giovedì 16 luglio 2009

Entomologia spicciola

mazapegul

Pur essendo poco osservatore, m'è capitato di assistere ad alcuni di quei drammi che danno l'idea di quanto la natura sia selvaggia (se vogliamo escludere il dramma quotidiano, ma rimosso, della carne che abbiamo in tavola, di cui ignoriamo però le sofferenze). Eccone alcuni, aventi come attori artropodi di vario tipo.

Guerra di formiche piccole e rosso-nere contro formiche grosse e nere. Erano quelle piccole ad aver assalito la colonia delle grandi. Lotta impari, in verità: un massacro. Non ho osservato uso di acidi, che pure ci dev'essere stato. Ho visto però le formichine rosso-nere schiacciare con le potenti mandibole gli addomi di quelle nere.

Duello tra ape e ragno. Scena vista in Via Senato a Milano, tanti anni fa. Un'ape finisce nel centro d'una tela di ragno, che subito l'assale dal bordo su cui stava in attesa. Dopo un drammatico tramestio, l'ape si libera, vola in alto, fa inversione e scende in picchiata sul ragno. Insetto e aracnide sono morti avvinghiati, dopo pochi secondi d'agonia.

Formica presa al lazo da un ragno. Questa l'ho osservata pochi giorni fa con Angelica. Un ragnetto rosso insignificante ha attaccato un capo del suo filo a una formica scelta in una fila di operaie. Poi ha iniziato a correrle attorno in giri velocissimi, tenendosi a un centimetro di distanza. Nel giro di un minuto, la povera formica non poteva quasi più muoversi, circondata da un bozzolo di resistentissima tela.

6 commenti:

annarita ha detto...

Son drammi che danno da pensare perché almeno nel mondo animale è quasi sempre questioni di sopravvivenza. Nel mondo umano, sforziamoci di chiamarlo così, le spacciano sempre per tali, ma non lo sono mai, e quasi non ci si fa più caso. Avvilente. Salutissimi, Annarita

Solimano ha detto...

E' bene dirle queste cose, Màz, dirle e ripeterle.
A scuola, dovrebbero far leggere il brano di Giacomo Leopardi in cui descrive la spietata lotta per la vita che è in corso in un bel giardino. Perché il mondo vegetale c'è dentro fino al collo, proprio come il mondo animale.
Il comunista che fotografava i fiori lo sapeva benissimo, basta guardare con attenzione le sue immagini non a caso riprese così da vicino.
E gli esperimenti sui topi di Laborit, su cui si preferisce girare la testa da un'altra parte. Perché sappiamo che i topi siamo anche noi.
Poi si discute, si trova una ragione, si stabiliscono modi e patti, ma si manda finalmente in pensione il buon selvaggio di Rousseau, l'uomo che ha scritto un magnifico libro sull'educazione, ma i figli suoi li fece allevare in un istituto per bimbi abbandonati.

grazie Màz e saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

Annarita: nel nostro mondo umano abbiamo una lunga evoluzione culturale, oltre a quella genetica. Da un certo punto in poi, abbiamo avuto una sorta di co-evoluzione: genetica (piu' lenta) e culturale (piu' veloce), intrecciatre tra loro. Siamo animali un pò particolari, insomma (ma sempre animali).
Solimano: devi darmi le coordinate del saggio di Leopardi. Un paio d'anni fa scrissi un post proprio sulla lotta delle piante nella mia strisciolina di terra. Le guida un'ottusa ricerca di sviluppo e riproduzione, e molte specie che vi appaiono aspirano (inconsapevolmente) al dominio totale. Particolarmente perfida è l'edera, che ha capacità di espansione, radicazione, riproduzione, lignificazione plastica (le parti legnose assumono la forma della superficie che ricoprono, soffocando tutto ciò che lì sotto è sopravvissuto all'ombra delle sue foglie) pressochè illimitate, sembra.
Avsalud,
Maz

Solimano ha detto...

Màz, ecco i due brani dello Zibaldone, scritti proprio a Bologna:

Entrate in un giardino di piante, d'erbe, di fiori. Sia pur quanto volete ridente. Sia nella più mite stagione dell'anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento. Tutta quella famiglia di vegetali è in istato di souffrance, qual individuo più, qual meno. Là quella rosa è offesa dal sole, che gli ha dato la vita; si corruga, langue, appassisce. Là quel giglio è succhiato crudelmente da un'ape, nelle sue parti più sensibili, più vitali. [4176]Il dolce mele non si fabbrica dalle industriose, pazienti, buone, virtuose api senza indicibili tormenti di quelle fibre delicatissime, senza strage spietata di teneri fiorellini. Quell'albero è infestato da un formicaio, quell'altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; questo è ferito nella scorza e cruciato dall'aria o dal sole che penetra nella piaga; quello è offeso nel tronco, o nelle radici; quell'altro ha più foglie secche; quest'altro è roso, morsicato nei fiori; quello trafitto, punzecchiato nei frutti. Quella pianta ha troppo caldo, questa troppo fresco; troppa luce, troppa ombra; troppo umido, troppo secco. L'una patisce incomodo e trova ostacolo e ingombro nel crescere, nello stendersi; l'altra non trova dove appoggiarsi, o si affatica e stenta per arrivarvi. In tutto il giardino tu non trovi una pianticella sola in istato di sanità perfetta. Qua un ramicello è rotto o dal vento o dal suo proprio peso; là un zeffiretto va stracciando un fiore, vola con un brano, un filamento, una foglia, una parte viva di questa o quella pianta, staccata e strappata via. Intanto tu strazi le erbe co' tuoi passi; le stritoli, le ammacchi, ne spremi il sangue, le rompi, le uccidi. Quella donzelletta sensibile e gentile, va dolcemente sterpando e infrangendo steli. Il giardiniere va saggiamente troncando, tagliando membra sensibili, colle unghie, col ferro. (Bologna. 19. Aprile. 1826.). Certamente queste piante vivono; alcune perchè le loro infermità non sono mortali, altre perchè ancora con malattie mortali, le piante, e gli animali altresì, possono durare a vivere qualche poco di tempo. Lo spettacolo di tanta copia di vita all'entrare in questo giardino ci rallegra l'anima, e di qui è che questo ci pare essere un soggiorno di gioia. Ma in verità questa vita è trista e infelice, ogni giardino è quasi un vasto ospitale (luogo ben più deplorabile che un cemeterio), e se questi esseri [4177]sentono, o vogliamo dire, sentissero, certo è che il non essere sarebbe per loro assai meglio che l'essere.
(Bologna. 22. Apr. 1826.)


saludos
Solimano

Silvia ha detto...

A me è rimasta la curiosità di quando ero bambina, nell'osservare le lotte per la sopravvivenza tra animali. Quelle non raccontano balle e mi è risultato utile comprendere quelle ancora più spietate tra esseri umani. Fai bene Maz a farle osservare alle tue bambine.

Barbara Cerquetti ha detto...

Maz, mi hai fatto tornare in mente un ricordo bellissimo di me piccola insieme a mio babbo, una cosa a cui non pensavo più da tanto tempo.

Un giorno il babbo mi prende per mano e mi porta in un angolino della casa.
C'era una ragnatela ed una mosca si dibatteva disperatamente per liberarsi. Il ragnetto, piccolissimo in confronto alla mosca, girava intorno velocissimo e in pochi minuti aveva completamente avvolto la sua preda.
Il babbo mi chiese:
-Pensi che il ragno sia cattivo?
-Non lo so- risposi, impressionata.
-Ricordati: se adesso liberassimo la mosca, sarebbe il ragno a morire. La Natura sa sempre quello che fa.

E da quella volta io mi sono messa a guardare i documentari sugli animali.