo e molto più lirico di tante "istruzioni per l'uso".
Mi rendo conto che quanto ho scritto può apparire confuso, illogico e discutibile. Ma è proprio l'effetto che mi fa il tango. Mi perdo. Ed è in quel limbo di me che cerco gemme.

Toio ha detto...

Annalisa, le tue 4 riflessioni sul tango, mi sono piaciute, ma soprattutto mi è piaciuta l'ultima parte deve parli dell"abrazo" e della "caminada", che sono le prime parole-concetto che ho sentito quando ho scoperto il tango a Buenos Aires circa una ventina di anni fa. Senza quelle, tutto il resto può diventre solo un buon gesto atletico, ma non trasmettere tutte le emozioni di cui è portatore el "lenguaje" tango. Complimenti :-) Vittorio