Solimano
Avverto il disagio di persone che stimo e a cui voglio bene per la situazione che si è creata, quindi questo è l'ultimo post a cui appongo l'etichetta "Il diario in rete". Il post numero 696. Occorre che ci sia una soluzione di discontinuità, poi vedremo: liberi tutti, libero anch'io. Continuerò a scrivere post in questo mio blog e mi piacerebbe che qualcuno liberamente lo facesse, se crede. Senza più l'etichetta del diario, col nickname e basta. Credo all'utilità della dialettica, del contrasto, persino del conflitto, a volte. Ma non di questo tipo di conflitto. Dalle accademie, piccole e grandi, non è mai nato niente, scomodando per un momento De Andrè. Quindi non credo ai discorsi di atmosfera: la diversità è un vantaggio difficile, non un confine da eliminare.
Sarebbe naturale ringraziare le persone una per una, ma preferisco essere corto, ci sarà modo via email. Però di una persona parlo: Zena. Prima di andare in montagna per due settimane, mi ha spedito due post, dicendo che ero libero di pubblicarli o no, che decidessi io il da farsi. Scelgo di non pubblicarli nel diario, deciderà Zena quando torna, nel diario si possono sempre inserire. Ci sono delle cose che vediamo diversamente, ma la vera generosità la so ancora riconoscere. Non pubblicarli nel diario vuole essere un segno di ammirazione e rispetto. E' un esempio di questi giorni, ne potrei fare degli altri. Le ho conosciute e riconosciute, le persone generose che hanno saputo dare una mano nei momenti difficili. Lo sanno loro, lo so io, lo sappiamo tutti. Vorrei che continuassero a scrivere qui.
P.S. Nell'immagine, "La verità scoperta dal tempo" (1645-52) di Gian Lorenzo Bernini Galleria Borghese, Roma.
giovedì 17 settembre 2009
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28 commenti:
Mi cogli in un momento difficile di passaggio da una casa all'altra e di faticoso riadattamento alla caotica vita milanese.
Anche ora sono di corsa ma tornerò stasera su questo post per commentare con più calma.
A presto
H.
Eccomi, come promesso, dopo una giornata a dir poco infernale.
Il disagio in queste Stanze c'è stato, inutile negarlo, ma chi aveva deciso di restare ha fatto del suo meglio per superarlo e per farlo superare anche agli altri.
A quanto pare non ci siamo riusciti se tu, Solimano, questo disagio lo avverti anche adesso.
Immagino che la tua impressione sia dovuta a discorsi privati (mail o telefonate) di cui non siamo a conoscenza e solo tu puoi sapere come stanno veramente le cose.
Per quanto mi riguarda direttamente sapevi che scrivere non è la mia passione e che ho accettato l'invito a partecipare al Diario in rete per amicizia e simpatia, sia verso di te che verso gli altri partecipanti che in gran parte già conoscevo.
In questa bella (e singolare) esperienza ho creduto e voglio abbracciare tutti i miei compagni di stanze con la certezza che non ci perderemo di vista.
Ciao, generoso e gentile Solimano, grazie di tutto
H.
Habanera, le cose non stanno esattamente così, cerco di spiegarmi meglio.
Punto primo.
Io sento dentro di me che con l'attuale diario in rete è meglio girare pagina, sia perché siamo arrivati a 696 post, sia perché ci sono stati tre incidenti di percorso, il primo piccolo, il secondo grave ed il terzo francamente grottesco (non mi viene un'altra parola).
Punto secondo.
Non avrei nulla contro il fatto di proseguire l'esperienza con un secondo diario in rete che parta ex-novo ed abbia come partecipanti persone che credono veramente nel progetto e che in esso si impegnino. La discontinuità col primo è necessaria perché non ho voluto mischiare le carte, andando in giro in posizione di debolezza per cercare nuovi guest (c'era il problema delle uscite e non mi piaceva agire come se i nuovi fossero dei rimpiazzi).
Tutto bene, apparentemente. Solo che in questi giorni ho avuto la sensazione forse sbagliata di essere piuttosto solo, magari si trattava solo di una serie di circostanze di vita reale. E non si parte per una impresa comune se si è da soli.
Allora che cosa ho deciso? Di ritenere concluso il primo diario in rete (e su questo non ci piove, si tratterà solo di organizzarlo meglio), e prima di cominciare il secondo di mettermi/metterci alla prova. Scriverò più post nel prossimo mese, perché di cose da dire ne ho. Voglio verificare se è uno sfizio mio o se è uno sfizio comune ad altre persone, che conosco, che stimo e in cui ho fiducia.
Se sì, è un nuovo diario in rete e si fa presto a mettere l'etichetta retroattiva.
Se no, sarà qualcosa di diverso, somigliante ad un monoblog. Mi auguro la prima alternativa, ma voglio verificarla sul campo.
Tutto qui, fondamentalmente sarei ottimista, perché la modalità è ottima e con le attuali persone mi sento in sintonia. Ma non voglio sentirmi incastrato in qualcosa che poi non sta su.
Dipende da noi tutti, nella speranza che non si perda tempo ad inseguire chi è uscito: sono maggiorenni e vaccinati, quindi benissimo in grado di valutare se rientrare o stare fuori (stare a mezza via non è una soluzione).
Mi sono sentito solo in questi giorni, ed è stata una brutta sensazione. Spero che i fatti mi smentiscano.
Ciò detto, mi sembrerebbe assurdo mollare una esperienza che ha tanti aspetti nuovi e positivi. Però voglio misurarmi con i fatti, non con le speranze.
Spero di essere stato chiaro.
grazie Habanera e saluti
Solimano
Solimano,
non so se ho capito bene,
ma in definitiva si tratta solo di una questione di etichetta.
Una specie di spartiacque, o qualcosa del genere...
Se le cose stanno così, per me grossi problemi non ce ne sono.
E' solo un blog, certamente. Ma un blog in cui ci eravamo trovati volentieri e forse su cui forse meritava riflettere di più per capire cosa stava succedendo.
Io ho cercato di farlo. Mi sono data un po' di tempo e poi ho capito che questo blog, anche se Solimano, ci aveva fatto delle richieste che i più non gradivano, era anche nostro e dipendeva da noi farlo vivere e come farlo vivere.
E' un po' dell'animo umano trovare a chi dare le colpe. Eppure se io rileggo i commenti, Solimano ha fatto degli errori, ma chi non li fa o non li ha fatti in quella stessa discussione? Le critiche a lui erano tutte legittime e alcune le ho condivise, gli insulti no. E ci sono stati insulti su cui nessuno di noi ha detto niente, perchè? Può succedere di trascendere, ma poi si dovrebbe ammettere tutti di avere sbagliato, quando si sbaglia.
Per questo ho deciso di continuare come ha fatto Silvia, che ha avuto una discussione accesa ma corretta, molto corretta e questo le ha permesso di arrivare ad un chiarimento. Così dovrebbe essere sempre.
Una domanda credo che sia d'obbligo: se era vero che tutti ci trovavamo così bene prima, perchè rinunciare ad una esperienza così bella?
Un blog è solo un blog si pensa, come tante cose nella vita, così si entra si esce e alla fine i gruppi muoiono e l'individuo rimane. Appunto, l'individuo.
Io credo nel lavoro collettivo, credo che costi fatica, ma che valga la pena di lavorare su noi stessi e con gli altri per superare gli ostacoli e le difficoltà anche di relazione. Abbiamo tutti da imparare, perché quello che manca oggi è proprio la dimensione del collettivo.
Dai conflitti può nascere qualcosa di nuovo. Io non li temo.
Sinceramente ho sperato che qualcuno ci ripensasse. Ed invece si va ovunque, ma qui no. Mi chiedo perchè.
E' giusto oggi prenderci un po' di tempo per capire cosa deve diventare questo blog con la consapevolezza che
un blog individuale segue le regole che vuole, uno collettivo richiede un po' più di coordinamento per vivere e non solo sopravvivere.
Le regole non possono essere troppo rigide, ma sono necessarie.
Capisco quindi il disagio di Solimano in questo momento. Le critiche che gli dovevo fare gliel'ho fatte sul blog e via mail. Critiche sì, ma costruttive perchè gli do atto che senza di lui questo posto che a me continua a piacere, non ci sarebbe mai stato e lo ringrazio per avermi dato l'opportunità per lo meno di conoscere le belle persone che ho conosciuto.
Non è stato solo "un monumento a se stesso". E' sicuramente una sua creatura, sta a noi forse renderla anche un po' nostra.
Cerchiamo di capire come.
Barbara, sì, una specie di spartiacque.
Se qui sopra guardi il post che ho inserito stamattina, vedi che nello spazio delle etichette ho inserito solo "Solimano". Potrei metterci "Solimano" e "Il diario in rete" oppure "Solimano" e "Il diario in rete 2", come voglio, e potrei modificare le etichette in qualsiasi momento anche dopo la pubblicazione del post.
Questo piccolo dettaglio tecnico mi ha permesso do ottenere la diretta accessibilità de "Il comunista che fotografava i fiori", de "Alla ricerca dell'arte perduta", de "L'amour est un oiseau rebelle". Una banalità, apparentemente. Ma non è una banalità il fatto che le etichette in gran parte dei blog siano usate alla sperindio, in genere mettendone troppe, il che non invoglia ad andarle a consultare.
Rifletti su come facciamo noi con le etichette in Abbracci e pop corn: ne usiamo lo stretto necessario, il che invoglia il visitatore a cliccarle. Uno dei motivi per cui le Pagine Viste sono molte di più delle Visite: il visitatore arriva e invece di andarsene appena ha visto il post a cui è arrivato, è probabile che vada a vedere anche un altro post. Banalità anche questa, ma vai a vedere quanti sono i blog che non fanno così: il motivo vero secondo me è che non si mettono nell'ottica del visitatore. "Tanto, non è che un blog", questo è il ragionamento, o meglio, lo s-ragionamento.
saluti
Solimano
Giulia sulla faccenda di è solo un blog tu sai come la penso. Mi ripeto perché serve ripeterle certe cose: quello che chiamiamo blog è una modalità software che permette di stare in rete senza che ci sia bisogno di un tecnico informatico, un webmaster. Non va confusa la modalità tecnica con l'uso che se ne fa, col progetto che si ha in testa. E quindi, quand'è che si dice non è che un blog? Come foglia di fico per coprire tutte le stupidate che si scrivono e per comportamenti improntati a superficialità. Dire non è che un blog è una specie di indulgenza plenaria. Io non penso così e non pratico così. Cerco di sfruttare alcune caratteristiche tecniche di questo software finalizzandole a certi obiettivi, ad esempio la facile interattività fra le persone. Come qui, nel diario in rete di Stanze all'aria. I problemi veri sorgono dopo, e sono problemi delle persone, non del blog.
Tu fai due esempi: gli insulti che ho ricevuto e la mia discussione con Silvia. Che debbo fare, con gli insulti? Fare finta di niente? Dire per l'ennesima volta non è che un blog? No, non l'ho fatto e non lo farò. Questo è un esempio in negativo.
Vengo al caso di Silvia. E' andata in modo diverso: prima faticosamente alla fine molto piacevolmente ci siamo chiariti fra di noi via email e adesso non ci sono ombre nel nostro rapporto, salvo che in questi giorni Silvia ha dei problemi col PC. Ed io ci conto, su Silvia, più come commenti che come post, come lei ha detto con molta chiarezza. Smetto con gli esempi e dico la vera cosa che mi preoccupa, che è molto più grande del nostro piccolo diario in rete: l'abituale individualismo anomico (privo di regole) che è abituale in Italia e che crea serie difficoltà ad ogni tentativo di fare le cose insieme. Un esempio concreto: a Monza si vantano perché c'è un numero di volontari elevato. Ma nessuno dice qual è la reale situazione: che le organizzazioni sono troppe, quasi tutte sotto massa critica, ne basterebbero un terzo e il volontariato funzionerebbe molto meglio.
Un altro esempio: nulla di più facile di fare un multiblog in cui ogni blog poggia il suo ovetto e sta per conto suo, come fossero tanti polli ognuno in una sua stia. Ma che delle persone di un piccolo gruppo interagiscano fra di loro, beh, è su un altro piano e richiede, ad esempio, che ognuno si dia una sua disciplina, nel rapporto con gli altri. I polli nelle stie non possono beccarsi, noi sì.
(continua)
Ma vengo al dunque, Giulia. Questo post io lo scritto in una situazione lucida ma desolata. Mi sentivo veramente solo e mi dicevo: "Ma chi me lo fa fare?" Perché di altro cose da fare ne ho, non sto a girarmi i pollici.
Poi è saltato fuori che Zena, Habanera, Giulia, Silvia avevano tutte dei problemi di vita reale (vacanze, viagi da una casa all'altra, familiari, PC), oltre al forte impegno nella vita reale che hanno Barbara e Maz. E così via.
Quindi qual è il dunque, ricordando che ci sono anche altre persone che intervengono più di rado, come Ermione, Letizia, Dario ed Ottavio e chiedo scusa se me ne sono scordato qualcuno.
E' che se ci siamo tutti o quasi non abbiamo problemi come post, possiamo essere tirati come commenti, quindi è meglio crescere sino ad una decina di guest abbastanza assidui. Salvaguardando la situazione attuale come rapporto fra di noi, che come minimo mi sembra del tutto accettabile. Si può sempre migliorare, comunque. Adesso lo possiamo fare perché non c'è più l'aria di rimpiazzo di chi ha deciso di non esserci, non c'è il discorso: "Te ne vai? Ne metto un altro al posto tuo". Di questo è bene che ne parliamo via email.
Tenendo presente un fatto che sfido chiunque a contestare: facciamo scorrere adagio la nostra lunga home page dal post in cima al post in fondo. La constatazione è che malgrado gli incidenti di percorso questo è un posto attrattivo per chi ha un minimo di intelletto e di gusto. Ha i suoi limiti, è nato per fare certe cose e non altre, ma ne possiamo essere fieri senza far nessun monumento, che i monumenti si fanno ai morti e non ai vivi. Ci sono dei pro e dei contro, sostanzialmente sarebbe meglio essere una decina. Buoni però. Magari non artisti non letterati, ma con la voglia di stare insieme produttivamente e piacevolmente e di raccontarsi. Ricordiamoci però il discorso dell'individualismo anomico, che è la vera spada di Damocle sulle attività di gruppo.
grazie Giulia e saluti
Solimano
"...è nato per fare certe cose e non altre, ma ne possiamo essere fieri senza far nessun monumento, che i monumenti si fanno ai morti e non ai vivi. "
Sigh, e io che speravo che dopo la mia morte i miei post sarebbero stati scolpiti su una pietra!
Se mi riesce di ridurre le figlie a letto, metto il mio post stanotte. Altrimenti, se ne riparla martedi' prossimo (per la scrittura, intendo: la lettura procede).
Saluti a Solimano e a tutti voi,
Maz
Il giorno in cui è apparso nel mio aggregatore il post del punto e virgola ero in partenza, borsone in una mano e biglietto del treno nell'altra, senza portatile al seguito, come ho scelto da tempo. Sono stata fuori alcuni giorni ma intanto ho avuto modo di pensarci su. Al rientro, tra una co(r)sa e l'altra, ed anche alla luce del fiume di pixel versato nei commenti, di dire la mia mi è passata la voglia. Ché il senso di quel che avrei voluto dire era già detto dai più, ma – soprattutto – ci sono toni e presunzioni (=modi di presumere) che pure da un monitor percepisco e che mi allontanano. Inevitabilmente.
E tuttavia, visto che dopo il punto e virgola c'è un seguito, e sviluppi che mi dispiacciono, provo ad aggiungere qualche riga, non foss'altro per smentire la consueta sicumera di Solimano quando si dice certo che non sarei intervenuta in proposito (e in base a quali considerazioni, di grazia, a parte il fraintendimento sulle mie priorità?).
Anche se – secondo il consuntivo e le statistiche del punto e virgola e rispetto alla frequenza e all'assiduità di tutti gli altri – dovrei sedermi dalla parte del torto (preferisco quel versante, da sempre) rispondo in quanto esplicitamente richiamata (nel post del punto e virgola, di cui l'odierno post mi sembra l'approdo).
E capisco, ma non condivido.
(continua)
Dal 2003 (anno in cui ho aperto il mio primo blog al quale per lungo tempo ho dedicato troppe energie, peraltro sottratte indebitamente ad altro) ho sentito molte volte questi discorsi. Che in genere camminano di pari passo con il conteggio minuzioso di accessi, visitatori e referrers, incalzando sempre e comunque in direzione di regole, modi e tempi che – a mio avviso – mal si conciliano NON con un blog (che può essere anche uno strumento di lavoro, di comunicazione, propaganda, ecc.) bensì con l'amicizia. Parola grossa, in rete? Forse. Diciamo allora con qualsiasi rapporto di affetto e stima – ne nascono, in rete – notoriamente amanti della libertà e poco inclini alla costrizione.
In qualsiasi rapporto di do ut des (il lavoro, ad esempio: il mio tempo e le mie capacità per danaro o altri benefit) le regole di modi e tempi sono imprescindibili, caschi il mondo – e già troppo mondo casca perché al lavoro non gliene frega nulla della tua vita, se stai bene o male, se i figli si ammalano, se i tuoi vecchi sono da accudire in un ospedale, se ti arrampichi sugli specchi, ecc.).
Ma il blog non è un lavoro, non per me almeno. Se cade questa condizione, se questo modo di porsi in relazione con gli altri (attraverso la scrittura, il reciproco leggersi e coltivarsi dentro e fuori le pagine, pur con una distanza di sguardo e di corpo) perde la sua connotazione libera e volontaria, il discorso per me può chiudersi qui, ché di cose belle e appaganti ne nascono da sole anche nel quotidiano più prosaico. Perché ho scelto da tempo di non complicarmi la vita, perché per fare il blogger maratoneta ci vuole un fisico bestiale e tanto, tantissimo tempo da gettare alle ortiche (o da utilizzare espressamente in questo modo, a scapito di altro). Perché in alcuni momenti della vita fare ciò che si può (e farlo bene) frega lo stress e – contrariamente a quanto suggerisce il luogo comune – la serenità che ne deriva non è affatto la tomba della creatività. Anche perché la creatività, al di là di un blog, prende molte altre strade.
(continua)
Se io lascio deserto il mio blog per due mesi di seguito e poi mi riaffaccio – come posso e se mi va – una volta alla settimana, e non mi do scadenze, assecondando le cose così come vengono, come posso pensare di elaborare una programmazione ferrea e una presenza costante altrove, solo perché frequenza e presenza vengono considerate – discutibilmente – segno di appartenenza?
Ma non mi piace neppure (ed è già accaduto in altre circostanze e con altre persone) che mi si venga a contare nelle tasche e nel mio (pochissimo) tempo: se commento di là e non di qua, da lui invece che da lei, se lascio un saluto ad uno sorvolandone altri dieci. Non ne devo dar conto, e questa mossa, con me, è destinata a far naufragare ogni corrispondenza e rapporto. Non mi sognerei mai di rimbrottare alcuno che passi (o meno) dal mio blog senza lasciare alcun segno pur spendendo altrove il tempo per un saluto o un apprezzamento. Non me lo sognerei mai, e non accetto pertanto – in nessun modo – l'ironia fuori luogo sul tempo dedicato ai racconti "quadrumani" del blog di Remo. Ho delle priorità, è vero, ma sono altre, caro Solimano.
Con tutto ciò non intendo dire nulla più di quanto non sia stato già detto e scritto, ma ho letto con attenzione tutti i commenti in merito. Più di quanto immagini, caro Solimano, queste Stanze mi sono familiari, come i suoi abitatori.
E mi domando, alla fine, a chi sia giovata tutta questa maretta senza lo sforzo di adottare per un attimo anche il punto di vista dell'altro. Anzi, con l'azzardo di presumere e interpretare la "generosità" o meno dell'altro. Ognuno di noi è fatto a suo modo, e tiene a dirlo con un marcato "interventismo", con una garbata protesta o con il silenzio. Siamo però tutti abbastanza adulti e vaccinati: sin troppo sia per bacchettare che per essere richiamati all'ordine, figurarsi per sopportare un cambio di regole nel corso del gioco.
L'assiduità e la frequenza entrano in un circolo viziosissimo quando più di una volta si mostra di dare la precedenza ai numeri piuttosto che alle persone: l'appartenenza – diversamente dalla matematica – è spesso un'opinione, a distanza, soprattutto quando non si mettono da parte certi toni, tra spiritosaggine e frecciata (che a me non piacciono, caro Solimano, contro chiunque vengano usati). In questo caso io – davvero e non a chiacchiere – me ne frego della cultura e dei paroloni, ché non è su questo che uso misurare né le affinità né il senso di appartenenza.
Insomma, peccato. Sarà mica bello un giocattolo rotto? Nessuno di noi è indispensabile, certo, ma neppure sostituibile.
Ben ritrovata Stefania.
Domani, distesamente, risponderò ad alcune tue argomentazioni.
Intanto dico due cose.
Prima cosa.
Guarda con attenzione la nostra lunga home page in cui ci sono molti post. A mio avviso, è una gran bella home page, ci sarà anche del brutto, ma si raccontano bene molte esperienze umane e culturali e soprattutto ci si conversa. Perché questo vuole essere più un posto di conversazione che di commenti e non di rado ci siamo riusciti. Non ne vedo molti, di posti di conversazione (e di esperienze) del genere, segnalamene qualcuno: di cose, non di meta-cose.
Seconda cosa.
Leggi il post con la mia proposta definitiva per il diario in rete, pubblicato dopo la profluvie degli ottanta commenti. Probabilmente non l'hai letta e mi piacerebbe che tu la leggessi. Ci credo, a questa proposta, ascolto volentieri argomenti contrari. Argomenti.
a domani (anzi, a oggi, vista l'ora)
Solimano
Màz, sicuramente dopo la tua dipartita (lontanissima nel tempo), una commissione di saggi proporrà una legge che chiamerei Legge Arcozzi, per cui ogni parola da te scritta sarà incisa su roccia, ma non sulla friabile dolomia, bensì sull'austero granito della Val d'Aosta. Sarà fatto divieto ai rocciatori di aggrapparsi durante le scalate alle vocali nonché alle consonanti dei tuoi detti. Il monte Rushmore piangerà in un angoletto.
saluti
Solimano
Caro Solimano,
ti ringrazio del consiglio di lettura, ma se ti dico di aver letto tutto con attenzione (arrivando fino alla tua discutibile presunzione di generosità altrui, menzionata nel presente post) vuol dire che ho letto tutto.
Nel mio intervento di questa notte mi sono attenuta a ciò che è stato detto e scritto con riferimento a ciò da cui tutto ha preso le mosse: mi auguro che anche tu colga e discuta i fatti, lasciando perdere le interpretazioni.
Aspetto dunque i tuoi argomenti.
Buona giornata a tutti :)
Eccomi qui, Stefania, mi sono alzato poco fa e comincio a risponderti con un commento forse breve, che ti dà un segno di presenza ed attenzione.
Ti ha dato fastidio la mia definizione di "Racconti quadrumani" dei "Racconti a quattro mani" pubblicati da Remo Bassini (che come persona sto rivalutando giorno per giorno).
Non è un dettaglio, un argomento piccolo, vediamone un po' la storia, perché permette di capire molte altre cose.
Quando Remo, due anni, fa annunciò la prima serie dei Racconti scritti in coppia, disse che gli era venuta un'idea forse un po' balzana. Tutti a dire che bello che bello, e io scrissi un commento dicendo: "Per balzana, la trovo proprio balzana". E aggiunsi un altro commento dicendo che quell'idea dal punto di vista visite, marketing (che non è una parola sporca) era geniale e sicuramente per almeno un mese e mezzo le visite al suo blog si sarebbero impennate (e non è una cosa sporca, che le visite si impennino). A questo aspetto Remo è molto attento, e fa bene ad essere attento, fa parte del suo lavoro. Non l'invidio, è un mestiere duro mantenere alte le visite quando non si può contare sulla forza dell'archivio e sul benvolere di Google. Poi i commenti, le discussioni, le asserzioni alla "Stiamo giocando!" le professioni di umilismo letterario, gli scazzi sui giudizi altrui.
La voglia, il desiderio, la pulsione ad essere pubblicati su carta è diffusissima, e su questo tema Umberto Eco scrisse delle pagine mirabili nel Pendolo di Foucault. Farebbero di tutto, proprio di tutto per riuscirci, ogni occasione è buona. E' un mondo che tu conosci bene: scrittori tentativi ed editori piccoli e grandi. Nell'idea di Remo non trovo spessore culturale, neanche umano, se non come infingimento. E' un gioco che non è un gioco. A me piace la schiettezza: gioco chiaro, gioco serio, gioco bello. Proprio come fanno i bambini quando trovano un gioco che li appassiona veramente: si divertono e sono disinteressati.
Siccome stimo la tua cultura, Stefania, che non è una cultura di sfoggio ma è amorosa, a me è spiaciuto vedere una persona della tua levatura, non per l'assenza di tuoi post qui (che sarebbero benvenuti) ma per la tua presenza in quel gioco (che non è un gioco), da cui poi saggiamente poi hai preso le distanze.
Vorrei vedere quanti assidui lettori hanno ed avranno i due e-book che ne sono scaturiti. Ironia della sorte: probabilmente, fra i partecipanti, si annidano alcuni che sarebbe il caso di leggere: ma che scrivano da soli, non accoppiati, suvvia!
Perché ho ironizzato chiamandoli "Racconti quadrumani"? Perché mi andava di farlo, esattamente come mi andava di ironizzare su me stesso quando ho chiamato il blog del cinema: "Abbracci e pop corn" (avrei preferito Abbracci e brustulini, ma vabbè).
Ancora ironia della sorte. il titolo "Racconti quadrumani" è sicuramente più attraente di "Racconti a quattro mani": i quadrumani vien voglia di leggerli, le quattro mani no.
E mo' vado a comprare l'Unità e la Repubblica poi torno.
grazie per l'attenzione e saluti
Solimano
Stefania, non trovo il tempo per approfondire Bufalino e Saramago (e lo vorrei trovare). Ma i 696 post e gli oltre tremila commenti del diario in rete li ho letti tutti con attenzione. E’ un fatto, questo, che non riguarda solo me ma anche gli altri, un fatto di cui sono lieto.
La modalità funziona, le regole iniziali sono state accettate ed interiorizzate, segno che avevano una loro giustezza.
Il grado di libertà dei guest è amplissimo, come argomento, come tempi, come immagini, come quasi tutto. E l’admin fa anche il bidello. Ha dei limiti, come tutte le modalità. Difficile superare i venti guest per problemi di eccesso di relazionalità, difficile che commentino i non appartenenti al gruppo, che si sentono esclusi, mentre non si sentono tali se commentano su un monoblog. Piccola psicologia, ma succede così.
Sto esplorando (non in alternativa) qui a Monza la fattività in ambito local. Abbiamo scoperto subito una cosa: niente mickname, usare il proprio nome vero. Non è un dettaglio.
Ho introdotto una forzatura chiedendo un post alla settimana, e ci siamo scatenati tutti nella ridda degli ottanta commenti. Un’amica mi ha detto: “Tutto perché hai chiesto un post alla settimana? Avrei capito se tu avessi chiesto una quota sociale!”
Vittorio Zucconi, qui a Monza, ci ha detto che dopo la caduta del muro, chiese a un suo amico politico russo: “Avevate in mano tutto, dove avete sbagliato?” La risposta fu: “Nel non capire la natura umana”.
La pulsione di dominanza esiste, fa parte della natura umana. Si può colpevolizzarla, negarne l’esistenza in sé stessi. Fatto sta che esiste, che noi lo vogliamo o no. Persino Pascal scrisse: “Chi si vuol fare angelo si fa bestia”, e l’epistolario fra Freud e Jung prima della rottura è emblematico, con Freud che butta tutto sulla libido sessuale pur di non accorgersi della sua pulsione di dominanza in atto. Tutta questa storia per dire che un capo, sia pur piccino picciò, dà di per se fastidio, per il solo fatto di esserci. Seguo Darwin Lorenz, Monod e Laborit e dico: “Che fare, con questo cacchio di pulsione di dominanza?” La mia risposta è: vederla, mostrarla, non far finta che non ci sia, neppure che derivi da un peccato originario. C’è e basta. Mostrandola si può esorcizzarla utilizzandola a pro di una fattività comune.
Se si ragiona in termini di dialettica, contrasto, persino conflitto a volte è meglio che in termini di atmosfera. Nei commenti, non nei post.
Ce ne sono dei fatti nel mondo dei blog di cui sarebbe il caso di parlare, perché ingenerano circoli viziosi: la commentaggine laudatoria generalizzata, come merce di scambio di visita. Il sono amico di Stefania, Deborah m’ha scelto come amico. Le filiere di appartenenza. Tutto questo, sì è tempo buttato alle ortiche. E i luoghi comuni sui contatori, con i relativi trucchi.
Qui mi sono trovato e mi troverò meglio: tutto ha un senso di esperienza reale, di incontro fra vita e rete. Mi piace, che farci.? Tanto più con la proposta finale in cui ho il mio vantaggio: niente animazione turistica, commenti solo dove l’estro mi tira. Più tempo per fare il guest, e quando scrivo la pulsione di dominanza dorme il sonno dell’ingiusta e mi trovo a mio agio, perché sono immerso totalmente nello scrivere, attività che prediligo.
Tutto sta vedere se le cose basta dirle o farle. Se si fa e si fa insieme, certamente si dà fastidio, ma è meglio, almeno per me.
grazie e saluti
Solimano
Ho atteso la replica di Stefania, ma non è arrivata. Me lo aspettavo, ha scelto la strada del silenzio eloquente.
E allora scrivo io, perché ho alcune altre cose da dire, qui nei commenti a un post in cui dico che il diario in rete chiude dopo 696 post, decisione che sono sempre più convinto che sia opportuna: una soluzione di discontinuità ci vuole.
Anzitutto, immagino l'imbarazzo e il disagio di lettrici e lettori nel leggere quello che ho scritto riguardo i racconti a coppie nel blog di Remo Bassini.
Ma come si permette? Queste cose non si fanno! Non si critica in questo modo un altro blog etc etc.
Non mi è scappata la penna, l'ho fatto volutamente, perché certe cose si possono fare, anzi si devono fare, a prescindere dal blog di Remo Bassini (che è e resterà nei miei preferiti di Abbracci e pop corn).
Il punto, non è il gné-gné con cui me la sono presa spesso, e neppure nell'amicalità splinderiana del sono amico di Tizio, mi ha scelto come amico Caio, che è un lubrificante sociale a dosi massicce.
Il punto è più vasto, e riguarda un problema diffusissimo nei blog, sentito da quasi tutti: l'autosostentamento, o meglio il sostegno reciproco spacciato per amicizia (parola grossa). Primum vivere, deinde philosophare: un giro bisogna crearselo. Risparmio tutta la trafila, giungo al risultato: che un mondo apparentemente libero, liberissimo, assume giorno per giorno, senza rendersene conto, un habitus cauteloso e omissivo in cui le alternative sono solo due: al 95% ci si abbraccia, al 5% ci si scazza. Il punto non è se un problema esiste, è serio oppure no, il punto è in una domanda: mi conviene parlarne?
(continua)
Il fatto che la rete sia piena di aspiranti scrittori è vero, credo che sia il caso di parlarne, valutando, dissentendo, discutendo con altri che hanno opinioni diverse. E' naturale farlo, perché no? Difatti con Remo la discussione finì nel blog di Sabrina, con la netta sensazione che ognuno dei due capisse, sotto sotto, le ragioni dell'altro, perché anche Remo aveva le sue ragioni: soprattutto rispondere efficacemente ad una richiesta di mercato (non è una frase sporca) esistente e che tuttora esiste.
Di esempi ne ho fatto uno, ma se ne potrebbero fare quanti si vuole: la situazione di indipendenza dei blog è solo apparente: dipendono dal buonvolere del loro giro e tendono a non mettersi in contraposizione ad altri giri, perché non si sa mai: il conte zio col suo quieta non movere et mota quietare potrebbe andarsi a nascondere, di fronte a tanti blog.
A meno che...
A meno che il blog abbia un suo vero valore aggiunto di utilità e di gradevolezza, che lo renda apprezzabile iuxta propria principia in rete, a prescindere persino dalla numerosità dei commenti che vi si fanno. Bisogna saper essere più centripeti che centrifughi, solo in tal caso si è in grado di mettere i problemi e le discussioni nel piatto, in modo razionale e senza preoccuparsi delle conseguenze. Chi riesce a diventare un posto a valore aggiunto è tranquillo (persino a prescindere dalle visite quotidiane), chi non lo è finisce a parlare, a vedere i problemi e le situazioni, a seconda delle opportunità o no, dei vantaggi e dei rischi conseguenti. Non è certo il caso del blog di Stefania.
Alcune osservazioni di dettaglio.
Stefania non gradisce le frecciate, beh, c'è di peggio, a me sono arrivate frecce, non frecciate: pubblicazione non autorizzata di email, cancellazioni di post e di commenti, insulti. Di questo Stefania non parla, forse non se n'è accorta.
Ferrea regolamentazione per aver chiesto un post alla settimana? Una richiesta poi ritirata? Suvvia!
Il giocattolo rotto?
No, il diario in rete è qui, è una cosa molto più bella che brutta che tutti siamo fieri di essere riusciti a costruire, sia quelli che resteranno che quelli che se ne andranno.
Chiudo con le parole che hanno evidentemente fastidio a Stefania, non per dare ulteriore fastidio, ma perché sono più fatti che parole:
Le ho conosciute e riconosciute, le persone generose che hanno saputo dare una mano nei momenti difficili. Lo sanno loro, lo so io, lo sappiamo tutti. Vorrei che continuassero a scrivere qui.
grazie e saluti
Solimano
Ma insomma, Solimano, è a dir poco insopportabile la tua impazienza e la tua presunzione. Ancora.
"Ho atteso la replica di Stefania, ma non è arrivata. Me lo aspettavo, ha scelto la strada del silenzio eloquente".
Premesso che non ho neppure continuato a leggere (ho ragù e braciole sul fuoco, il flan di verdure da infornare, le lenzuola da mettere a bucato ed un altro paio di quisquilie che oggi costituiscono le mie priorità), mi verrebbe voglia di piantar qui la tastiera, ma non lo faccio per rispetto verso tutti gli altri, e se non sei capace – ancora una volta – di concedere agli altri 24 ore di tempo (o comunque il tempo necessario) e a te stesso un salutare beneficio di dubbio, prova almeno ad usare maggiore cautela.
Leggerò e replicherò non appena potrò, se ti sta bene (ma anche se non).
Non va per niente bene questo modo. Eccheddiamine.
Rispondo sempre, caro Solimano, ma siccome il tempo resta poco e di scarsa qualità a causa della stanchezza, voglio andare al dunque senza disperdere le forze nelle inutili digressioni da te spesso proposte. Con la schiettezza che dici di amare tanto. Ovvero, ciò che mi interessa è unicamente la questione sollevata dal post del "punto e virgola", con i suoi sviluppi e fino all'esito adombrato da questo post, e vado in ordine: se vuoi, per gli aspiranti scrittori che si raccolgono intorno al blog di Remo creiamo un altro thread, ché è fuorviante e pretestuoso occuparsene a qualsiasi titolo qui e ora. Sai benissimo di aver tirato in ballo i "racconti quadrumani" per un appunto che non ti compete e che si impiccia di mie scelte e preferenze amicali. Ho grande stima di Remo, sono fiera di averlo incontrato semplicemente perché "Remo" e non perché "lo scrittore Remo Bassini". Se dunque mi sono trovata temporaneamente coinvolta nell'esprimere valutazioni sui racconti del contendere ciò era il risultato di nostre private interlocuzioni e corrispondenze. Come tu non sai, all'interno di esse ci sarebbero molte risposte ai tuoi rovelli, ma che nulla hanno a che fare con il "punto e virgola" di Stanze all'aria.
Perché i 696 post e i commenti a tre zeri (ancora e sempre il metro dei numeri!) saranno pure un fatto, ma non meno delle defezioni e delle perplessità che Stanze all'aria si ritrova sul groppone in questo momento, e per che cosa? In fondo l'admin (al quale nessuno si era mai sognato di chiedere le mansioni supplementari di animatore turistico o bidello: non si fanno cento cose per poi rinfacciarle a chi non le ha domandate) ha chiesto ai guests un post alla settimana, mica una quota sociale... Ma il tono e il modo, evidentemente, andrebbero ripensati (buono l'aneddoto di Vittorio Zucconi, se usassimo le citazioni anche per riflettere e non solo per... citare). Come ho scritto stamane ad un'amica, amo le esperienze collettive purché inter pares (admin, guests, bidelli e portieri). Mi piacciono perché è lo sforzo complessivo che conta, l'obiettivo, laddove l’eccedenza del contributo di uno va a “pareggiare” il difetto dell’altro, con buona pace della "pulsione di dominanza". Altrimenti si chiama competizione, ma a me non interessa.
- continua -
E comunque, caro Solimano, fai troppe cose perché "ti va di farle". Hai voluto fare il punto e virgola della situazione, esattamente come – a fronte degli sviluppi – hai voluto prendere sottogamba il punto di vista altrui. Hai ridimensionato le pretese. Hai messo sul tappeto una quantità eccessiva di argomentazioni collaterali. Hai reiterato in neretto la tua capacità di riconoscere la generosità e l'abnegazione, auspicando che continuino a sostenere questa bella avventura...
Far precedere questa ammirevole volontà da qualche domanda non guasterebbe, così, tanto per essere un po' più cauti. Eviteresti, la prossima volta, di presumere a ripetizione (su di me e su chiunque altro), di dare troppo per scontato, di predicare il beneficio del dubbio sparando sui difetti di credulità (salvo poi basarti esclusivamente sulle tue personali certezze) e soprattutto – a chi ti contesta l'uso smodato di frecciate – di rispondere lamentando le tante frecce (delle quali, nel contesto del "punto e virgola", non c'era assolutamente bisogno). Sono responsabile delle mie azioni (non ancora giunte a cancellazioni, insulti e pubblicazioni non autorizzate di email), e di quelle rispondo (non è già abbastanza?).
Il giocattolo è rotto, benché tu sia tentato di sbertucciarmi, caro Solimano. Ciò che sopravvive, e potrà solo rafforzare le sue difese, è la rete di affinità, affetti, stime, appartenenze e solidarietà che abbiamo saputo tèssere, anche silenziosamente, anche senza fare testo e statistica. Lì numeri e chiacchiere non ce ne vogliono, lì – davvero – sono i fatti che contano.
In tutto questo – se puoi – rispondi alla domanda più semplice: a chi giovano "il punto e virgola" e la sua affollata stirpe? Cui prodest tutto ciò? Non andava così bene, questo Diario in rete, se ci sono voluti 696 post per costruirlo e uno solo per distruggerlo...
Che si sappia, però: alle occasioni, alle possibilità, agli incontri e ai confronti offerti da Stanze all'aria va tutta la mia gratitudine. Comunque vadano le cose.
Stefania, il diario in rete chiude con questo post, il numero 696.
Non è un giocattolo rotto, è un file con 696 post e più di 3000 commenti, come quantità. La qualità è generalmente più buona che cattiva.
Io non ho cancellato nessuno.
Quindi, ora, chi vuol postare può farlo, mettendo però solo l'etichetta personale, non quella "Il diario in rete".
Le regole sono quelle specificate nel mio post "La mia proposta per il diario in rete" pubblicato qui domenica 6 settembre 2009 e che ha avuto più di 40 commenti.
Chi non vuol postare non posta, idem per i commenti.
Fra un po' di tempo, credo meno di un mese, deciderò se mettere l'etichetta di "Il diario in rete II" oppure no. E deciderò se invitare altri guest oltre quelli che ci sono e che postano.
Tutto qui. Ognuno decida liberamente il da farsi.
saluti Stefania
Solimano
Sto rileggendo a ritroso, amici delle Stanze.
La discussione che le ha scosse, lo ripeto, mi ha lasciato amarezza, un'amarezza trasversale: ammiro chi sa intervenire, spiegare le sue motivazioni, dire con chiarezza.
Spesso io non riesco: ho bisogno di tempo per dire.
E quando dico, dico poco.
Forse anche poco chiaramente, perchè mi lascio sopraffare dalla emozione.
Poi sono partita, perchè c'era di mezzo non il piacere di vacanze belle e senza pensieri, ma il bisogno di una convalescenza.
L'invio a Solimano di un paio di piccoli testi da usare al bisogno era un segno di affetto diffuso per questo luogo e per i suoi abitanti.
Il mio ragionamento è molto semplice: se un luogo resta in vita, c'è 'spazio' per tutto e per tutti.
C'è spazio per parlare e per confrontare idee diverse, anche per discutere animosamente.
C'è soprattutto uno spazio a cui tornare, in cui correggere il tiro, in cui chiarirsi e chiarire.
Se un luogo muore, non c'è e basta.
Come si fa, allora, a tornare e a correggere, magari a ricostruire?
Ogni cosa resta al punto (talvolta oscuro, talvolta senza aperture) in cui è approdata.
In passato ho sofferto troppo per la sparizione di luoghi di aggregazione: penso ad antiche sezioni diventate ora succursali di bar o trattorie.
Inevitabilmente, senza i luoghi, finiscono con lo sfilacciarsi le relazioni.
Io tengo alle relazioni che si sono 'impiantate' o hanno iniziato ad impiantarsi, qui: le ritengo un antidoto in tempi cupi, in cui si è ostinatamente ricacciati nel privato dalla delusione, dal senso di impotenza.
Ecco perchè continuo a sperare nei ritorni e nella sopravvivenza dei luoghi capaci di ospitarli.
In uno spirito di affetto e di rispetto delle persone, delle priorità, dei modi.
Caro Solimano, io credo che queste Stanze siano state attravesate dai gesti di generosità di tutti.
Generoso è chi scrive fra mille impegni e preoccupazioni: ovvero ciascuno di noi.
Generoso è chi sa scrivere senza mai lamentarsi sulla sponda di un immenso dolore.
Generosa è stata Giulia che ha postato da lontananze incredibili,lo stesso ha cercato di fare Sabrina dal suo paese sardo o Haba, dislocata stagionalmente altrove.
Generoso è chi ha portato qui le sue esperienze, di viaggio e di vita, di incontri e di lavoro, di passione e di studio e ha dato il suo tempo, poco e tanto che sia: ovvero ciascuno.
Generoso sei tu, e il perchè è sotto gli occhi di tutti.
Generosa è Stefania (persona totalmente splendida) che trova nelle sue giornate di 48 ore (infilate in 24 )il modo di leggere tutto.
Questo voglio dire: è transitato e transita un potenziale umano prezioso , in questo luogo: qualunque sarà la sua trasformazione futura, io vorrei che mettessimo questa cosa davanti ad ogni motivo di divergenza.
Con affetto,
zena
Grazie SZena, perchè, come sempre hai saputo dire meravilgiosamente quello che penso anche io e il motivo perchè sono qui
Un abbraccio e bentornata
Condivido.
Bentornata amica mia:)* Bentornati.
Grazie Zena! Per i due testi che mi avevi inviato, provvedi tu -se vuoi e quando vuoi- alla pubblicazione. Provvederò alla scelta delle immagini (che mi arrogo come diritto acquisito...) in un secondo tempo, perché ho ancora il mio PC dal riparatore e sto continuando a profittare della gentilezza degli amici.
buona giornata
Solimano
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