domenica 31 gennaio 2010

Al principio ho temuto che fosse sola

Sgnapis

Immagine di Verderameblu (Marina)


Appesa al carrello della spesa, alto quasi come lei, sta immobile piantata sulle gambe incerte, ma che ricordano rami di quercia, antica forza, prima che il tempo ne rubasse la linfa.

Il mento a punta così piccino, è il confine di un volto dagli alti zigomi, seguiti da due guance pallide e scarne.

Lo sguardo è fisso, da pensiero altrove, posato sulla cassetta di zucchine.
Ci si fissa sulle cose presenti per perdersi nei pensieri, sempre che non si venga distratti dalla vita che scalpita davanti e dalla quale si vorrebbe fuggire.
A volte.

Gli occhi sono azzurro pastello e acquosi, come spesso sono gli occhi dei vecchi, destinati pare ad un imminente pianto fino alla fine dei loro giorni.
Occhi che hanno rubato le movenze dell’acqua, come altri occhi hanno carpito i profumi della terra, e altri ancora la follia del vento o il crepitio del fuoco.

Spunta lo sguardo assente, sotto lo spesso berretto di lana dello stesso colore, calato a coprire la fronte. Il pompon che svetta, così diverso da lei nella sua forma tonda, pare un grido di ribellione e giovinezza.

Il cappotto nero invece ha poca grazia nello starle addosso, anche lui catturato dalle zucchine, tanto che le grandi tasche non muovono nemmeno una piega.
Ricorda un uccellino del freddo.

Come destata da un sogno, volge lo sguardo oltre i carciofi, le cipolle tropea, i porri e i cavolfiori.

Bisbiglia qualcosa tra naso e mento che solo lei può udire, e usando il carrello come appoggio, circumnaviga lentamente il lungo banco della verdura fresca, per raggiungere un omino dal cappotto color cammello, poco più alto di lei, intento a soppesare i pomodori da sugo.

E’ talmente concentrato, che nemmeno la sente arrivare. Lei gli parla da dietro, appesa al carrello, lui sussulta, appeso ai pomodori.

Comprendo dal loro accostarsi, che hanno gli stessi orizzonti condivisi a popolare i loro silenzi.

Lui alza la testa e sfiora lo sguardo del mondo: anche i suoi occhi portano il segreto del mare.

9 commenti:

Solimano ha detto...

Grazie Silvia. Commenterò più tardi. Prima, desidero inserire qui Jacques Brel, un poeta che non ha avuto a disposizione il tempo per diventare vecchio:
qui

Les vieux

Les vieux ne parlent plus ou alors seulement parfois du bout des yeux
Même riches ils sont pauvres, ils n’ont plus d’illusions et n’ont qu’un cœur pour deux
Chez eux ça sent le thym, le propre, la lavande et le verbe d’antan
Que l’on vive à Paris on vit tous en province quand on vit trop longtemps
Est-ce d’avoir trop ri que leur voix se lézarde quand ils parlent d’hier
Et d’avoir trop pleuré que des larmes encore leur perlent aux paupières ?
Et s’ils tremblent un peu est-ce de voir vieillir la pendule d’argent
Qui ronronne au salon, qui dit oui qui dit non, qui dit : je vous attends ?

Les vieux ne rêvent plus, leurs livres s’ensommeillent, leurs pianos sont fermés
Le petit chat est mort, le muscat du dimanche ne les fait plus chanter
Les vieux ne bougent plus, leurs gestes ont trop de rides, leur monde est trop petit
Du lit à la fenêtre, puis du lit au fauteuil et puis du lit au lit
Et s’ils sortent encore bras dessus, bras dessous, tout habillés de raide
C’est pour suivre au soleil l’enterrement d’un plus vieux, l’enterrement d’une plus laide
Et le temps d’un sanglot, oublier toute une heure la pendule d’argent
Qui ronronne au salon, qui dit oui qui dit non, et puis qui les attend

Les vieux ne meurent pas, ils s’endorment un jour et dorment trop longtemps
Ils se tiennent la main, ils ont peur de se perdre et se perdent pourtant
Et l’autre reste là, le meilleur ou le pire, le doux ou le sévère
Cela n’importe pas, celui des deux qui reste se retrouve en enfer
Vous le verrez peut-être, vous la verrez parfois en pluie et en chagrin
Traverser le présent en s’excusant déjà de n’être pas plus loin
Et fuir devant vous une dernière fois la pendule d’argent
Qui ronronne au salon, qui dit oui qui dit non, qui leur dit : je t’attends
Qui ronronne au salon, qui dit oui qui dit non et puis qui nous attend.

saluti
Solimano

Emilia ha detto...

Silvia, che bello! Hai dipinto questi due vecchi con una tale sensibilità che è come se li avessi visti. Li ho visti quegli occhi che si perdono, che guardano ormai lontano, ma che possono essere risvegliati almeno per un attimo quando avviene un incontro. Quanta solitudine però li accompagna. Non era così. Oggi si vive più a lungo, ma a volte mi chiedo a che prezzo.
Si parla troppo poco di loro e sembrano abitare il nostro spazio quasi come ospiti troppo spesso non graditi.

Un abbraccio

Silvia ha detto...

Che pensiero delicato Solimano. Grazie.

Metto la traduzione per agevolare la comprensione, anche se prima, consiglio di leggerla a fil di voce.

I vecchi non parlano più o allora solamente a volte in punta d'occhi
Anche ricchi sono poveri, non hanno più illusioni e hanno in due un cuore solo
La loro casa odora di timo di pulito di lavanda e di verbi desueti
Anche vivendo a Parigi, si tutti in provincia quando si vive troppo
E' per aver troppo riso che le loro voci si screziano quando parlano di ieri
E per aver troppo pianto che ancora le lacrime gli perlano gli occhi
E se tremano un po' è nel vedere invecchiare la pendola d'argento
Che russa nel salotto, dice sì, dice no, dice io vi aspetto

I vecchi non sognano più, i libri insonnoliti, i pianoforti chiusi
Il gattino è morto, il moscato della domenica non li fa più cantare
I vecchi non si muovono più, i gesti han troppo rughe il mondo è troppo piccolo
Dal letto alla finestra, poi dal letto alla poltrona, poi dal letto al letto
E se escono ancora tutti e due a braccetto, vestiti a puntino
E' per seguire al sole il funerale di uno più vecchio il funerale di una più brutta
E il tempo di un singhiozzo dimenticare per un'ora intera la pendola d'argento
Che russa nel salotto, dice sì, dice no e poi li aspetta

I vecchi non muoiono, un giorno si addormentano e dormono troppo
Si tengono per mano, han paura di perdersi e si perdono malgrado tutto
E l'altro rimane lì, il migliore o il peggiore, il tenero o il severo
Non è questo che importa, quello dei due che resta si ritrova all'inferno
Voi lo vedrete forse, voi la vedrete a volte nella pioggia e nel dolore
Attraversare il presente scusandosi già di non essere oltre
E sfuggire innanzi a voi per l'ultima volta la pendola d'argento
Che russa nel salotto, dice sì, dice no, dice loro "ti aspetto"
Che ronza nel salotto, dice sì, dice no, e poi ci aspetta.


...

Giulia mia, ora i vecchi sono buoni per la loro pensione. Sono gli unici a reddito fisso, anche se misero, e tutti vogliono spedirli in crociera, vendere loro pentole, organizzare gite, frizzi e lazzi. Molti li truffano in modo ignobile.
E poi sono i dimenticati, coloro che muoiono soli, e se ne accorge la portiera per lo strano odore che c'è sulle scale. O in un ospizio, luogo terribile, ove entrando, ci si rende conto perchè i vecchi indiani preferivano andare in mezzo alla prateria e farsi sbranare dalle fiere.
Alcuni vecchini che incontro, sono deliziosi e passerei giorni a ritrarli. Non ho tempo:(
Grazie:*

zena ha detto...

Tu lo sai già, vero, che misto di dolcezza e di malinconia mi muove questo acquarello delicato.
Ti abbraccio anche per questo, non solo per pensieri che mi arrivano dalla Libreria:)
z.

Solimano ha detto...

Eppure.
Sta succedendo una cosa strana.
Quasi ogni giorno, mi capita di incontrare persone nella fascia dei cinquant'anni - esclusi i presenti e le presenti - e di vederli in serie difficoltà (parlo della cosiddetta psiche): piega amara alle labbra, sguardo sfuggente, fretta immotivata, silenzi barbogi, ripetitività, modo di girare le pagine del giornale, voglia di attaccar briga alle poste o al supermercato... Ho seguito dei corsi di body language e servono, se fatti da chi veramente conosce l'importanza della comunicazione non verbale.
Perché, mi chiedo. Forse è un'età difficile da indossare: tollerato sul lavoro, tollerato in famiglia... avverti la discesa e vorresti essere ancora in salita.
O un Sessantotto mal digerito e non più mitizzabile.
Tristi.

Per quello che mi riguarda, il patto col mio amico Silvio, di avvertirci l'un col l'altro dei primi (o secondi? o terzi?) segni di rincoglionimento funziona, a parte che in lui noto qualche segno, ma non oso dirglielo e lui da un po' di tempo mi guarda in modo strano... che abbia notato qualche segno in me? Me lo direbbe... o non osa di dirmelo neppure lui?
Meglio un po' ricoglioniti che tristi, comunque.

grazie Silvia e saluti
Solimano

Silvia ha detto...

Ti abbraccio anch'io cara:)

Solimano non saprei. Sì credo che tu abbia ragione, ma non ne farei una questione generazionale. Io che vedo tante persone al giorno, constato che molte sono come dici tu, ma di tutte le età. Io non credo che si possa essere felici con tre cellulari che squillano contemporaneamente, per comunicare spesso cose inutili. Creano l'illusione di essere al centro delle cose, in realtà rubano la libertà e la sospensione. La gente secondo me non si da più il tempo di riflettere, è un esercizio che non conosce più e quando per sbaglio si trova da sola e col cellulare spento s'intristisce. Ha qualcosa di carino, importante, gratificante, a cui pensare? O meglio: sa cosa ha attorno, su cui pensare?
Non lo so francamente, avverto molta confusione sulle cause e sugli effetti.
Io vedo tanti cinquantenni iperpalestrati, indaffarati, abbronzati e fisicati che pare abbiano dimenticato cosa erano 30 anni fa. Ma così anche sessantenni e settantenni, che anzi, forse sono i peggiori da questo punto di vista. Gli irriducibili come li definisco io. E dai 40 anni in giù sono tutti stressatissimi, arrabbiati, isterici, maleducati, prepotenti. Io di persone contente, serenemente consapevoli, ne vedo davvero poche, pochissime.

Solimano ha detto...

Silvia, è vero, non è una questione generazionale, se non altro perché la coglioneria piove che è una bellezza a tutte le età (coglioneria e rincoglionimento non sono sinonimi).

Occorrono due cose, apparentemente in contrasto fra di loro: sapere stare da soli e sapere stare in compagnia. Occhio, non è un discorso alla Catalano: oggi, se si sta da soli, la cosa è percepita come se fosse una situazione da modificare... e si corre a cercare una compagnia purchessia. Naturalmente superficiale. Nel successo di Facebook e delle altre menate del genere (contro cui personalmente non ho niente, semplicemente non ho tempo per loro) leggo un frenetico disagio... come se fosse facile stabilire dei rapporti con un minimo di sodezza.
La cosa fondamentale la vedo non nel tempo libero e nell'impiego che se ne fa, ma nel lavoro, oggi nettamente meno gratificante e a rischio di essere perduto. Le amicizie migliori si facevano sul lavoro (anche gli amori). Io ragiono in modo diverso perché le amicizie, i rapporti che ho mi si sono costruiti addosso attraverso decenni. E trovarsi con persone -uomini e donne - con cui puoi parlare sia dei massimi sistemi che dei minimi dettagli (importantissimi!) è gratificante: diciamo quello che pensiamo e non ci freghiamo a vicenda. Dimmi te se oggi, ad esempio in rete, è così. Però occorre qualche scelta inusuale: Màz non ha la televisione, io non ho il cellulare.
Si può fare tanto, ma bisogna essere attrezzati con una vita reale come minimo coinvolgente bella-brutta ma non superficiale. Infine, scusa la lunghezza, si dà troppo peso all'opinione altrui, sembra che si esista solo se Tizio, Caia o Sempronio parlano bene di noi: nel mondo blogghiere (e credo anche facebookiano) quasi tutti vivono fra color che son sospesi: ma perché? Perché il sistema delle amicizie e dei commenti di scambio ci è piovuto addosso e lo abbiamo accettato come un dato immodificabile, mentre è una astuzia di marketing (hardware e sofware) per far andare tutti di corsa: movimento, movimento!
Già i sitaioli questo imprinting non ce l'hanno (pro e contro).

gracie Silvia e saluti
Solimano

Silvia ha detto...

Facebook ha quasi colonizzato l’Europa e si appresta ad estendersi ovunque, nel tentativo di spodestare i social network locali
- QQ, domina in Cina e con i suoi 300 milioni di utenti è il più grande social network del pianeta
- MySpace ha perso la sua leadership ovunque (eccetto nell’isola di Guam)
- V Kontakte la fa da padrone nei territori della Russia
- Orkut rimane forte in India e Brasile
- Hi5 resiste in Peru, Colombia, Ecuador e in altre nazioni come il Portogallo, la Mongolia e la Romania
- Odnoklassniki sopravvive in alcune repubbliche dell’ex Unione Sovietica
- Maktoob rimane la più importante community araba.

Queste cose tu le sai già Solimano.
Condivido la tua avversione per FB è una macro trappola, uno dei tanti pifferai magici del terzo millennio, per citare una favola che a me piace tanto.
Non avere la tv o il cell. è una scelta, possederli non significa esserne schiavi per forza, basta tenerli spenti quando si ritiene di averne diritto. Tutto e sempre dipende da quanto si riesce a rimanere obiettivi malgrado il condizionamento psicologico e relativo bombardamento a cui siamo sottoposti tutti i giorni.
Una come me, che a casa ho il telefono fisso,bazzico in azienda che ha un centralino uguale a quello della nasa, quasi 10 ore al gg. potrò bene tenere il cellulare spento quando voglio fare i miei, vero? Certo che sì. Perchè io ho un grande desiderio di farmi i miei. Però è stato assai utile, quando dovevo correre da un ospedale all'altro, ed essendo figlia unica non potevo delegare nessun altro. Come avrebbero potuto rintracciarmi altrimenti? La solitudine, ovvero tempo prezioso per fare i propri, è vissuta come un incubo.
Mancano i luoghi di condivisione di una volta, dall'aia della nonna, al cortile e i campi per i bambini, al circolo ricreativo dopolavoro, dalla sezione, al pomeriggio in parrocchia. Ora c'è internet, che senza guardare in faccia nessuno, fa quello che può con tutti i limiti del mezzo. Potentissimo comunque.
Ho sempre creduto che sul lavoro le uniche relazioni più frequenti fossero quelle extraconiugali, perchè solo l'attrazione sessuale può livellare i meccanismi di rivalità, di invidia e di prevaricazione che sui luoghi di lavoro sono all'ordine del giorno. Sono poche in percentuale purtroppo, le persone che svolgono un lavoro che gli piace e dal quale traggono soddisfazione. Nel migliore dei casi e nella maggioranza dei casi, svolgono un lavoro per avere uno stipendio a fine mese, e avercene al girono d'oggi! Ma i sogni, i desideri, i riscatti personali, sono rivolti altrove. In tanti anni di lavoro ho visto raramente rapporti fatti di stima e rispetto, molti rapporti naufragati in storie spiacevolissime anche in aule di tribunale, e rarissimi rapporti amicali. Le aziende non hanno interesse che i dipendenti fraternizzino:), anzi ne hanno paura.
I meccanismi dei commenti sono sempre gli stessi e ormai noti. Anche qui ognuno si regola come meglio crede e per lo scopo che vuole raggiungere.
Anche qui, con pazienza si può leggere tra le righe con chi si pensa di poter avere affinità oppure no.
Con pazienza, tempo, e attenzione si possono intrecciare relazioni che saranno per la vita.
I commenti che piaccia o no, stabiliscono l'attenzione e il riguardo che qualcuno ha nei nostri confronti o che noi abbiamo nei confronti degli altri. Non c'è pezza.

Solimano ha detto...

Silvia, tutto vero, ma queste storie delle community a me fanno sogghignare.
Come tutte le storie sul misurare la potenza (eh... eh...) di un sito o di un blog dal numero di citazioni che se ne fa in giro.
I numeri seri mi stanno bene, ai numeri farlocchi faccio marameo.
Un movimentismo frenetico e ridicolo, ci fosse almeno dietro un discorso di pubblicità lo capirei (anche se su AEP non la metto).
Correre dal nulla al nulla fritto non ha senso, è un utilizzo distorto, nevrotico, in fondo stupido della rete. Non mi interessa, non ne ho bisogno. Commento in quattro o cinque blog, il che vuol dire che leggo attentamente il post, cerco di scrivere qualcosa di sensato, di conoscere e farmi conoscere, lì, dal blogghiere e dagli altri che commentano. Guarda che ci vuole del tempo, a fare così (che è un po' quello che facciamo qui). Probabilmente ragiono così perché non ho bisogno di fare diversamente. Ma anche se ce l'avessi, 'sto bisogno, ma chi me lo fa fare, di conoscere 200 persone invece di 50? Conoscenza... poi... per modo di dire: toccata e fuga. Non pretendo che gli altri pensino come me, dico che piuttosto di fare corse e rincorse meglio andare a spasso, che oggi è un po' meno freddo di ieri. Ci sarà un motivo, per cui il branco primigenio era di 80 individui, non di più. Il termine pifferaio è quello più giusto: tutti dietro, senza chiedersi che piacere o vantaggio ne traggono!

grazie Silvia e saluti
Solimano