venerdì 25 settembre 2009

Mari

zena

Si è parlato di mare diversi giorni fa, nelle Stanze.
Vorrei dirvi del mio modo di vivere il mare, che in realtà è preso in prestito dalla penna e dal cuore di Angeles Mastretta.
Ve ne regalo alcuni passi, che amo molto e che fanno parte, ormai, del mio modo di sentire, anzi di accettare, la vita e il suo (nostro/altrui) chiaro-scuro .
Credo che le metafore aiutino, in questo senso...

“Andarono al mare e pioveva. Il cielo non era sereno, e sulla spiaggia non c'erano bagnanti. Il tempo non era dell'umore giusto per fare bella fi­gura con gli estranei, chi voleva guardarlo così com'era era il benvenuto, gli altri potevano an­darsene da qualche altra parte.
Quelli che non riuscirono a muoversi di lì....., impararono a guardarlo mentre piove, e mentre lo guardavano impararo­no le cose che si dimenticano per colpa della Ko­dak e della televisione.
Impararono per esempio che il mare non è ob­bligato a essere azzurro, che nessuno è obbligato a essere uguale tutti i giorni, a piacere per decre­to, a essere incantevole e diafano anche quando la vita è torbida, imprevedibile e altezzosa.
Rimasero a guardare dalla riva. Udirono il vento iracondo e vanitoso, videro da lontano, intravide­ro, ciò che accade nel mare mentre ci piove sopra.
Quando piove sul mare, il mare capisce. Quando piove nel mare, tremano negli abissi i co­ralli e tutte le rocce rabbrividiscono per la tristez­za come fossero persone. Quando piove nel mare, gli esseri umani capiscono cose che la limpidezza, l'impassibile trasparenza non spiegano mai.
Il mare sotto la pioggia si bagna, l'acqua dolce ferisce l'acqua salata con l'impudicizia della sua gioventù. Il mare è vecchio, per questo sa di sale e profezie.
Quando piove nel mare, gli uomini non sono soli con le cose che si portano dentro, si sentono protetti guardandolo, sussultano insieme a lui, guariscono dalla paura. Mentre piove sul mare, lui accompagna: i ricordi segreti, i ricordi proibi­ti, il silenzio. Non c'è silenzio più audace e più profondo di quello del mare ferito dalla pioggia.
Proprio il giorno in cui dovevano fare ritorno al cielo grigio e al rumore tenebroso della città che li abita, il sole uscì sul mare, come un altro enigma. I bambini si dispiacquero per la parten­za, lei fu contenta che il tempo fosse finito, non desiderava la luce sulle spalle, ... le bastava il ri­cordo della pioggia negli occhi.”

(da Angeles Mastretta, Puerto libre, Giunti, Firenze 1997, trad. di Gina Maneri)

Courbet: Spiaggia presso Trouville 54x64 1865
Wallrof-Richartz Museum, Cologne

17 commenti:

Habanera ha detto...

Amore a prima vista!
Zena, non la conoscevo questa scrittrice ed è stato un vero colpo di fulmine non appena ho letto quello che hai riportato. Mi sono fiondata subito su Wikipedia e mi sono documentata. Molto interessante questa scrittrice messicana di cui leggerò al più presto qualcosa, sicura di trovare parecchie affinità.
Sì, le metafore aiutano, spesso anche a capire se stessi...

Un grandissimo grazie e bentornata
H.

Anonimo ha detto...

Come è tutto vero. Uscire dagli stereotipi sempre, guardare altre luci e altri colori, altre atmosfere da quelle che ci raccontano i luoghi comuni.
Ricordo tanti anni fa che, mentre ero con i ragazzi a scuola, si è messo a nevicare. Sono iniziati gli oh, ah... Ho chiesto loro di scrivere ciò che provavano guardando la neve cadere. Fu subito il trionfo delle banalità lette sui libri di testo, sentite nell'aria della quotidianità.
Glielo feci notare e chiesi loro di ascoltare quello che veniva dalla loro mente, dal loro cuore. Fecero per un po' silenzio. Poi cominciarono a scrivere.
Forse puoi immaginare perchè anche tu ami i bambini e i ragazzi, quante cose diverse venirono fuori, originali, loro.

Bello Zena, davvero bello questo brano.
Grazie
Giulia

zoé ha detto...

Splendido ... Grazie.Zoe.

zena ha detto...

Cara Haba, anche per me fu amore a prima vista: questa idea della non obbligatorietà dell'azzurro, della necessità di imparare ad essere come si può mi accompagna e mi aiuta.

Cara Giulia, mi hai ricordato un passo bellissimo del Canto silenzioso della neve di Selby junior, altro libro bello bello: spero di trovarlo e magari di appoggiarlo qui, se non disturba con la sua lunghezza. E' metafora dell'ascoltare i segni/semi di una guarigione...

cara Zoè, contenta che possa piacere.

A tutti e a ciascuno un saluto grande.

Solimano ha detto...

Brano meraviglioso, senza discussioni. Per tutto: la capacità grande di scrittura non altera ma esplicita la cosa, le cose. Questa scrittora, non si mette davanti alle robe che scrive, né si nasconde vergognosetta: le sue robe sono espressione diretta, sono lei stessa. Diventiamo noi le sue robe.
E dopo un sentito chapeau, racconto un episodietto svoltosi a Cesenatico. Tutti distesi -e distese- a soleggiarsi alle ore 15 del pomeriggio. D'improvviso una nuvolaglia maleducata zompò nel cielo e cominciò a piovere gocciolon goccioloni. Tutti a scappare con borse, teli, giochi di bimbi e Settimane enigmistiche, come se fosse cominciato il Diluvio Universale. Mi alzo dal mio sdraio (non lettino, sdraio) e dico a me stesso: "La doccia c'è, perché non fare il bagno in contemporanea?" Così fu, solo che prima di giungere al bagnasciuga dovetti farmi largo fra i fuggenti.
Una meraviglia, il bagno, la pioggia, la nuotata. Con la piccola giunta che quando esci non hai bisogno dell'accqua lurida dei rubinettoni.
L'ho fatto in altre occasioni. Sentivo le persone dire: "Mah, speriamo non piova" e io speravo il contrario, da bastiancontrario.

grazie Zena e saluti
Solimano

Anonimo ha detto...

Zena, conosco quel libro, lho letto molti anni fa e so che mi era piaciuto molto e ch ho. Sono contenta di condividere questo amore.
"Appoggialo qui" merita davvero condividerlo.

Grazie Zena

Barbara Cerquetti ha detto...

Il mare non è costretto ad essere azzurro.
Bella immagine.
Noi qui ci siamo abituati perchè l'Adriatico non è mai azzurro.
Celeste più che altro, verde qualche volta, grigio molto spesso (infinite sono le tonalità del grigio, da non credersi). Ma azzurro, l'è davvero rara.
A noi, che il mare deve essere azzurro l'ha insegnato davvero la televisione, altrimenti chi se lo immaginava?

zena ha detto...

Buon giorno, alle Stanze e a tutti gli amici che passano e vi sono passati.

§§
E' vero, Solimano: è una scrittora attenta alle cose che vede con 'occhi grandi', Angeles Mastretta e ha un modo di proporre storie e pensieri ripulito da ogni tentazione ornamentale.
Piace.
Così come mi piace il mare fuori stagione.
Un mare da contemplare, più che da usare, e da ascoltare.
Forse, montalianamente, anch'io aspetto risposte, chissà.

§§ Sì, cara Giulia: appena ho un poco di tempo, vado a ritrovare un frammento di quel testo. Ricordo una sequenza: l'uscita del personaggio-protagonista, la prima dopo la malattia.
L'incontro con la neve e la vita ritrovata: la voce di entrambe, nel silenzio, e il senso di una gratitudine immensa.
Ti saluto con affetto.

§§
cara Barbara, forse è il nostro desiderio di un cielo orizzontale a farci cercare l'azzurro nel mare:)
Io comunque amo anche il grigio, nel mare: fa più nuvola:))

Silvia ha detto...

Questo pezzo che mi ha commossa profondamente, mi ha ricordato un momento di tantissimi anni fa che mi porto ancora dentro. Una signora di mezza età, in fondo al faro, seduta su uno scoglio, sotto un temporale spaventoso. Senza ombrello e pareva anche priva di abiti, immobile davanti ad un mare nero e furioso. Io la osservai da lontano, per molto tempo, solo l'incoscienza della mia giovinezza mi fece allontanare. Ora non lo farei. La mattina seguente m'informai subito che non fosse successa una disgrazia.

Poi, più tardi nella vita,alcune volte mi sono sentita come quella signora: davanti ad un mare nero, sotto un temporale spaventoso. E ho imparato così, cos'è il dolore.

Anche per questo amo il mare.

Grazie, un pezzetto che mi ha riportato una parte di me.
La parete che piace ad Haba, è il mare.

zena ha detto...

cara Silvia, a volte mettere a fuoco che si è lì, a contemplare, a interrogare, a cercare di capire, toglie un poco di buio e dà il senso di un incredibile privilegio.
Ti abbraccio.

zena ha detto...

Allora 'appoggio qui' il testo, un po' fuori stagione', de Il canto silenzioso della neve:

" Quando giunse al punto stabilito si fermò. Aveva percorso un miglio. Bisognava tornare indietro. Guardò le case circostanti, quelle che da lontano sembravano quasi prive di forma, fuse com'erano nell'aria luminosa; poi guardò gli alberi e il loro grigiore innevato scomparve nella luce. Si girò e fece il primo lento passo del ritorno. Ripercorse le proprie impronte, le uniche nella neve. Sembravano piccole e anche se erano le uniche non sembravano sole, abbandonate. Sorrise all'idea delle impronte sole, come se le impronte avessero una vita propria o anche potessero riflettere quella di chi le aveva lasciate. Forse... chissà. Andava dunque, e si teneva compagnia. Svoltò un altro angolo e davanti gli si posò un lungo tratto bianco piatto e friabile, interrotto sempre e solo dalle sue impronte che s'allontanavano e sembravano scomparire nella distanza bianco/grigio. Non sembrava possibile, eppure ora l'aria era ancora più dolce e serena. Continuò a procedere lungo le proprie impronte con l'impressione di poter camminare in eterno, la sensazione che fin quando la neve silenziosa continuava a cadere lui avrebbe potuto camminare lasciandosi dietro tutte le preoccupazioni e le ansie, tutti gli errori del passato e del futuro. Più nulla lo avrebbe preoccupato o perseguitato o riempito di tremiti di paura: la buia notte dell'anima era ormai finita. Sarebbero rimasti solo lui e la soffice neve silenziosa, e ogni fiocco avrebbe portato, nella propria vita una particolare gioia … mentre la dolce e silenziosa neve continuava a cadere dolcissima e gioiosissima...
Sì, e amorosissima... amorosissima...
Avrebbe potuto camminare in eterno. Gli sarebbe stato facile continuare a camminare mentre tutti i pensieri di morte sarebbero svaniti, assorbiti dalla neve silenziosa.
Ben presto pur tendendo l'orecchio non sentì più neppure lo scricchiolio dei passi nella neve e la cosa non lo sorprese, quasi che il corpo gli fosse diventato tanto leggero da non lasciare neppure un’impronta. Raggiunse la sua strada ma invece di svoltarvi continuò dritto: qualcosa lo attirava in fondo a una strada nella quale non era mai stato prima, una strada completamente sconosciuta, completamente diversa da tutte le altre nei paraggi. E mentre andava continuava a sentirsi sempre più leggero, come se la scintilla nella neve silenziosa, e quella che illuminava l'aria, gli scoccasse dentro. Sapeva di avere gli occhi in fiamme, pieni di quella luce. Sapeva d'irradiare quella luce attraverso gli abiti. E si sentiva le gambe sempre più leggere e quando abbassò lo sguardo vide che non c'erano impronte. Il soffice manto di neve steso sulla strada era ancora immacolato e fin dove vedeva lui non c'erano impronte e allora tutto il suo essere si riempì d'indicibile gioia
e allora la sentì,
agli inizi molto debolmente e tuttavia distintamente. Sentì la neve cadere lenta nell'aria, ogni fiocco con un suono proprio e distinto e non ostacolato nella caduta così che i suoni di tutti quei fiocchi non mescolavano né stridevano ma si fondevano invece in un canto, quello della neve, che pochi avevano udito. E, pur restando dolce, quel canto diventava sempre più forte, diventava una cosa sola con la luce... e alla fine non ci furono più piedi che lasciassero impronte né corpo né occhi che brillassero ma soltanto luce e suono e gioia. Niente passato, niente futuro, niente, neppure un presente, unicamente la nuova gioia che non conteneva ricordi di angustie e lotte e sofferenze... unicamente la nuova gioia... e capì che sarebbe potuto restare lì per sempre."


(da H.Selby Jr. Il canto della neve silenziosa Universale Economica Feltrinelli 1991 trad. A.Veraldi)

mazapegul ha detto...

Zena, bellissimo testo, e pittorico. Il mare, prima d'essere industria turistica, era così. Così ce lo dipingono i pittori, ce lo scrivono gli scrittori, ne parlano marinai e pescatori. A me, che non appartengo ad alcuna di queste categorie, ma solo a quella dei turisti estivi, piace il mare "nuotato"; molto più vario, in verità, di quello che si osserva dalla spiaggia. (Col desiderio, una volta o l'altra, di farmi ospitare per un giro di due giorni da un peschereccio).

Solimano: quello del bagno con la pioggia è un vizio, tra gli altri, che condividiamo.

Ciao,
Maz

Anonimo ha detto...

Bellissimo Zena, ricordo questo libro per la sua delicatezza...
Grazie, me lo andrò a rivedere. E' bello tornare ogni tanto sui propri passi e condividere questi pezzi di cammino dentro la letteratura.
Baci

Silvia ha detto...

Hai ragione zena:) E poi scopri che non ne puoi più fare a meno.

Il pezzo della neve mi ha ricordato subito un brano pubblicato lo scorso anno sul blog di Remo, nei racconti a 4 mani e parlava di "fioca" appunto.

Questo è molto bello e poetico.

La neve mi piace immensamente, come il mare e mi fa tornare la felicità bambina. Solo lei, così.

Solimano ha detto...

Zena, la spiaggia di Trouville di Courbet è un piccolo quadro come dimensioni (nell'immagine si vedono persino i cretti sulla tela), ma grandioso come espressione della forza della natura. Andiamo tutti al mare quando piove?

saluti
Solimano

Habanera ha detto...

Questo piccolo e possente "Courbet" non lo conoscevo neppure di nome.
Solimano, riesci sempre a sorprendermi.
H.

Solimano ha detto...

Habanera, il quadro non lo conoscevo neppure io, ci sono zompato addosso quasi per caso. Di primo acchito, sembrerebbe un quadruccio tirato via in dieci minuti, ma dopo un po' ti accorgi quanta forza e verità c'è in quella scelta di colori spenti, in quella rinuncia ad ogni superficiale belluria. E ti dà l'emozione drammatica del mare sotto le nuvole e sotto la pioggia, schiaffato dal vento, compresa la terra sabbiosa in primo piano. Lo si gusta ancor più cliccando l'immagine, che di partenza è grande: i numerosi cretti sulla tela aggiungono forza, come se Courbet li avesse fatti apposta. Che uomo, prima ancora che pittore!

saluti
Solimano