sabato 11 luglio 2009

L'amour est un oiseau rebelle (10)

Solimano


La c'è la differenza! Sentite un po':

Tanto gentil e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.

Da' be' rami scendea,
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo;
ed ella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo;
oppure:

Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch'ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio.

Solo et pensoso i più diserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti,
et li occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l'arena stampi.

Giovanni Boccaccio preferiva Dante al Petrarca. Nella novella decima della giornata seconda del Decameron, Paganino di Monaco, famoso corsale, ruba la moglie Bartolomea a Riccardo di Chinzica che finalmente la ritrova e le chiede di tornare con lui. Così gli risponde Bartolomea:

"Sonmi abbattuta a costui che ha voluto Iddio, sì come pietoso ragguardatore della mia giovanezza, col quale io mi sto in questa camera, nella qual non si sa che cosa festa sia (dico di quelle feste che voi, più divoto a Dio che a'servigi delle donne, cotante celebravate), né mai dentro a quello uscio entrò né sabato né venerdì né vigilia né quattro tempora né quaresima, ch'è così lunga, anzi di dì e di notte ci si lavora e battecisi la lana; e poi che questa notte sonò mattutino, so bene come il fatto andò da una volta in su. E però con lui intendo di starmi e di lavorare mentre sarò giovane; e le feste e le perdonanze e i digiuni serbarmi a far quando sarò vecchia; e voi colla buona ventura sì ve n'andate il più tosto che voi potete, e senza me fate feste quante vi piace".

Esiste l'amore per quella persona ed esiste il meta-amore, amore per i pensieri e le parole riguardo quella persona.

Francesco Petrarca è un grande scrittore, ma è un bel guaio che la letteratura italiana sia sempre stata più petrarchesca che dantesca. Non è un guaio esclusivamente letterario, magari fosse solo così!

P.S. Nelle immagini, Giotto agli Scrovegni e l'Annunciazione di Simone Martini, che è agli Uffizi. Giotto amico di Dante, Simone amico di Francesco.


6 commenti:

annarita ha detto...

Non avemo mai pensato ad un confronte Dante-Petrarca in questi termini, colpa (o merito?) anche dell'impostazione didattica del mio approccio alla lettaratura. Fatto sta che in ogni caso i tuoi amour sono sempre stimolanti e capaci di mostrare un concetto sotto diversi aspetti che sfuggono per abitudine o per scarsa attenzione. Grazie e buon fine settimana.
Salutissimi, Annarita

Solimano ha detto...

Annarita, lunga storia quella del raffronto fra Dante e Petrarca. E ci tornerò.
Mi ha fatto piacere trovare l'altro giorno in Wikipedia alcune frasi di Gianfranco Contini, in cui il grande critico estendeva le sue note considerazioni dall'aspetto stilistico all'aspetto storico e generalmente umano.
Perché Francesco Petrarca non avrebbe mai potuto scrivere un verso come la bocca mi baciò tutto tremante? Per gli stessi motivi per cui non poteva scrivere il verso come la mosca cede alla zanzara. Alla origine della discussione che ha fatto chiarezza, per me ci sono le grandi pagine che Auerbach ha dedicato a Dante in Mimesis. Peccato che molte professoresse non lo sappiano e che tante edizioni scolastiche della Divina Commedia nascondano Dante dietro ad una marea di note. Il bel risultato è che molti non riprendono più in mano la Divina Commedia dopo il liceo e credono che Pasolini sia meglio di Montale e Pavese meglio di Fenoglio. Tout se tien.

grazie e saludos
Solimano
P.S. E la gallina tornata in su la via
che ripete il suo verso
.
Così Giacomo Leopardi. Ugo Foscolo non l'avrebbe mai scritto.
Probabilmente è la stessa gallina di cui scrive Carlo Emilio Gadda nel Pasticciaccio. Una gallina longeva.

zena ha detto...

Allora.
Giro da giorni attorno a questo post come attorno al miele.
Perchè ho per Petrarca un amore sconfinato: accettai di aderire ad un faticoso lavoro collettivo, anni fa, solo perchè mi era stato proposto di lavorare su Petrarca. E così feci.

Ne amo il dubbio, l'oscillazione, i sentimenti spezzati ed estremi (odi et amo), la contraddizione interna, l'uso a più fondi e a più livelli della parola.
E’ vero, ci sono passi di Dante così pastosi e vivi che ti sembrano tratti immediatamente da una emozione rivissuta in contemporanea, ma è anche vero che pure Petrarca ti si insinua sotto pelle come un'abitudine del sentire: regala, ad esempio, nel Trionfo in morte di Laura, uno dei gesti più fiabeschi della letteratura.
“Allora di quella bionda testa svelse /
Morte co la sua mano un aureo crine…”.
Petrarca 'prepara' per Laura una morte dolce dolce(un capello biondo staccato dal capo), non turbata da diavoli, ma consolata da donne gentili, una morte che non reca pallori ma, della vita, conserva il “caro costume”…

Io mi commuovo ogni volta, a ripensarci, perchè mi pare un atto d'amore.
C’è una sottigliezza delicata nel non detto, che mi piace tanto.

Aldilà di ogni valutazione (premetto che sono stata cresciuta, esteticamente parlando, nel rispetto per l'epoché, per la sospensione del giudizio), credo che la letteratura italiana si sia rivolta al petrarchismo, alla maniera e a una 'certa' lettura di Petrarca, più che al Petrarca nella sua problematica complessità.

Saluti

mazapegul ha detto...

Dante ha avuto pochi grandi seguaci. Mi vengono in mente Gadda, giustamente, e Pasolini. Ma forse anche Pascoli, in qualche modo. Petrarca ne ebbe tantissimi, e il più grande è certamente il Foscolo dei sonetti. Montale era consapevole di Dante, ma lo terrei fuori; assieme a Gozzano. Lì siamo in terra pienamente moderna.
Io sono sempre stato, nel mio piccolo, dantesco. Certo, Dante non offre un modello, ma solo un Tao aspro.
Maz

Solimano ha detto...

Questo post ha una storia strana.
Grazie alla gentilezza di una bibliotecaria di Lissone, ho potuto procurarmi un DVD che non so se sia in commercio contenente un film sull'Inferno di Dante girato nel 1911. Durata del film: 15 minuti.
Poiché ho visto che molte immagini erano interessanti perché si ispiravano al Dorè (ma non solo), ho fatto una operazione che avevo già fatto per l'Odissea, per Zazie e per il Mercante di Venezia (la prova degli scrigni) e che farò per altri libri:abbinare immagini dei film ai testi a cui si ispirano. Ma vengo al dunque: avevo trenta immagini o forse più, ho cercato trenta brani di Dante non generici, ma proprio quelli a cui si ispiravano le immagini. Non è stato difficile, perché l'Inferno lo conosco bene, ma è stato molto gratificante perché per una serie di motivi (soprattutto i blog) è qualche anno che non rileggo la Divina Commedia.
Potremmo fare tanti discorsi, non per cambiare idea, ma per approfondire il proprio personale punto di vista. Magari lo faremo un'altra volta.
Dico solo due cose.
Che questo è un post sul tema "L'amour est un oiseau rebelle" e mi interessava il raffronto fra due modi di scrivere d'amore.
Che, nella lunga storia personale del passaggio da Petrarca a Dante, perché io di partenza ero petrarchesco, ha giocato soprattutto un fatto: che le tre cantiche stanno sullo stesso piano, Inferno, Purgatorio e Paradiso, si può aprire un canto a caso ed è sempre Dante senza classifiche. Ha giocato, perché questa storia di Francesca, Ulisse ed Ugolino è un modo sfizioso di prendere le distanze da Dante, un modo che ha una storia di secoli e che porta ad una interpretazione assai lontana dalla verità del poeta, che è sempre lui anche nei canti e nelle canzoni dottrinali:

Donne ch'avete intelletto d'amore
i vo' con voi de la mia donna dire


e

Tre donne intorno al cor mi son venute
e seggonsi di fore
che dentro siede Amore
lo quale è in segnoria della mia vita
.

Questa è la meraviglia di cui si è accorto Auerbach: Dante sa esprimere concretamente l'ineffabile.

grazie e saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

Pero', in tema d'amore, c'e' pure Cavalcanti, che era in qualche modo dantesco contemporaneamente a Dante:

Voi che per li occhi mi passaste 'l core
e destaste la mente che dormia,
guardate a l'angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore.

5E vèn tagliando di s' gran valore,
che' deboletti spiriti van via:
riman figura sol en segnoria
e voce alquanta, che parla dolore.

Questa vertù d'amor che m'ha disfatto
10da' vostr' occhi gentil' presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.

Si giunse ritto 'l colpo al primo tratto,
che l'anima tremando si riscosse
veggendo morto 'l cor nel lato manco.