lunedì 26 ottobre 2009

Esposizioni

zena

Capitano certe ‘uscite albine’, quando l’eccesso di città ha costipato il fine settimana.
Stamattina, sul presto, guardavo in campagna il campo di là dal fosso, che interrompe la strada bianca.

E’ un campo che ha lavorato, quest’estate: granturco granturco e granturco.

(Da lontano la casa galleggiava sulla testa delle pannocchie, tenuta su dal respiro dei pioppi)

Adesso il campo è terra bruna e rivoltata, come certi vecchi cappotti che, sul rovescio, tengono i segni delle cuciture e il senso della non usura.
La terra, dove è compatto il segno della lama, è lucida e lisciata da segrete ferrate.
Ha un colore stupito: quell’azzurro che i metalli sottraggono al fuoco.

E’ fresca la terra di sotto e grassa e umida.

La guardi e pensi che questo è il suo modo di attendere.
Chissà come ci si sente ad essere terra nuova.
A cominciare il viaggio di sopra, a lasciare il buio, il silenzio, la parte degli umori e delle radici per la superficie.

Mai (mi) è stato più chiaro il senso e il peso dell’ “esporsi”.

Calendario: l'aratura Anno 1000 ca. British Library, Londra

12 commenti:

Silvia ha detto...

Nemmeno campassi duecento anni potrei scrivere così. Non solo io comunque.
Ad ogni riga mi chiedo ogni volta: come fa?
Anche i suoi pensieri saranno così? Così musicali e poetici? Così belli che sarebbe un piacere pensarli, così belli che è un piacere vero leggerli?
E si passerebbe molto tempo a leggerli e rileggerli perchè ogni volta si scoprirebbero sensazioni e profumi diversi. Una delle più belle scritture che ho incontrato nella mia vita, non c'è che dire:)


E poi avere servita su un piatto d'oro zecchino, una profonda riflessione.
...
Chissà come ci si sente ad essere terra nuova.
A cominciare il viaggio di sopra, a lasciare il buio, il silenzio, la parte degli umori e delle radici per la superficie.

Mai (mi) è stato più chiaro il senso e il peso dell’ “esporsi”.

...

La capacità di cambiamento e di rinnovamento, che la natura perpetua dalla notte dei tempi e che noi umani pratichiamo a volte con fatica, a volte con consapevolezza, a volte scoprendoci impreparati, ma ineluttabilmente coinvolti in questo costante mutare delle stagioni. Anche dell'animo.
Ogni volta uguali, sempre diverse.

Post delizioso:)Fino a poco tempo fa sarebbe stato più frequente per me, fare i "rientri albini" anzichè le "uscite". Ma considerato il mio galoppare verso la fase "gerry" e considerato che più si cresce e meno si dorme, (è vero), sono certa che presto mi gusterò, riposata, i colori albicoli che portano dentro, un certo senso di magia e di stupore.

Colgo l'occasione per dirvi che non sono sparita, che leggo appena mi è possibile e che conto di tornare ad un livello di normalità accettabile a breve, sperando che ritardi di mobilieri, problemi elettrici, influenza, e altro, smettano di "allietare" le mie settimane:)

Solimano ha detto...

Che voglia di tornare a leggere un grande libro cha sapevo quasi a memoria: le "Georgiche" di Virgilio. Lo lessi quasi tutto per conto mio, perché con le Georgiche, a scuola, un brano e via, al limite facevano leggere di più certe Ecloghe a parte l'Eneide... Mamma mia, l'Eneide! Come far girare un film western a Vittorio De Sica. Versi bellissimi, come no. Le Georgiche le ho lette e rilette per passione, che è ben altra cosa.
Ho la fortuna di avere un bel campo quadrato (200m x 200m) a pochissima distanza da casa. Privilegio raro, in Lombardia, sopravvissuto chissà come a tutte le speculazioni immobiliari. Un anno granturco, un anno avena, un anno grano. Vicino, un cespuglione di ailanto alto quasi venti metri.
Però a me piace anche la città: Milano è bellisima, la domenica mattina, basta sapere i posti segreti: cortili frondosi, canali scoperti e coperti, San Mautizio, Santa Maria delle Grazie (senza farsi distrarre dai millanta giapponesi attratti dal Cenacolo) e Santa Maria della Passione con grandi lapidi del Seicento piene di giochi di parole in latino che ti divertiresti a decifrare. Fammi sapere quando torni a Milano, Zena, che ti faccio da guida spero non troppo pedante, non scordando certe pasticcere specializzate in cannoli e meringhe.

grazie Zena e saluti
Solimano
P.S. L'immagine va ampliata, è grandicella. Mi ha incuriosito perché è un calendario di mille anni fa. Sembrano allegri, quei contadini, malgrado le paure dell'anno mille (più o meno le stesse di oggi...)

zena ha detto...

§§
cara Silvia, non credo ci sia distanza fra quello che si sente e quello che si scrive, se si cerca di rispondere, come regola di vita, ad un 'antico' invito: 'sii fedele alla tua storia'.
Ecco, solo questo.
E se affastello, col disordine che tu sai, delle pagine dentro a un cassetto dal fondo trasparente (Pesci di nebbia o Stanze all'aria) è per un amore per la scrittura che c'è da sempre e che assecondo come posso, quando posso, se posso.

Questo mica vuol dire che sia bella, la scrittura...
Magari in rispondenza con le fasi della vita, ecco...questo sì.
E la fase 'gerry' temo sia di un prossimo che fa paura:)))): induce bisogni di rinnovamento e insieme di conservazione. C'è che sistemare una vecchia casa in campagna mette in evidenza le proprie crepe. Inesorabilmente.
Un abbraccio, carissima.

§§
gentile Solimano: l'immagine parla un linguaggio che mi è caro.
Te ne ringrazio tanto.
Ti farò avere appena possibile la traduzione che un amico carissimo, latinista e maestro giardiniere, nonchè poeta, ha fatto del Primo Libro delle Georgiche, per Il Ponte del Sale.

Milano mi intimorisce: alcuni angoli mi sembrano molto belli (la zona dei Navigli, ad esempio, mi piace tanto...), ma altre zone mi frastornano: pensa che a volte mi sembra di tornare a casa con l'odore di ferro addosso.
C'è comunque, alla base di tutto, una conoscenza molto molto limitata.

Quando torneremo, ti daremo appuntamento 'turistico': mio marito è un leone grigio ben riconoscibile e io ... quella vicino:))).
Grazie, Primo, grazie davvero.

Anonimo ha detto...

Zena, ti leggo sempre con un piacere che non so descrivere. Sì, il tuo è amore per la scrittura, ma è amore, gentilezza, trasparenza punto e basta. La scrittura viene dopo a raccontarci che persona sei e non è possibile non volerti bene.
Sapessi quanto avrei bisogno in questo periodo di queste tue uscite "albine", di veder rispuntare il sole dal buio, di seguire le sue ombre, di sedermi e sentire i suoi odori. Ho stampato dentro di me l'odore della nebbia che sentivo quando ero ragazzina e mi apprestavo a uscire per andare a scuola. Avrei bisogno di uscire dal "chiasso cittadino", ma anche da quel chiasso di voci che pronunciano parole senza dire nulla, nulla per lo meno che arrivi al cuore e lo scaldi.

Grazie di cuori per queste ventate di aria pura.

Solimano ha detto...

Zena, beh, fra leoni grigi ci riconosciremo di sicuro, con tuo marito.
Grazie in anticipo per le Georgiche, un testo meraviglioso anche per i miti che chiudono ognuno dei quattro libri e soprattutto perché quella di Virgilio non è un'operazione tipo la campagna che bello che bello, tipica dei cittadini che la campagna non l'hanno mai vissuta sulla pelle. Facendo un rischiosissimo salto, dico che certamente l'Ermanno Olmi de L'albero degli zoccoli capisce da un punto di vista contadino, mentre il Bernardo Bertolucci di Novecento capisce da un punto di vista di agrario, anzi, di figlio di agrario, perché tale era Attilio Bertolucci, grande poeta e padre di Bernardo. Senza nessuna graduatoria, avercene, di Ermanno, Attilio, Bernardo e mettiamoci anche Beppe (Fenoglio) e Federigo (Tozzi) contro tutte le oleografie. Andavo con mia mamma verso Castenaso, vicino a Bologna, e le mostrai una cascina-villa messa benissimo. Mi disse: "No, non va bene. Quelli sono matti: il fienile attaccato alla casa... come si fa? Non lo sanno quanti fienili si incendiano, e mettono a rischio la casa dove abiti tu?"

grazie Zena e saluti
Solimano

Silvia ha detto...

Quanto hai ragione amica mia. Rinnovare mette in evidenza le nostre crepe. Però è così piacevole ammirare il lavoro di restauro una volta ultimato, che ne vale la pena soffrire un po' in corso d'opera:)

Quello che intendevo in realtà è un'altra cosa.
Davvero pensi come scrivi, nella stessa forma?
Io penso una cosa così, a modo mio appunto, i pensieri viaggiano alla velocità dei fulmini, e in modo disordinato, poi nel momento in cui tento di portarli su carta, cerco in tutti i modi di abbellirli, di renderli comprensibili soprattutto. Non cambiano nella sostanza, ma nella forma (non ridete di me) spero proprio di sì.(Mica vi rendete conto del macello di pensieri che ho in testa). Credo che si percepisca il mio sforzo di rendere tutto più chiaro, ammesso che io ci riesca.
Nel tuo caso invece, la forma è così "perfetta" che pare nasca da dentro direttamente, che non venga compiuto nessun sforzo di costruzione o adattamento, nessuna messa a punto. Per farla breve: puro talento.
E grande generosità nel condividerlo.
Ecco perchè credo che i tuoi pensieri siano costruiti nello stesso modo in cui scrivi. Sei una musicista della parole. Una grande compositrice.
E questa mi pare una cosa meravigliosa.

mazapegul ha detto...

Zena, per scrivere bene bisogna essere fedeli alla propria storia (anche per scrivere un bel romanzo storico, o la sceneggiatura di un film di fantascienza), ma non basta. Me ne accorgo leggendo quello che scrivi tu, pensando a quello che scrivo io, e osservando che ho vissuto per metà della vita nella stessa piana granturcata che descrivi: come mai io non riesco a vedere un rivolgimento interiore del suolo nell'aratura? (Ciò che l'aratura è in essenza.)
Oltre alla fedeltà alla propria storia e al controllo del "mezzo" (l'italiano scritto, che a te pare uscire senza fatica alcuna), occorre anche -e questo a me viene difficilissimo, o non viene affatto- riuscire a far emergere un gomitolo d'impressioni e ad attorcigliarle in una bella treccia; senza tagliarle, senza gettarne via i nove decimi, senza tirare troppo per non fare una treccia sottile e dura come spago...
Ti leggo sempre con ammirazione, ricavando qualche di silenzio dal tempo che passo qui in sala computer.
Ciao,
Maz

zena ha detto...

Amici delle Stanze, mi sto barcamenando fra influenze più o meno gravi, ma, in compenso, variegate e dislocate in più nuclei familiari.
Due giorni fa pure il pc ha voluto la sua parte e ieri pure internet non voleva saperne mezza: funzionava 30secondi e si bloccava per tre ore, in lenta successione: una goduria.
Pare che una centralina della zona sia saltata, portando il mutismo pure nei telefoni.
Questo per dirvi che sono in arretrato con ogni cosa.
Riparto da qui:)
Intanto un saluto
z.

zena ha detto...

§§
Cara Giulia, le uscite albine sono rasserenanti. per colpa loro ho un raffreddore che non ti dico, ma c'è un piacere sottilissimo nel camminare sull'erba che ha l'umido della notte e nel sentire l'impercettibile gocciare dell'umore che si è fermato sui rami. E' un sentirsi dentro le cose, silenzioso e partecipe.
Io vi vorrei tutti, qui, in una mattina di primavera, magari, a camminare. Ma anche l'autunno va bene:)

§§
Sì, Solimano, la terra non non è 'da oleografia': è fatica, fatica e fatica. E fatica è sorreggere le vecchie case, quelle che non hanno proprio nulla di signorile, ma sono di malta povera e senza fondamenta: non ci si rassegna a lasciarle andar giù perchè ci sono i ricordi, i lavori fatti insieme.
Io non ho mai abitato in campagna: abito in un paese di campagna e non è la stessa cosa.
La casina-rustico delle albe e dei tramonti l'abbiamo acquistata tanti anni fa, con mio padre, per avere un luogo da 'alberi&ritroviculinari',nonchè 'musica&lenticonversari'.
Non è bella: anzi, è proprio un loghino a squadra, con la barchessa che fa angolo retto con la casa. E ha la brutta abitudine di sprofondare e rugarsi di crepe. Eppure... Ci consente, come dicevo a Giulia-Emilia, di 'sentire' le cose dall'interno.
Un saluto.

(Gli autori che citi li amo tutti. Fenoglio, in particolare.
Anche Pavese sa raccontare la campagna-collina. Paesi tuoi è il suo libro che preferisco)

§§
Silvia, tu sei chiara per principio: dai capelli ai pensieri.
Perchè sai dire le cose con una spontaneità che è disarmante: sbucano fresche, che sembrano appena colte.
Igitur, mica farti venire dei dubbi sulla comprensibilità:))
E' proibito:)))
Un abbraccio.

§§
Maz, ci son gesti quotidiani semplici come mangiare il pane o bere il latte. La scrittura per me è così.
Spiego.
Nella vita, se posso, taccio: mi piace ascoltare, guardare, pensare.
Sulla carta o sulla lavagnetta del blog arrivano gli effetti secondari di queste attività.
Arrivano senza premeditazione o finalità utilitaristica e sono l'equivalente di quello che provo.
Adesso, per esempio, avrei una gran voglia di mettere per iscritto l'istinto relazionale dei ragni, ma non ho tempo e mi tocca scappare via.

:)

Un saluto grande a tutti

Barbara Cerquetti ha detto...

Io adoro, adoro e adoro le tue analogie (e un pochetto le invidio).
Il cappotto rivoltato mi ha mandata in brodo di giuggiole.

Non so che darei per scrivere così bene.

Se esiste un zena fan club fammelo sapere che voglio la tessera.

Anonimo ha detto...

§§
Barbara:)
Ma lo sai che a volte mi devo proprio trattenere con le analogie, ché, sennò, succede che mi capisco solo io. Allora mi impongo la modica quantità.
C'è che le analogie sono la scorciatoia della scrittura: invece di star lì a spiegare questo e quello, si taglia giù, si annodano le immagini...
Nascono dei vicinati inattesi, insomma, a dimostrazione che il mondo, espresso in sensazioni, sarebbe molto, molto più piccolo e 'corrispondente'.
Un abbraccio d'affetto.
(e grazie)
zena

Silvia ha detto...

Ecco, vedi la risposta che hai dato a Barbara?
Un piccolo gioiellino di parole, delicato e prezioso come una collana di perle.
Ho ragione:)