Giulia
Mi affaccio timidamente in queste stanze in cui avete continuato quel dialogo che a me piace tanto: sincero, mai fuori dalle righe, mai banale e che, senza essere compiacente, dimostra interesse per quello che l'altro vuole comunicare. Pian piano leggerò quello che ho perso. Non è un compito che mi do, ma è un riallacciare fili, ritornare tra di voi.
Torno da un viaggio che, come sempre, mi ha dato molto, sicuramente non certezze, non verità, ma domande sì molte, sensazioni, emozioni.
Ricordo la prima volta quando sono arrivata in Brasile a Rio de Janeiro. Sull'auto che era venuta a prendere me e Claudia all'aeroporto, vedevo scorrere questa città che nel mio immaginario era e doveva essere “solo bellissima”. Confesso che li per lì rimasi un po' delusa: non stavamo passando da Copacabana, né da Ipanema, né tanto meno da Leblon. Davanti a me si presentava una metropoli caotica, costruita senza nessun criterio urbanistico: piccole abitazioni affiancata a case di 10 o più piani, e poi favelas su ogni collina, tante favelas che dall'alto guardavano la città.
Il viaggio verso la casa che mi avrebbe ospitata mi sembrava sempre più lungo, le distanze mi sono sembrate subito enormi.
Mi fu subito chiaro che vivendo in quella città, tra persone che non sapevano la mia lingua, che non mi avevano mai visto avrei fatto un'esperienza che mi avrebbe in qualche modo cambiata.
Voglio tentare di raccontarvi questo viaggio in questo paese così ricco e contradditorio, così inafferrabile, voglio parlarvi di quello che ho visto e ascoltato, ma voglio parlarvi anche di come mi sono sentita io, immersa in un mondo che non era il mio.
Ancora una volta ho compreso quanto “gli stereotipi”, i “luoghi comuni” intessono fitte maglie per ingabbiare la complessità e per sfuggire al nostro senso di spaesamento di fronte a ciò che non si conosce.
Ho viaggiato sempre con un taccuino in tasca per catturare un pensiero, o meglio uno schizzo di pensiero, un'immagine, un episodio. Non pensieri elaborati, quindi, ma piccole impressioni, piccoli aneddoti, su cui tornerò per ricordare e qualche volta per riflettere insieme a voi.
martedì 25 agosto 2009
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7 commenti:
Già l'immagine è molto eloquente.
Sono seduta comodamente e attendo il tuo narrare. So già che scoprirò cose nuove:)
Bentornata:)*
Bentornata Giulia.
Gli stereotipi, i luoghi comuni.
Tutti a parole lodano il cambiamento: cambiare è bello!.
Solo parole, nei fatti il cambiamento si cerca di evitarlo, addirittura di non vederlo perché genera insicurezza.
Ti faccio un esempio che riguarda proprio il Brasile. Tanti anni fa mi raccontò Arrigo (mi ha scritto una bella email che non publico, perché è molto personale) che aveva sentito parlare del dramma delle favelas a Belo Horizonte.
Siccome Arrigo ha sempre girato il mondo, dopo qualche mese era proprio lì, a Belo Horizonte. Si trovò a parlare con un importante personaggio locale e chiese delle favelas. Questo lo guardò meravigliato e gli disse: "Quali favelas? Non ci sono favelas a Belo Horizonte". A quei tempi, 200.000 persone vivevano nelle favelas di Belo Horizonte.
Negare, negare sempre, specie l'evidenza.
grazie e saludos
Solimano
Bentornata anche da me.
Dici che il viaggio ti ha dato molte emozioni. Cosa chiedere di più, ad un viaggio?
Ciao!
Bentornata, aspettiamo pensieri, immagini, episodi, aneddoti, appunti. Tutto ciò che la tua sensibilità ci offrirà. E sarà un grande piacere. Salutissimi, Annarita.
Aggiungo il mio bentornata a quello degli altri. Hai già saputo raccontarci qualcosa con quelle bellissine immagini (ma come fai?) mandate da laggiù, ora sarà piacevole e interessante leggerti: hai sempre una profondità ed una sensibilità non comuni.
Grazie per il benvenuto Silvia, Amfortas, Annarita e grazie Ermione per i tuoi apprezzamenti. Per quanto riguarda le foto basta avere una bella macchina fotografica ed un bel posto da fotografare ed il gioco è fatto.
Solimano, il cambiamento fa davvero paura. A rio parlano eccome delle favelas, perchè le temono. Ma ugualmente negano spesso che è un problema che andrebbe affrontato e non demonizato. E' una situazione sempre più difficile da affrontare, ma ne parleremo per quello che ho potuto capire durante i miei soggiorni a Rio.
Ma ho sentito a San Paolo questo atteggiamento, non tanto negare che le favelas esistano, ma dire che sono molto meno pericolose che a Rio. La rivalità "bonaria" fra le due città è nota.
Bentornata Giulia,
anche io ti ascolterò con piacere perchè, come ti ho già detto quando sei partita, il Brasile per me è sinonimo di Plutone.
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