venerdì 30 ottobre 2009

Barbara Schiavulli al Binario 7

Solimano


Quando Barbara Schiavulli ha finito di parlare e di mostrarci le fotografie (alcune molto crude), sono cominciate le domande, senza bisogno di sollecitarle. Tante. Si è vista la difficoltà di comunicazione che affiorava in mezzo all'empatia (Barbara è anche enfant du pays, a Monza). Un giornalista di guerra è interessato al come, mentre noi siamo interessati ai perché, magari per confermare i perché che ci siamo dati da sempre. Qualche perché ci vuole, tranquillizza, ci fa credere che la situazione sia sotto controllo, o comunque controllabile in futuro.
Un dato positivo: c'è stata solo una domanda (chiamiamola così) in cui si diceva che per colpa degli americani etc etc. Qualche anno fa ce ne sarebbero state tante, di domande così.
Altro dato positivo: nessuno o quasi crede più alla favoletta della democrazia d'esportazione. In Afghanistan la risoluzione dei problemi (ammesso che esista) dovrà passare attaverso il consenso dell'Iran e del Pakistan, se no, niente da fare.
E allora, gli americani? Barbara l'ha detto alla fine, cosa stanno facendo gli americani, sia in Afghanistan che in Iraq: alcune basi militari molto vaste, inattaccabili, da cui non se n'andranno MAI. Al loro posto, farei esattamente la stessa cosa.
Il titolo della conferenza metteva in ballo le elezioni, col prossimo ballottaggio, ma è apparso chiaro che i brogli sono sistematici e che si farà in modo che vinca Karzai contro un oppositore che si atteggia a uno stile gandhiano. Gara dura, in un paese in cui il kalashnikov non si nega a nessuno e in cui le donne vanno benissimo per trasportare munizioni sotto lo chador. La guerra perpetua è nel carattere del paese e degli abitanti, diverse etnie che non si possono soffrire l'una con l'altra.
Un bel mestiere è quello degli autisti e dei traduttori al servizio dei giornalisti. Barbara si è trovata ad averne uno sciita e l'altro sunnita, e doveva ogni tanto mettere pace se no si menavano in macchina. Non sono fatterelli di colore: gli autisti ed i traduttori guadagnano molto, ma in caso di rapimento del giornalista la loro vita vale zero, mentre quella del giornalista vale i soldi che qualcuno pagherà per il riscatto. Credo di aver capito perché quel paese piaccia tanto a Barbara: fuori da Kabul e da qualche altra città, non si piomba nel terzo mondo, ma direttamente nel medioevo, che può avere il suo bello, il suo fascino, le sue regole, mentre il terzo mondo è solo brutto e sregolato. L'atteggiamento della giornalista era di apertura sui casi spesso tragici di persone (quasi sempre donne e bambini) che ha trovato e trova lungo la sua strada. Molto più riservata quando doveva parlare dei soldati italiani, lodati per le loro qualità di socializzazione molto più grande di quella dei tedeschi, francesi, inglesi. Sarà certamente vero, ma oggi, essere in Afghanistan, vuol dire aver concordato precise regole di ingaggio. La modalità di procedere (accordarsi con l'imam locale sulla base delle sue priorità) sarà probabilmente l'unica possibile, ma non vedo cosa c'entri con la democrazia.
Previsioni del tempo: i taliban torneranno al potere, solo che quelli di oggi sono peggio di quelli di qualche anno fa, che distruggevano i campi di papavero. A questi, la droga sta bene. Si stanno dando da fare anche i cinesi, non poteva essere che così. Però l'osservazione più utile l'ho sentita tornando a casa: è vero che l'Afghanistan è sempre stato un crocevia, ma questo era importante quando i mezzi aerei non erano così diffusi. Oggi molto meno, se non c'è di mezzo il petrolio.
Il tribalismo, più etnico che religioso, continuerà. Il dramma è per le donne e per i bambini che, nelle città, stanno sperimentando una vita diversa, senza che qualche marito, stanco della moglie trentenne e con sei figli, la ripudi per adulterio, tagliandole il naso. Abbiamo visto le fotografie delle donne e dei chirurghi che stanno ricostruendo i nasi.
Però non è mai detto: in un'altra foto c'era un afghano che si sta facendo ricco vendendo libri, vecchi, nuovi, tutti i libri che gli capitano fra le mani: prezzi d'affezione: 50 dollari al libro, il mercato tira, chissà. "Imparare a leggere e a scrivere, quella è la strada", così ha concluso Barbara.



P.S. Le immagini sono dell'archivio fotografico di Barbara Schiavulli.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ci vuole coraggio e passione per fare la giornalista così. Sono mondi complessi che noi cerchiamo di semplificare senza davvero conoscere nulla. Il medioevo e meglio del terzo mondo: interessante, ma vorrei capire meglio.

Tutto però molto interessante, Solimano.
Grazie

Silvia ha detto...

Affascinante, rischioso, encomiabile. Dicono che le inviate siano più brave dei colleghi maschi. Forse perchè è nella natura femminile cercare di guardare dentro alle cose e forse perchè lo sguardo da dentro è più illuminante a volte della comprensione dei massimi sistemi economici e politici. Che poi capirci qualcosa lì in mezzo, non è facile.
Le ultime due immagini sono molto belle, si comprende che c'è la mano esperta di chi sa catturare l'istante. Anche lei è una ragazza molto bella. E coraggiosa.

Solimano ha detto...

Giulia, faccio alcuni esempi.
Certamente le cività Azteca ed Inca avevano raggiunto un loro equilibrio sotto alcuni aspetti per noi ripugnante, ma funzionava, aveva le sue regole ed i suoi equilibri. Arrivano Cortes e Pizarro e che succede? L'equilibrio si sfascia, va per aria e comincia un servaggio che in un certo senso dura tuttora.
Ma un altro esempio è strano: il grande PCI. Disciplina, coerenza, disinteresse personale, efficacia, riformismo nei fatti, senso di appartenenza... crolla il muro di Berlino (come era giusto che crollasse) e dimmi tu se gli ex PCI di oggi li vedi migliorati o peggiorati da quel punto di vista.
Non è che butti via il vecchio e adotti il nuovo, come se ti cambiassi di camicia: rimani nudo al freddo. Hai perso le vecchie sicurezze e non sai che cosa mettere al loro posto. Dante, che era Dante, se la prende con "la gente nova e i subiti guadagni" etc etc Rimpiandeva i cecchi tempi. E cosa gli diciamo: "Siamo arrivati noi con la democrazia nuova di pacca"?
Per il resto sì, l'ho trovato molto interessante. Poco consolante, ma è la situazione: non basta desiderare che ci sia una via d'uscita perché la via d'uscita ci sia. Non c'è. E quindi? Limitare i danni, come con gli israeliani e i palestinesi.
Silvia, ho due impressioni: che queste donne siano più motivate dei maschi e più ben accette dal contesto militare e civile. Strano, ma non tanto.
La spinta vera è una forte pulsione di autoaffermazione, anche riguardo ai desiderata della famiglia: Barbara l'ha detto a chiare lettere. Anni fa ho conosciuto suo padre, era socio come me dell'Associazione Monza per l'Ulivo, che è stata la più grande d'Italia, impallinata regolarmente dai partiti che la vedevano come una sottrazione di opportunità loro. Lunga e spiacevole storia... adesso, proprio loro, dicono che bisogna tornare allo spirito del primo Ulivo, con una faccia tosta... non potevano accorgersi loro di quello spirito, a quel dì?

grazie Giulia e Silvia e saluti
Solimano

mazapegul ha detto...

Arrivo con molto ritardo a leggere e commentare. Proprio oggi parlavo con mio padre dell'Afganistan, di quello che se ne sapeva e diceva un tempo, di quel che se ne sa e dice ora, di Obama che cerca di tirar fuori i suoi marines e i suoi dollari da quel posto.
Il regime filosovietico andò in crisi quando avviò, illuministicamente, un pacchetto di riforme sociali (scolarità obbligatoria per le femmine, p.es.): l'Afganistan scoppiò immediatamente e l'URSS intervenne. La guerra, con protagonisti cambiati diverse volte, non è più finita.
Il regime filosovietico assomigliava sotto alcuni aspetti al regime illuminista che governò brevemente Napoli: affondato dalla rivolta popolare, dalla coalizione dei ceti dominanti, di una potenza straniera. Soprattutto, affondato dalla propria incapacità -o impossibilità, o non volontà- di capire il paese.
Gli USA appoggiarono allora ogni movimento antisovietico e riempirono di soldi, armi e informazioni i servizi pachistani, poiché quelli iraniani erano nemici, al fine di combattere i comunisti. Inizia lì la storia che sta ora rischiando di far saltare in aria il Pakistan, il vero incubo di Obama e della Clinton.
Il fatto è che i comunisti, ahimé, erano quelli che cercavano di europeizzare il paese (con le bombe), diffondendo anche quel pò di consumismo (soviet style) che c'era a Est in quegli anni. Dopo averli sconfitti, ora si dà a bere che la stessa cosa -con successo- la possiamo fare noi (con bombe più precise).

All'epoca dell'invasione sovietica dell'Afganistan facevo parte del PCI. Da noi ci fu una discussione accesa, poiché Cossutta aveva presentato una mozione pro invasione (a cui votai contro, inorridito), e di cose afgane si parlava e leggeva (magari senza capire, visto che si tratta di posti lontani, di lingue sconosciute, di religioni a noi estranee).

Gli americani lasceranno probabilmente il paese, che probabilmente non precipiterà in un maggior caos a causa di ciò. Vi sono paesi dell'area che hanno interessi in Afganistan molto più pressanti di quanto non li abbiano gli americani, magari anche solo perché i loro nemici storici hanno interessi a loro volta: gli iraniani e i pachistani, soprattutto; ma anche i cinesi e i russi; senza dimenticare i sauditi; e anche gli indiani, perché se ci sono pachistani e cinesi, loro non possono star fuori. Abbastanza gente tener compagnia -volenti o nolenti- agli afgani, quando americani, francesi, italiani, inglesi, canadesi e quanti altri avranno lasciato quel paese, in cui di interessi non ne hanno proprio.

Ciao e grazie,
Maz

Solimano ha detto...

Màz, l'unica cosa in cui non sono d'accordo con te è il discorso delle basi americane, di cui parlava Barbara Schiavulli, una cosa stile Guantanamo a Cuba la potrebbero anche fare, se gli conviene.
Per il resto, dovranno tornare a casa tutti e non vedono l'ora. Trovare come non perdere la faccia si farà sempre più difficile. Il tribalismo lo smonti con la Coca Cola, con Macdonald's, con la TV, con la rete, non facendo i servi ricchi degli imam locali. La tragedia la vedo per le donne, che nelle città grandi hanno capito che può esistere un'altra vita. Questo è il tema su cui ha insistito di più Barbara.

grazie Màz e saluti
Solimano