domenica 13 dicembre 2009

gita a Venezia

ac

Mia cugina Elda, personcina squisita, qualche anno fa si è trasferita a Venezia. ha sistemato con grande garbo una deliziosa casina veneziana, con tanto di portegheto e di altana.

sincronizzando opportunamente le agende la presta volentieri ad amici e parenti disponibili ad un minimo di baby-sitting della casina medesima delle piante e della gatta.

Finalmente, così, siamo usciti dal tunnell-l-l-l della mafia dei portieri d'albergo, briganti tagliagole che dovevi ringraziare con la faccia per terra per averti stivato, a carissimo prezzo, in cinque persone in una stanza; o dell'iter interruptum, una meta intermedia, fosse Padova o Vicenza, e pendolamento nei giorni successivi.

magari con risvolti interessanti, come una memorabile rappresentazione, una notturna de la finta giardiniera di Mozart ghermita al volo in un giardino vicentino.

anche questa volta è stata l'occasione per rivedere tante belle cose, vederne alcune per la prima volta, come la punta della dogana, o come l'atelier Vedova ai magazzini del sale;

a chi avesse l'occasione nel prossimo futuro raccomando una mostra eccellente, al museo diocesano, per i mille anni della basilica di Torcello: una serie numerosa di oggetti di straordinaria bellezza. abbiamo anche rivisto dopo tanto tempo cose che non abbiamo apprezzato, come i conti virtuali al ristorante, scarabocchiati a mano libera sul retro di pizzini anonimi, o addirittura ridotti alla sola cifra totale fatta trascorrere davanti ai nostri occhi come nella processione del santo patrono. una prece.

ac

8 commenti:

Solimano ha detto...

Alberto, sui famigerati portieri d'albergo veneziani, noi abbiamo fatto vendetta diversi anni fa.
Eravamo sul lago di Garda, e con la scusa della motivazione degli allievi, organizzammo a spese dalla ditta un pulmann per il Carnevale di Venazia. Pioveva un'acqua del diavolo (per fortuna l'acqua alta arrivò il giorno dopo) e, dal non saper che fare, i tre Class Manager (quorum ego) organizzarono un giro nostro stile Esercito della Salvezza. Perché in chi lavorava nelle multinazionali d'antan ci dovevano essere le due componenti mischiate inscindibilmente: quella del gangster sofisticato e quella dell'ardente missionario salvifico.
Giuseppe (Gauss) e Giorgio (Ottavio) diranno di no, ma interiormente sanno che era così.
Allora noi tre, l'angelo, lo squallido e il confessore (così ci chiamavano, girammo per le calli più strette, e quando compariva il solito alberghetto carissimo, l'angelo spalancava la porta e guardando il portiere con aria sdegnata diceva: "Squallidi alberghi ad ore per amori mercenari. Vergogna!!!" E lo squallido e il confessore assentivano serissimi (l'alta statura aiuta in simili contingenze). Ne spazzolammo sette, poi ci fermammo, temevamo che si passassero voce e organizzassero ronde. Ma ti lascio immaginare gli occhi sbarrati dei sette portieri.

Però a conoscerla bene. Venezia è ancora una meraviglia: prediligo il Carpaccio di San Giorgio degli Schiavoni e il Veronese della Chiesa di San Sebastiano, vicino alla Giudecca. Due posti lievemente fuori mano, ma basta allontanarsi 200 metri da San Marco e si gira benissimo. Noi ci andavamo ogni anno per quattro giorni attorno all'8 dicembre: quattro famiglie per un totale di sedici persone.

grazie Alberto e saluti
Solimano

Anonimo ha detto...

facciamo così:
io ti lascio, con rammarico, il Veronese,
ma tu togli le zampe
dal Carpaccio di san Giorgio agli Schiavoni,
mio per diritto divino:
mi è apparso in sogno,
il Vittore Scarpazza medesimo,
e mi ha affidato in proprietà perpetua,
tutto il ciclo di pitture,
forse il meglio che sia mai stato dipinto.

una mattina ero lì fuori
che arringavo un po' di amici e parenti,
e si è fermato a darmi ragione
un antiquario veneziano,
mi pare si chiamasse Morosini,
che ci ha intrattenuti qualche momento
raccontandoci qualche storia curiosa
della Serenissima.
ma di questo vi racconterò un'altra volta

ac

Solimano ha detto...

Eh, no Alberto! Sul Carpaccio ci sono arrivato io e ne ho le prove scritte. Il 18 ottobre 2003 pubblicavo il primo Bel Momento, proprio sul Carpaccio agli Schiavoni, e lo trovi qui.

Ai pittori di Venezia evidentemente sono affezionato: il Veronese nella Chiesa di San Sebastiano lo trovi qui, e il Tiepolo a Palazzo Labia eccolo
qui. Si tratta di due post che ampliano e sviluppano l'idea originaria dei Bei Momenti.

saluti Alberto
Solimano

Anonimo ha detto...

ok,
domattina alle 4.00
dietro il convento delle carmelitane scalze.
portati i padrini
e un ferro bugio, lungo da due braccia

a

Silvia ha detto...

Il vincitore? Parli per primo, che l'altro mi sa, non sarebbe più in grado:)
Venezia è bella quanto è faticosa. Per cui è bellissima. Ho smesso di andare molti anni or sono, quando ho rischiato di morire soffocata dalla calca. Però fu un carnevale memorabile. Il tema era la morte e io volevo attenermi scrupolosamente.
Volevo andare con mamma la primavera scorsa, mi piacerebbe ripensarci per la prossima, ma senza appoggio di casetta e portegheto la vedo come un'impresa impossibile. E poi questa storia dei pizzini col totale, sempre vertiginoso è vero, e si mangia pure da schifo spesso e volentieri.
Peccato.

Barbara Cerquetti ha detto...

A Venezia io ci sono stata solo una volta.
Avevo otto anni.
Mi avevano mandato in colonia all'Abetone, per un mese. Quando sono tornati a prendermi i miei genitori furono assaliti da mille sensi di colpa perchè mi ritrovarono denutrita, sporca e piena di croste purulente. Incerti se denunciare quelli della colonia oppure coccolarmi indegnamente per compensare il rimorso decisero per la seconda e così mi portarono "in premio" a Venezia.
Io ricordo solo :

-acqua sporca
-pesci morti che galleggiavano
-piccioni famelici
-puzza di muffa
-me che pensavo : "se questo è un premio, dio mi guardi dalle punizioni!".

Forse dovrei considerare l'idea di dargli una seconda chance.

Anonimo ha detto...

a Silvia dirò
che la sfida non era all'ultimo sangue,
così possiamo parlare tutti e due.

e che non è vero che si mangi sempre male
e a carissimo prezzo:
basta rifiutarsi di mangiare
le terrificanti pizze
da consumare in piedi come i cavalli
e cercare, in direzione perpendicolare allo struscio
i posti dove mangiano i veneziani veri.
a Barbara che, ogni tanto,
a riprovare non si sbaglia,
e che, spazzando via le porcherie,
qualcosa di buono si finisce per trovare

Silvia ha detto...

Sapere che non era un duello all'ultimo sangue mi solleva Alberto.

Comprendo il tuo amore per Venezia e come darti torto, è unica al mondo. Solo l'arcipelago meriterebbe un viaggio specifico e approfondito. Se avessi tempo! Organizzandomi i viaggi da sola dalla tenera età di 18 anni, come viaggiatrice, ho acquisito una certa esperienza e credo di sapermi destreggiare abbastanza bene sia nelle città d'arte, che nei paesini di montagna, nei paesini anonimi, nelle città di mare, insomma un po' ovunque. Di norma parto da casa con le idee abbastanza chiare, dopo aver letto un po' di cose e controllato orari, luoghi da visitare, mezzi di trasporto utilizzabili, mappe stradali, ubicazioni dei palazzi e cose così.
Adesso poi che c'è il satellite è un gioco da ragazzi. Cerco di presumere i flussi migratori dei turisti, i picchi di affluenza, contando che di solito cerco di andare nei luoghi molto famosi solo su prenotazione e sempre nei giorni feriali. Se ho la fortuna di conoscere un abitante o amico di, o cugino di qualcuno che risiede dove devo andare, non esito a torturarlo con mille domande. Questo di norma funziona un po' ovunque tranne che a Venezia. C'è sempre una calca tale che è impossibile fare previsioni e partire con un minimo di organizzazione. E per me che spesso non ho molto tempo a disposizione la cosa è d'importanza vitale a tal punto che Venezia rimane un nome sulla cartina stradale. I luoghi prettamente turistici mi prendono solo per stanchezza, come le pizzette striminzite a dieci euro il centimetro quadrato, manco fosse un appartamento a NY. Però,andando anche un po' fuori rotta, in luoghi semi nascosti e raccomandati non sono stata molto fortunata a Venezia, nè per la qualità, nè per il prezzo, elevatissimo rappportato al livello del cibo e del servizio. Lo so, mi avrà tradita l'accento marcatamente emiliano. Ho pensato che i veneziani ce l'avessro a morte con noi emiliani o forse sono stata semplicemente sfortunata. Invece sia di Padova che di Verona conservo ricordi molto piacevoli.
Non è finita comunque. Voglio portare mia madre a Venezia, che non l'ha mai vista e in un qualche modo, ce la farò.