Di Antonio Gurrado ignoravo addirittura l'esistenza, ma il 4 agosto 2009 l'ho eletto a mio provvisorio eroe personale. Sentite un po' cosa ha scritto sul Foglio, a partire dal titolo, lungo come una quaresima cattiva, ma sotto sotto carnevalesca:
Si sveglia tardi, l’arcivescovo Nichols. Poteva farlo un paio d’anni fa, quando lui era ancora a capo della diocesi di Oxford e io mi sentii chiedere dalla mia vicina di camera al St Hugh’s College, in procinto di tornarsene in America: “Hai Facebook?” “No.” “Vabbe’, allora niente”. E niente fu: mai più vista né sentita nonostante mesi di buon vicinato e profferte di aggiornamenti eterni. Oggi potrei anche ricostruire il suo nome ma mi guardo bene dal ricontattarla per chiederle se si ricorda ancora di me. Potrebbe rispondere di sì. Infatti ora Facebook ce l’ho ma lo uso soprattutto per offendere le persone. Tre richieste di amicizia su quattro vengono scartate, non solo premendo il miracoloso pulsante “ignora” – che andrebbe importato anche nella vita reale – ma anche rispondendo con una mail circostanziata nella quale spiego nel dettaglio i motivi del rifiuto. Vi assicuro che dà una sensazione molto più piacevole dell’antiquato gesto di sbattere il telefono in faccia agli immeritevoli.
Come sempre non conta tanto lo strumento in sé ma il suo utilizzo. L’arcivescovo Nichols lamenta problemi evidenti (disumanizzazione, isolamento) e presunti (il suicidio?) ma se fossi in lui proporrei piuttosto metodi alternativi, iniziative ludico-luddiste per dare più importanza alle persone e meno ai loro profili virtuali. Ad esempio: invece di allungare all’infinito la lista di amici ponendo tutti sullo stesso piano, ridurla progressivamente eliminando quelli che hanno meno ragion d’essere. Se oggi ho, vediamo, 134 amici, entro la fine del mese potrei soppiantarne quattro che ritengo superflui o dannosi riducendoli a 130 per fare cifra tonda. Entro la fine di settembre scenderei a 120, a ottobre a 110 e così via. Idem dovrebbero fare i miei amici e gli amici dei miei amici – peraltro questa terminologia dimostra che Facebook è la mafia 2.0. Così, eliminandone dieci al mese o uno ogni tre giorni, intorno ad aprile dovrei ritrovarmi con 50 selezionatissimi amici, cifra finalmente ragionevole. Considerando però che nel frattempo buona parte di quelli che non ho avuto cuore di eliminare mi avrà di sicuro sacrificato a tradimento con lo stesso gioco crudele, entro sei mesi sul mio monitor comparirebbe il triste epitaffio “Gurrado non ha amici”, e come me tutti gli altri.
Facebook chiude e l’arcivescovo Nichols trionfa. Ma forse non c’è nemmeno bisogno di questi mezzucci: basta aspettare che la gente muoia. Non parlo di suicidarsi eliminando il proprio profilo (tanto più che Facebook è un Dio geloso, che si compiace di chiedere per centinaia di volte al tuo indirizzo mail perché te ne vai, e non andartene, e pensaci due volte, e pensaci tre, e torna fra noi), parlo proprio di morte naturale. Purtroppo gli utenti di Facebook hanno un’età media piuttosto bassa quindi il loro decesso è un evento ancora raro; ma il tempo gioca a favore della comare secca e, per estensione, dell’arcivescovo Nichols. Se io per esempio schiattassi questa sera, il mio profilo su Facebook continuerebbe a vivere e prosperare come se niente fosse. La mia casella postale accoglierebbe comunque gli aggiornamenti dei gruppi “Il telo sulla Ghirlandina”, “Le donne preferiscono gli uomini di destra” e “Ci avete rotto il cazzo con Roberto Saviano”. Verrei comunque sommerso di test quali “Scopri quanto sei valdostano” e “A quale delle Desperate Housewives corrispondi?”. Orde di sconosciuti molesti si lamenterebbero perché non rispondo più alle loro casuali richieste d’amicizia.
Sempre che qualcuno non si accorga che sono morto e decida di diffondere la notizia. La bacheca di Facebook si presta agevolmente anche all’uso funerario e l’esibizionismo tracimerebbe al momento del saluto estremo: “Ci manchi”, “Per l’ultima volta ciaoooo”, “Grazie di tutto e a presto, anzi spero di no”, “Brutto maiale mi dovevi dieci euri”. Qualcuno creerebbe l’evento delle mie esequie. Man mano che gli utenti invecchiano e muoiono, ai sopravvissuti verranno a noia questi profili imperituri e anche in questo caso si finirà con il fallimento di Facebook e la gloria dell’arcivescovo Nichols. Il quale si accorge adesso che Facebook spersonalizza ma in Inghilterra non lo ascolta nessuno: non perché sono tutti protestanti ma perché sono già tutti su Twitter.
P.S. Sì però. Ma senza Facebook, cosa si fa? La risposta me l'ha data un altro mio eroe personale: Snoopy. In tre controcopertine di Linus illustra tre possibili alternative, tutte gradevoli. Le immagini le traggo, rispettivamente, dai numeri di Linus dell'agosto 1968, del novembre 1968 e del maggio 1967. Sono un po' sinistrate, ma qualche anno è passato da quei giorni. (s)
8 commenti:
Io oramai passo sporadicamente. Ignoro molto spesso baci, abbracci, regali et similia perché sono un gatto che si morde la coda, ci si contraccambia all'infinito. Ho messo una pietra sopra guerra di bande e tutto il resto del genere. Evito di leggere l'amica che mi inonda l'homepage di str.....e new age e romanticherie da quattro soldi. Sto imparando a ignorare richieste di amicizia che non mi interessano minimamente e uso FB oramai solo per ficcare spudoratamente il naso negli affari dei miei figli, visto che non hanno tempo di telefonarmi ma per cazzeggiare su FB il tempo lo trovano sempre. Ho scoperto che FB è una buona palestra per irrobustire i muscoli del mio carattere troppo accomodante. E allora andiamo avanti così! Salutissimi, Annarita
rimango a McLuhan :-P
un saluto a tutti :-)
Credo di averlo già detto, ma non ricordo se in queste stanze o altrove.
Siccome ho un'amica che è sempre molto trendy, fui "costretto" ad iscrivermi quando FB non era ancora diventato un fenomeno di massa. Ci rinunciai dopo un paio di settimane, non fa per il mio caratteraccio (anche oggi sono sbottato sul blog).
Non conoscevo neanch'io l'autore dell'articolo, ma trovo che sia molto divertente e che dica con ironia qualche verità.
Ciao a voi.
Annarita, condivido il tuo sano opportunismo.
Eravamo ad una cena alla fine di una giornata di lavoro, quattro uomini e quattro donne, tutti a gné gné vicendevoli. E il mio amico detto lo squallido snudò la spada da samurai dicendo: "Qui, fra di noi, c'è solo un rapporto di falsa intimità". Per fare un numero del genere, ci voleva proprio lo squallido, magari rozzo, ma coraggioso al limite della spudoratezza. Nessuno - e nessuna - ribatté: aveva ragione, senza se e senza ma. E ci mettemmo a parlare distesi da buoni conoscenti. Era già qualcosa di meglio della falsa intimità.
Ce ne vorrebbe, ogni tanto, nella sottocultura blogghiera e in quella facciabocchiana, qualcuno che la mettesse giù in questo modo, perché spesso e volentieri si spaccia per gentilezza quella che è solo una piccola e ipocrita baratteria in cui io do un commento a te e tu dai un commento a me.
Ma sono asettico, riguardo a Facebook, né pro né contro. Dipende da quello che uno vuole (il guaio che spesso non lo sa neppure lui, quello che vuole).
Dice bene il Gurrado: dare più importanza alle persone e meno ai loro profili virtuali. Facile però è dirlo, meno farlo. A volte, anche qui, ci caschiamo anche noi.
Dario, l'arte vera è nel dar torto nei fatti a Marshall McLuhan, perché il suo troppo iterato "il mezzo è il messaggio" dal punto di vista neuronale è sbagliato: io non mangio il menu, né le posate né i piatti, mangio il cibo. Ma l'abitudine, eh l'abitudine! Contagia tutti, anche noi, con le mefitiche e ridicolissime amicizie splinderiane, per cui proclamo ancora una volta: "Sono nemico di Samantha!" e "Debora non mi può vedere!". Meglio un nemico vero che un amico falso. Evviva il conflitto culturale, politico, morale. Ce n'è bisogno, il conflitto è un fattore di miglioramento. Non lo è lo scazzo apparentemente irrimedibile che dopo cinque minuti sono lì a prendere il caffé insieme.
Amfortas, vieni a raccontare a me del tuo caratteraccio? Siamo stretti parenti, fuor di ogni dubbio. Un guaio, però. Vuol dire anche schiettezza, non tenersi le cose che è bene non tenersi e comunque il contrario lo sappiamo: essere privi di carattere, sai la noia, per sé e per gli altri. Forse è meglio avere un sapore aspro e preciso. Budini zuccherosi? No grazie.
saludos
Solimano
Gurrado, che lo voglia o no, di amici continuerà ad averne sempre. Lui li cancellerà ma ne troverà continuamente di nuovi... almeno finchè continuerà a scrivere in maniera così simpatica e divertente.
Gurrado, vuoi essere amico mio? :-D
H.
Decisamente divertente. Anche a me, come a tutti quelli che conosco, è venuta voglia di vedere che era questo FB, mi sono iscritta e ci ho trovato immantinente tutti o quasi i miei colleghi, preside compresa. Sono scappata a gambe levate, e la mia permanenza complessiva credo sia durata un'oretta.
In generale detesto questi aggregatori sociali (credo si chiamino così) e, se da un lato ne comprendo il successo, soprattutto presso i giovani, dall'altro mi stupisco del fatto che durino tanto.Pensavo fossero più veloci a passare di moda.
Allora, caratteraccio Amfortas, caratteraccio Solimano, caratteraccio Ermione; ma è un caso? Per consolarmi mi dico anche io quello che dici tu, Solimano: meglio un cattivo carattere che nessun carattere.
E lo sai che COWA BUNGA ce lo devo avere anche io? Ricordo benissimo che, all'epoca, era diventato un gioioso grido di battaglia in famiglia mia.
Io sono una schifosa opportunista.
Ho iscritto la libreria su FB da quando ho capito che era un mezzo rapidissimo per il passaparola.
Del tipo : "domani da noi tizio leggerà le sue poesie". Con un click in cinque secondi lo dici a cinquecento persone. Poi di quelle cinquecento solo tre o quattro sono interessate alle poesie di tizio, ma tre quattro persone in più niente non sono.
Inoltre ce ne sono diversi che piuttosto di prendere e partire ti mandano il messaggino :"ce l'hai il lbr di kaio?"
"sì"
"evvai...lo cerkavo da una vita! Passo +trd, vvukdb! Ciauuuzzzz!"
E quindi, benvenga pure FB!
Barbara, guarda che io sono per il meticciato, quindi mi può star bene tutto, ed un tutto mischiato: sitaioli, blogghisti/blogghieri/bloggatori, facciabocchiani. Dipende solo da quello che uno vuol fare, ed il problema è lì, che spesso non ci si pone il problema di quello che si vuole veramente fare. "Basta esserci, il resto vedremo", questo è un frequente postulato.
Quindi l'opportunismo commerciale mi sembra un motivo serissimo, e fai bene.
Però.
Occhio a farlo veramente bene, perché, secondo me, non puoi andare con lo spadone di una lista di distribuzione unica. Occorre personalizzare un pocolino, e quindi, ad esempio, una listarella di quindici nomi, una lista di cinquanta ed una listona di cinquecento vanno benissimo, utilizzandole a seconda dell'obiettivo.
Il Signor Murdoch non dedicherebbe tanto del suo tempo al tema della Pubblicità Personalizzata, se non fosse così. Lo so il tuo segreto obiettivo: diventare la Signora Murdoch di Civitanova Marche, e questo è il primo passo. Il secondo sarà quello di estendere il tuo potere da Gabicce a Porto San Giorgio, poi si vedrà. Ambiziosa! (E' una lode).
grazie e saludos
Solimano
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