mercoledì 7 ottobre 2009

Un piccolo squarcio di cielo

Giulia

Sto lavorando in questi giorni perché dovrò intervenire nella mia città ad un convegno sull’handicap intellettivo. Ho ripercorso così le tappe di questi ultimi decenni che hanno visto molti di noi lottare per l’inserimento nella società di chi era relegato negli istituti. Al di là dei passi indietro, delle tante cose ancora da fare, dei diritti ancora da conquistare, sicuramente si sono fatti grandi passi.
Vi lascio una frase di Norberto Bobbio che mi ha sempre confortato nei momenti più difficili: «Mi sento abbastanza tranquillo nell'afferma­re che la parte oscura della storia dell'uomo sia ben più ampia di quella chiara. Ma non posso ne­gare che una faccia chiara sia apparsa di tanto in tanto, sebbene per breve durata. Anche oggi che l'intero corso storico dell'umanità sembra minac­ciato di morte, vi sono zone di luce di cui il più convinto pessimista non può tener conto». E ve­de come zone di luce proprio «l'interesse cre­scente di movimenti, partiti e governi, per l'affer­mazione, il riconoscimento, la protezione dei di­ritti dell'uomo»
Si fanno molte parole che non hanno però la capacità di costruire, di impegnarsi anche nelle piccole cose, se non c’è spazio per le più grandi.
Zone di luce sono state sicuramente quelle che hanno visto molti uo­mini e donne impegnarsi perché si riconoscessero diritti ai soggetti più deboli dopo che per molti secoli erano rimasti segregati in istituti appositamente costruiti. L'atteggia­mento sempre solo pessimistico, quasi ca­tastrofico di certi intellettuali, che di fatto non intravedono neanche la possibilità di un cambiamento, al di là delle situazioni anche molto gravi, non fa che ritardare con il loro scetticismo, la loro indolen­za e soprattutto la loro immobilità la realizzazione di quei mezzi che potrebbero assicurare la realizzazione con­creta di una società migliore.
In questa occasione ho rincontrato tanti uomini e donne che oggi vivono fuori dagli istituti e molti genitori che lottano per i figli se non sono in grado di farlo in prima persona. Conducono una vita dura, ma sicuramente migliore di quella del passato e soprattutto, nonostante i loro problemi continuano nel silenzio stampa a lottare. Questo è stato per me motivo di gioia e di speranza, quella attiva e costruttiva di cui ho parlato tempo fa. Un piccolo squarcio di cielo.
Spero che voi col cuore venerdì mattina mi siate vicino perchè ho bisogno di quel coraggio che viene solo da chi condivide con te qualcosa di importante.


11 commenti:

zena ha detto...

Sulla strada così difficile del rispetto dei diritti e della costruzione delle opportunità, si procede a piccoli passi: ogni passo corrisponde a un Km, cara Emilia, per fatica e importanza.
I più deboli sono invisibili ai potenti: non fanno business, non portano prestigio, non fanno immagine.
Ti penserò e ti sosterrò a distanza.
E vorrei tanto che la distanza diventasse vicinanza, una volta o l'altra, finalmente: avresti molte cose da scambiare con mio marito,'antico' judoka che da una vita cerca di offrire ai ragazzi disabili occasioni di sport e di valorizzazione/conoscenza/autonomia, attraverso il judo.
Ha fatto studi e ricerche, ma soprattutto cerca di praticare quello che sente e impara.
A Torino c'è un gruppo
molto valido che lavora in questa direzione.
Piccole esperienze che esulano dalle parole e aderiscono ai fatti e al fare.

In bocca al lupo, allora.

Silvia ha detto...

Nella casa che fu di Hitler, ora c'è un centro ricreativo per diversamente abili. Credo che noi umani abbiamo il dovere di evolverci e magari in meglio. Sempre.
Per cui il tuo lavoro è assai prezioso amica mia, proprio per questo processo necessario.
Sono certa che andrà benissimo e io manco a dirlo, sai che sono lì.
Poi un giorno ne parlerai più ampiamente mi auguro. M'interessa molto.
Un abbraccio grande.

Solimano ha detto...

Ho un amico più anziano di me che per tutta la vita si è dovuto occupare di sua figlia, nata down (tendenzialmente non uso gli eufemismi, ma rispetto chi lo fa).
La moglie è scomparsa presto, quindi il tempo assorbito è cresciuto, e ci teneva a mostrarsi capace nel suo lavoro alla multinazionale.
Chi non l'ha conosciuto potrebbe dire: "Che vita d'inferno!"
Non è stato così, ancor oggi non è così, perché la situazione (accettata nella sua interezza) gli ha dato una forza nell'affrontare le difficoltà normali della vita del tutto impensabile per chi non si è trovato di fronte ad una sfida così grossa.

Contano le organizzazioni, conta ancor più l'esempio: ricordo il giorno d'inizio del primo corso a cui patrecipava a titolo pieno un non vedente (avevano progettato il terminale video apposta). Arrivò tenuto sottobraccio dal Direttore della Formazione non per pietismo o che né per sfoggio benefico. Con naturalezza. E per i cinque mesi e più del corso non ci fu nessun problema di accompagnarlo dovunque da parte dei compagni di corso. Con naturalezza.
Diversamente abili siamo tutti, chi per un motivo chi per un'altro, ma facciamo finta che non sia così, perché temiamo i nostri lati deboli e cerchiamo di esternalizzarli su qualcuno da compatire, da emarginare, persino da insultare.

grazie Giulia e saluti
Solimano

Anonimo ha detto...

Cara Zena, si procede davvero a piccoli passi e a volte si cammina come i gamberi. Ma è vero che qualcosa rimane di buono delle lotte che si fanno non solo ideologiche. Ripercorrere le tappe in questi giorni mi ha fatto bene. Poi bisogna continuare, senza paura, senza stancarsi, perchè forse è proprio vero che la lotta è vita, non è sofferenza.
Anche io vorrei tanto che la lontananza diventasse vicinanza, ma verrò a conoscere anche tuo marito: con tutti e due mi sembra di avere molte cose che ci accomunano. Le occasioni di sport per i disabili sono veramente ottime. Poi mi racconterete...
Vi racconterò.
Silvia cara, sarebbe bello che in quella casa ci fosse un centro ricreativo per tutti e che i disabili potessero giocare insieme agli altri, ma questo è un obiettivo che purtroppo con i tempi che corrono abbiamo perso per strada.
Sicuramente se vuoi ti racconterò tutto... Su questo ho una gran voglia di parlare.

I ragazzi down o portatori di handicap in generale hanno risorse, caro Solimano, che a chi vuole scoprirle sono bellissime. Certo, quando si sentono rifiutati, non solo non vengono fuori ma possono anche diventare aggressivi o peggio chiudersi in se stessi. Non amo il pietismo, ma quella naturalezza dei rapporti che nascono solo se uno ha voglia di viverli.

Vi abbraccio tutti

Solimano ha detto...

Giulia, inserisco un episodio in positivo. Le due persone le incontro spesso per strada, in particolare al "Camion della frutta", che è il titolo della Novelletta degli Odori numero 47 per cui l'ho scritto. E' del tutto autentico.

"Lì incontro spesso due personaggi noti a tutti, il primo è Lamberto, nom de plume. Per anni l’ho scambiato per un adolescente, ma Lamberto di anni ne ha cinquantadue appena compiuti. Gira a piedi col casco in testa, il casco ha la protezione di una ampia griglia di ferro davanti alla faccia. Spesso ha anche una griglia del genere sul gomito del braccio destro. Lamberto ha degli attacchi di panico, ogni tanto, specie quando sente suonare forte il clacson di un’auto. Alza gli occhi al cielo e cade per terra, le griglie lo aiutano a non farsi male. Se ne sta vicino al camion, aiuta Antonio e dice la sua su tutto, in una lingua che solo i brianzoli capiscono. Lo trattano bene senza complimenti, ma con tolleranza piena; un mese fa spostando una cassetta di cachi è inciampato ed i cachi e lui sono finiti per terra. Nessuno ha riso o si è agitato, hanno semplicemente dato una mano a Lamberto, che era rosso di vergogna. Poi c’è la Piccola Signora, alta meno di un metro, avrà cinquantacinque anni, va in giro con la bici Graziella - quella delle bambine - e con due borsone che messe una sopra l’altra sono alte come lei. La Piccola Signora è intelligente e vivace, la sua opinione è ascoltata con attenzione da tutti; sempre spiritosa, mai sarcastica. Ama la vita, è una curiosona che si interessa di tutto, l’ho vista persino firmare le liste elettorali dell’Italia dei Valori, portando il braccio più in alto della testa per arrivare al tavolo, per lei una abitudine".

Ma dico anche un episodio in negativo. Dopo la giornata di lavoro si usciva a passeggio per il centro delle città (in quel caso Verona). Sull'altro marciapiede c'era un gruppetto di colleghi, fra cui anche Sabbioni, stimato da tutti, ma sciancato dalla nascita. E il più in carriera fra di noi, Belotti, fece di tutto per non vederli: gli seccava andare a passeggio con uno sciancato, di cui magari il giorno dopo avrebbe chiesto un indispensabile servizio sul lavoro.

saluti Giulia
Solimano

Barbara Cerquetti ha detto...

Che argomento difficile.

Ricordo che quando ero piccola si usava ancora la parola (orribile) "infelici", che per fortuna da qualche anno non sento più.

Quando ero piccola una volta, in vacanza, rischiai di affogare in una piscina. Tanto mi spaventai che rifiutai a lungo di rivolgere la parola a chiunque. L'unica che riuscì a consolarmi e a farmi rientrare in acqua fu una ragazza che avevo conosciuto in quel villaggio turistico, una ragazza che allora veniva definita proprio con quella brutta parola. Mi rimase tanto impressa, anche se non ne ricordo il nome, perchè ad una prima vista la sua condizione era davvero infelice: intelligentissima ma costretta in un corpo-prigione.
Eppure tra tanti è stata l'unica a saper parlare ad una bambina spaventata. E me la ricordo come una ragazza piena di forza e di vita.

Però mi ricordo anche una famiglia che ho conosciuto alcuni anni dopo. Una famiglia con una figlia assolutamente ingestibile. E ricordo bene la loro stanchezza, la frustrazione, i pomeriggi estenuanti, la mancanza di risultati. E non lo auguro a nessuno.
E penso che per chi sta così gli aiuti non siano mai abbastanza.

Quindi Giulia, anche se i progressi sono pochi, non arrenderti mai.

mazapegul ha detto...

Giulia, scusa il ritardo nel commento. Domani mattina penserò a te sul campo di battaglia.
Tra tante cose variamente inutili che potrei aggiungere a commento, ne riporto solo due, forse meno inutili e comunque più recenti.

Negli ultimi mesi incontro spesso in corriera una ragazzetta down, che lavora in una fabbrica qui vicino (sto sempre a origliare) e che si fa sempre accompagnare a casa da un signore, che da come parla (sicuro, senza timidezze, amichevole, ma sbrigativamente pratico) sembra essere un professionista; assistente o psicologo. Sta imparando, la ragazzetta, a tornare a casa da sola, ricordandosi di scendere dove deve, non di seguire la fantasia sino al capolinea -10 chilometri più in là.
E' una ragazzina allegra, molto caciarona, che in corriera conosce un sacco di gente, e che di tanto in tanto si mette a chiaccherare (ad altissima voce) con gli ex compagni di scuola che incontra. Ride sempre, anche sotto il broncio che mette quando il suo accompagnatore la sgrida (l'ultima volta, perché lei s'era seduta di fianco a un giovane straniero e non l'aveva mollato un attimo). E' anche una ragazza carina, con occhi vivacissimi e sempre in movimento. L'ho vista sempre parlare con degli uomini, con cui mette su un atteggiamento di aperta seduzione.
L'estate scorsa, alla festa dell'unità, era venuta al ristorante dove lavoravo e m'aveva attaccato un bottone chilometrico: sul lavoro che fa, ma preferisce scrivere testi di canzoni, magarì andrà in televisione...
E' l'unica presenza veramente allegra della 101 e, quando c'è lei, smetto di leggere e mi metto ad ascoltare.

L'integrazione di questi ragazzetti a scuola, poi al lavoro: ne è valsa la pena. A beneficio loro, dei compagni e di tutti i pendolari della padania industriale.

L'altra notizia me l'ha data stasera un assessore del nostro comune. Dal prossimo anno, in seguito ai mancati trasferimenti e per non tagliare troppo la sanità, la regione procederà a tagli draconiani su tutto il resto. Nel resto ci sta tutta l'assistenza sociale.

Ciao e buona conferenza,
Maz

Habanera ha detto...

Ti sarò vicina anch'io, Giulia, con gratitudine ed ammirazione per come sei e per quello che fai.

Un abbraccio forte
H.

Anonimo ha detto...

Cara Barbara, sì usavano tanti termini come "infelici" solo qualche anno fa. E forse lo erano perchè li si rendeva così. Immagina cosa vuol dire vivere in un istituto senza l'affetto di una famiglia in cameroni enormi dove si faceva assolutamente tutto...
Hai detto giusto, alcuni vivono in "un corpo prigione", ma spesso noi viviamo in una mente imprigionata dai pregiudizi. Potrei raccontarti tante storie di ragazzi e ragazze così che poi rivelano un intelligenza ed un cuore che darebbero punti a molti cosiddetti normali.
Poi ci sono anche casi molto gravi, che sono a carico completo della famiglia che può scoppiare tanto è il dolore che vivono tutti i giorni. Non c'è un handicappato uguale ad un altro esattamente come non c'è un "normale" che lo sia.
La cosa più pericolosa è proprio quella di incasellarli in una stessa "categoria".
Caro Solimano quello che racconti dimostra quanto una persona possa vivere una vita relativamente "normale" se la gente che lo circonda è disponibile ad accettarlo e a dargli una mano. Del resto quel tuo amico che non voleva salutare l'amico sciancato non sa che in qualsiasi momento della nostra vita potrebbe trovarsi lui in quella situazione.

Maz, l'inserimento a scuola, nella società ne è valsa la pena sicuramente. Li abbiamo per lo meno reso visibili e ci siamo accorti che tanti non hanno solo da ricevere, ma anche da dare.
Ieri è stato bello vedere quanti genitori lottano per i loro figli e per quelli degli altri e hanno saputo veramente ottenere molte cose che hanno dimostrato che quando i "diritti" ci sono e si mettono in pratica possono cambiare la vita di una persona come quella della ragazzina down di cui racconti.

Grazie cara Habanera. E' difficile parlare in pubblico anche perchè io sono stata sempre molto timida, ma è bello trovarsi insieme a tante persone che hanno ancora voglia di "resistere" e lottare.
C'era una signora anziana ieri che ha detto che ringraziava l'associazione che qui a Torino più di tutte si è battuta per i diritti dei portatori di handicap e con ottimi successi. Lei da giovane lottava insieme perchè lavorava nel campo, e adesso continua a lottare perchè è lei ad aver bisogno e non si sente sola.
La cosa più brutta che ci possa capitare è proprio sentirci soli

Grazie a tutti

Silvia ha detto...

Non mollare amica mia. Se non ce la fai tu, non ce la può fare nessuno. Ho guardato tempo fa, un film che mi è piaciuto parecchio: - Si può fare - che credo conosciate già, sui malati di mente. Anche se il mio preferito su tutti rimane Anna dei miracoli, che a distanza di anni mi commuove sempre come la prima volta.
Basterebbe pensare che una persona "diversa" è l'espressione palesata delle diversità che ognuno di noi cova sotto mentite spoglie. Loro non possono mistificare, noi, sotto quintali di ipocrisia, lo facciamo ogni giorno. Basterebbe un minimo di autocoscienza e tutto sarebbe più semplice da capire.
Ho scoperto l'acqua calda, lo so perdonatemi, vengo da giorni di duro lavoro:)

Conosco coppie con figli con gravi difficoltà motorie e cognitive. Inutile negare che la loro fatica fisica, perchè anche di questo si tratta, la si vede dipinta sui loro volti e sui loro corpi. Mi hanno confessato che per molto tempo paura e sgomento hanno accompagnato i loro giorni. Poi hanno imparato ad amare i loro figli, a gestirli, a conviverci e a convivere con la gente che non capisce. Anche questo comporta tanta fatica. Ora, la loro preoccupazione più grande è pensare cosa sarebbe della loro prole se dovessero venire a mancare. Li capisco bene. E rifacendomi al commento di Maz, e pensare che si possa vivere in una società che taglia l'assitenza a queste famiglie, mi fa credere sempre di più che il tuo lavoro Giulia è fondamentale.

Anonimo ha detto...

Grazie al cielo, cara Silvia, non sono io a mollare, ma la gente che ha dedicato la propria vita (anche se non aveva il problema) a questa causa. E' stato un movimento (diventato) associazione meraviglioso che è iniziato negli anni 70 e qui a Torino resiste.
Io posso solo dare una mano.

Anche io ho amato molto "Anna dei miracoli" perchè è un film vero, una storia vera che dà speranza. Forse oggi sappiamo che accompagnare una bambina così non è un miracolo, è possibile, ma hai bisogno di sostegno, di aiuto, altrimenti è vero, la vita dei genitori è davvero difficile.
Ma se nessuno lo fa, la vita difficile ce l'hanno questi ragazzi!
Grazie, Silvia