martedì 13 ottobre 2009

Come non viaggiare

mazapegul



A metà dell'Oceano avevo iniziato a pensarci. Come diavolo ce l'avrei fatta a raggiungere Juanajuato, stato di Juanajuato, Mexico?
Ero partito il giorno prima della conferenza da Milano, con uno zaino messo insieme all'ultimo, sicuro solo del passaporto e di un fascio di dollari per le spese. Avevo dato un'occhiata alla posizione di Juanajuato: Messico Settentrionale, città dalle dimensioni medio-piccole, pareva. Sapevo che la conferenza era all'università (ma se ci sono diversi campus? e come faccio a trovare il posto, se il campus è troppo grande?).
Avevo di fronte a me: (1) pratiche d'immigrazione per entrare negli Stati Uniti, dove c'era lo scalo intermedio; (2) pratiche d'immigrazione a Città del Messico a mezzanotte circa; (3) trovare un modo per andare, partendo di notte, in questa misteriosa Juanajuato; (4) trovare un albergo per la notte, possibilmente vicino all'università (ma ci sarà un solo campus? continuavo a chiedermi); (5) trovare il luogo della conferenza e registrarmi. Ovviamente, il mio seminario era la prima mattina.
Mi sentivo come quando, tornando dall'apnea, si vede del cielo un minuscolo cerchietto in mezzo al buio, come una piccola apertura in una enorme cisterna; e la mente sottossigenata pensa: "non ce la farò mai a centrare quel minuscolo buco e a tornare a respirare". E come per l'apneista, non era possibile tornare indietro: bisognava sforzarsi di andare dritti verso l'uscita.
Qualche ora dopo ero a Città del Messico, infinita e infinitamente abitata. Dal checkout mi diressi verso la metropolitana, che lì conta molte linee. Studiai un pò le fermate e trovai che, cambiando linea, si raggiungeva Autobuses del Norte. Juanajuato sta a Nord, magari c'è un autobus che ci va.
Andando alla stazione pensavo a cosa fare nel caso non fossero partiti autobus notturni, o non fosse quella la stazione di autobus giusta. O, improbabile in Messico, che non ci fosse un collegamento autobus con Janajuato.
Invece mi andò bene: c'era un autobus in partenza per la città desiderata alle due. Avevo passato le prove (1)-(3).
Guardavo con curiosità le persone in attesa di fare con me quel viaggio notturno. Donne e uomini, a coppie o più spesso soli. Uno in particolare mi colpì: un uomo sulla trentina, con una barba nera e una giacca di foggia militare. Portava gli occhiali e, a un'analisi più attenta, mostrò tutta una serie di comportamenti famigliari. Sguardo perso in giro per l'hangar della stazione, movimenti lenti, pensose occhiate al marciapiede d'asfalto. "E' un matematico, ci scommetto."
Lo osservai ancora per le prime ore di viaggio. Alla sosta per caffè, merenda e pipì, lo avvicinai: "Usted va a la conferencia de matemàticas?"
Incredibilmente, mi rispose di sì. Era un matematico di Città del Messico, anche lui senza prenotazione alberghiera e, soprattutto, sapeva esattamente come arrivare al luogo della conferenza.



Dopo la conferenza passai un paio di giorni a Città del Messico. Mi portò a vedere luoghi che non avevo visto prima e che, non avessi incontrato lui, non avrei mai visto. Alla sua università m'indusse a comprare a un banchetto, per pochi pesos, delle fotografie di uno strano gruppo guerrigliero che non avevo mai sentito nominare prima. In una c'erano donne armate di fucile a cavallo. Nell'altra un certo comandante Marcos, in divisa e con la pipa che gli usciva dal passamontagna. "Un collega che ha lasciato l'università per lottare con gli indios del Chiapas," mi disse con orgoglio misto a rimpianto.
Nel Chiapas c'ero stato anni prima, da turista. L'unico ricordo che ne avevo era una vecchia contadina india che, cercando io di farle una fotografia, m'aveva cacciato via tirandomi un sasso. (Avrei voluto raccontarlo al collega, ma il mio spagnolo non mi sostenne).

8 commenti:

Silvia ha detto...

Adesso è tardi Maz, ma tornerò a leggere con calma. Che i tuoi viaggi sono sempre piacevoli.

Silvia ha detto...

Bello bello. T'invidio un casino. Perchè hai fatto questi viaggi e questi incontri e perchè raccontandoli più volte continui a viaggiare ogni volta. A me capita che ogni volta che ricordo o racconto, emerge un'immagine o un particolare diverso dalla volta precedente. Capita così anche a te?
Un certo comandante Marcos:) robetta da niente.
Che meraviglia viaggiare...

mazapegul ha detto...

Silvia: quello fu il viaggio peggio organizzato della mia vita (e il peggior seminario tra quelli che ho fatto). A un certo punto, lì a città del Messico, solo la fiducia che non m'era mai successo niente di male in passato mi sostenne mentre cercavo un modo per arrivare a Juanajuato. Se m'invidi, vuol dire che l'episodio non è passato invano attraverso la scrittura; perché mai più farò un viaggio così poco pianificato.

A quel tempo non avevo ancora sentito parlare di Marcos: forse era in Italia ancora un fenomeno di nicchia. Retrospettivamente, capii il contesto da cui veniva la sassata che m'aveva colpito in testa qualche anno prima. Gli zapatisti avevano ridato orgoglio agli indios del Chiapas, e quella contadina incontrata a Cristobal las Casas non se la sentiva più di farsi fotografare da un turista come una zebra del Serengeti.
Ci feci la figura del turista europeo pirla, ma m'è servita (e m'ha ben servito).

Anche a me succede, come a te, che il racconto aiuti a ricordare altri dettagli. Diceva Hugo Pratt, immagino assieme ad altri, che l'avventura sta tutta nel racconto. Lo diceva con disprezzo per gli avventurieri, che fanno esperienze per il gusto di farle (e magari non le fanno affatto, quindi); mentre l'avventura dovrebbe essere l'accadimento incidentale, mentre si sta facendo altro.

Ciao e grazie,
Maz

PS Nel futuro metterò qualche altro scampolo messicano.

Solimano ha detto...

Fecero un bello scherzo dopo il Golden Circle di Acapulco.
Era previsto il trasferimento in pullman fino a Città del Messico, un viaggio infernale come clima, strade, cibo, tutto. Però il collega Bianchini si divertiva come un riccio che si diverte molto. Aveva la passione delle foto di genere tipo terzo mondo, e ad ogni fermata del pullman scendeva munito di Kodak. Fotografava gli indigeni, lasciando un po' di spiccioli consolatori. Per dire com'era Bianchini, per le feste di Natale le amministrative e le segretarie gli fecero un regalo: un bel pacco pesante con carta argentata, nastri e fiocchi a volontà, riccioluti e coloratissimi. Bianchini felice scartò il pacco e dentro c'era un mattone, non forato, un bel parallelepipedo di color mattone.
Ad una fermata del pullman si misero d'accordo con un giovanissimo indigeno, un indigenetto di sette anni, gli diedero una macchina fotografica mignon, strillò a Bianchini in linguaggio indigeno di stare fermo e lo immortalò, mettendogli poi in mano la metà degli spiccioli che gli avevano dato i sobillatori.

In paesi del genere è durissimo il primo approccio: "Oh, come vorrei essere a casa mia!" A me successe persino a Napoli, la prima volta. Ma quando te ne vai ricordi il bello caratteristico che in un modo o nell'altro ci trovi.
Sennò, vai a casa di Bianchini, che ha un armamentario per diapositive extra-large-size e ti annoia fino al mattino successivo con le sue foto di genere stile terzo mondo.

grazie Màz e saluti
Solimano

Barbara Cerquetti ha detto...

Che dire? Il Messico io me lo sogno di notte.
Una cosa buffa è che mio marito è patito di archeologia misterica (si chiama così) ed uno dei siti più quotati è Teotiuacan (non ho idea di come si scriva correttamente).
Così, quando qualche amico ha la fortuna di andare lì (spesso in viaggio di nozze) si sente spesso rivolgere la domanda:
-Sei stato a Teotiuecc. ?
E il poveretto ci fissa con sguardo allibito della serie: "so matti 'sti due. Ma je vojo bene lo stesso"...

Solimano ha detto...

Màz, bello il discorso sugli avventurieri, in un certo senso esteti del viaggio, quindi menzogneri e comunque superficiali. Nel turismo organizzato succede qualcosa di analogo: durante un viaggio nei castelli della Loira, quasi tutti badavano a fotografare i castelli appena scesi dal pullman, non accorgendosi della cosa mirabile di quel maggio che era stato piovosissimo: Indre, Cher, Loire erano pieni d'acqua e i castelli sembravano navi galleggianti (però bisognava andarci vicino). Le esperienze più forti, spesso repulsive inizialmente, le ho avute nei viaggi per lavoro: ho fatto l'esempio di Napoli, ma con Milano, Bari, Torino, Hannover successe la stessa cosa. La fortuna dei viaggi per lavoro è che nei posti ci torni abbastanza spesso, dopo la prima volta, e pian piano capisci ed apprezzi, ogni viaggio sempre più. Perché la prima volta nelle città l'esperienza può essere repulsiva? Perché mancano i riferimenti, i punti d'appoggio (repoussoir) quindi non c'è la sofficità delle abitudini. Il vantaggio è che, proprio perché sei concentrato sul lavoro, l'effetto sorpresa è... più sorprendente, non anticipatp dalla guida del Touring o che.

saluti
Solimano

Anonimo ha detto...

Viaggiare è sempre stato il mio desiderio. Per tanti motivi mi sono limitata a viaggiare un po' in Europa e adesso in Brasile. Il Messico mi ha sempre affascinata, anche se a dire il vero non è l'unico paese che avrei voluto visitare.

ma tu però sempre con matematici stai???

mazapegul ha detto...

Giulia: in Messico ci andai in vacanza, anche perché costava poco, quando ero studente negli USA. Mi fece una grandissima impressione (metterò qualche pagina di taccuino) per la gran varietà del paese (tantopiù apprezzabile in quanto venivo da un paese, al contrario, piuttosto uniforme). In più c'erano le antichità messicane, che da Tex Willer a Corto Maltese (e anche libri non di fumetti) hanno fatto parte del mio universo visivo. Non viaggio solo con o verso matematici, ma il viaggio di lavoro (ho sentimenti vicini a quelli di Solimano) è quello in cui svolgo al meglio il mio ruolo di turista.

Barbara: sì, sono stato a Teotiuacan (o come si scrive): una valle di templi impressionanti, credo toltechi, attualmente alla periferia di Città del Messico. Erano già abbandonati da tempo quando arrivarono gli spagnoli. Ma delle cose archeologiche messicane, quelle più belle sono quelle Maya: il resto sembra preparazione o decadenza. Dopo poco, nei musei la statua maya balza subito all'occhio, pur ingenuo e inesperto.

Solimano: i vantaggi dei viaggi di lavoro. Tornare (spesso) sullo stesso luogo, acquistando abitudini e famigliarità. Aver altro da fare, così che le sorprese sono veramente sorprese: difficile, per me, apprezzare un capolavoro quando ogni giorno si vedono tre chiese e un museo. (Ok, lo avevi scritto anche tu, in tre righe che mi erano sfuggite in prima lettura: siamo proprio viaggiatori similissimi!) Aver a che fare con gente del luogo.