giovedì 27 agosto 2009

Cartoline dal Brasile (10)

Giulia


Maceió è una città di 1.062.100 abitanti ed è capitale dello stato di Alagoas nel Nordest del Brasile. Grazie al suo clima tropicale con una temperatura media annua che supera i 25 ° e alla presenza di lunghe spiagge il turismo non manca. Il litorale è dominato da alberghi di lusso e grattacieli e di tutto quello che può rendere gradevole il soggiorno in quella città.

Quello che vedi, anche solo dal pullman, se lasci il litorale, è una realtà è molto diversa dalle cartoline che mandiamo a casa, dalle spiagge turistiche in cui ci si può godere seduti nel mare un sole forte e generoso quando la marea è bassa.

Casette costruite con materiale di fortuna si addossano le une alle altre lungo il percorso.

Sembra che Maceiò sia la città che meno si è evoluta in Brasile,
Dove non ci sono case vere a custodire la vita delle persone, non c’è intimità. Tutto è sotto gli occhi di tutti. Una mamma lava il suo piccolo in una piccola vasca gonfiabile. Il bambino le sorride e la mamma gli accarezza i capelli bagnati.
Un vecchio siede davanti alla porta della sua piccolissima casa, guarda la vita scorrere davanti a lui che è fermo, fermo come sembrano tutti fermi qui, in un mondo che non conosce evoluzione. Erano così anni fa, sono così adesso. Rassegnati? Forse.
Casette fatte di materiale recuperato nelle discariche si affacciano su un canale melmoso e maleodorante.
Uomini, donne e bambini trascorrono la vita così e nessuno sembra stupirsene. La povertà è una condanna, è una malattia che sembra inguaribile. “Se deus quiser (se Dio vuole …)” si è soliti dire in questa città.

Davanti ad una casetta come unico mezzo di trasporto un carretto trainato da un mulo.

Ma anche la bicicletta viene molto usata. Sulle strade non asfaltate corrono senza problemi.

Chi ha più iniziativa si dà al commercio in piccolo, a volte molto piccolo, per portare a casa un po' di soldi e andare avanti. Domina la canna da zucchero da cui spremono una bevanda dolce e il cocco.


E se sei più fortunato metti una bancarella ai bordi della strada.

Giri in mezzo a questa gente e senti che ci sarà sempre qualcosa che non comprendi e non comprenderai, qualcosa di inspiegabile e che forse sempre sarà così per quanto ci affanniamo e vorremmo che fosse differente.
Ho incontrato un vecchio che vive aggiustando ombrelli: non tutti hanno i soldi per comprarne uno nuovo mi dice e io continuo ad aggiustarli per pochi centesimi.


L'ombrello è necessario non solo per le piogge che sono frequenti e, ma anche per ripararsi dal sole che a volte sembra proprio battere senza pietà.

Anche sulla spiaggia approdano venditori ambulanti .

Si accontentano di poco. Ma non diciamo che sono contenti. Un luogo comune che è da sfatare. La loro esistenza è dura, troppo dura. Vivono o meglio sopravvivono combattendo tutti i giorni, giorno dopo giorno.
Cliccate sulle foto per vederle meglio

5 commenti:

Dario ha detto...

Alcuni passaggi - e foto - mi hanno ricordato paesaggi della mia infanzia (ma io ero il "ricco" che abitava in una casa popolare), non parlerei però di mancanza di intimità, o almeno della definizione di intimità che forse oggi , qui, condividiamo :-)

Ciao Giulia, bentornata!!! :-)

Silvia ha detto...

Bellissimo reportage. Adesso sì che sono dentro al tuo viaggio.
Fa riflettere.
grazie

Ermione ha detto...

Come sempre, bellissime foto e testo scritto con intelligenza e cuore. Non sai quanto apprezzo quello che ci offri, cara Giulia.

Anonimo ha detto...

Dario, ti assicuro che in certi posti che non ho potuto, ma soprattutto voluto fotografare l'intimità non poteva esistere. Le nostre case popolari sarebbero per loro case di lusso.
bene Silvia, allora viaggiamo insieme.
Grazie Elena sei molto cara

Solimano ha detto...

Sono cresciuto in un casello ferroviario, eppure ero un privilegiato rispetto a quelli che a Parma vivevano nei capannoni.
Erano una ventina di costruzioni lunghe e basse (da cui il nome di capannoni) ubicate all'estrema periferia, in cui alloggiavano quelli che non avevano altrea possibilità: il sottoproletariato, usando un termine successivo.
A parte questo, anni dopo cominciai ad andare in vacanza in Puglia. Voi non avete idea di come fossero certe zone e come vivesse la gente: molte cose simili alle fotografie di Giulia. Poi, è intervenuta la rimozione collettiva, meglio così, però certe abitudini credo siano rimaste: la dipendenza da un maggiorente locale che faceva alto e basso, proprio come in certi brani del Mastro Don Gesualdo.
La televisione, in quelle situazioni, ha avuto un effetto più positivo che negativo, ma facendo un altro esempio, bastava andare nell'interno della Jugoslavia, a pochi chilometri dal mare, per trovarsi immersi in un mondo senza tempo. Per dirne una che ho sentito qui in Lombardia e che purtroppo ha una sua verità: al tempo delle discariche abusive, un business in cui fu coinvolto il fratello di Berlusconi, si diceva: "Fate in modo che i camion vadano apochi chilometri oltre il confine jugoslavo: farebbero sparire quasi tutto per riutilizzarlo".
Trovo interessante il discorso sull'intimità, ripreso da Dario. Spesso, quella che noi chiamiamo intimità è semplicemente esclusione, chiusura.

grazie Giulia e saludos
Solimano