mercoledì 29 luglio 2009

Cartoline dal Brasile (8)

Giulia

Se non hai una macchina personale si prende ovviamente il pullman o un taxi per gli spostamenti. Ma qui a Maceiò c'è un'altra opportunità: se il posto, dove vai è abbastanza vicino, è possibile salire in una delle numerose macchine che aspettano poco distanti dal luogo in cui abitiamo. E' uno dei tanti lavori che la gente fa per vivere. Chi è in possesso di un mezzo di trasporto, anche il più vecchio che si possa immaginare, trascorre la giornata a dare passaggi. Sono macchine che dovrebbero essere fuori uso, ma sono meno care del pullman e la gente per risparmiare non guarda nulla. Il pullman costa ogni volta che sali 75 centesimi in Euro, la macchina 55 centesimi. Una cifra che a noi può sembrare insignificante, ma per chi ha i soldi contati non è.
La macchina in cui siamo entrati l'altro giorno aveva i vetri oscurati e non si vedeva dentro. Saliamo e c'erano già due persone a bordo. Ci siamo stretti come acciughe e siamo partiti. La porta non si chiudeva bene e l'abbiamo tenuta per tutto il percorso. Avevamo paura che si aprisse, ma nello stesso tempo la situazione che si è venuta a creare era davvero comica.
Chi vive di espedienti cercando di sbarcare il lunario giorno per giorno non fa caso a questi dettagli.
Un'altra volta, l'autista ci fa salire e dice al figlio di mettersi nel portabagagli e di abbassare la testa quando vede la polizia. Il figlio, forse più giudizioso del padre, gli dice: “Tu, però, papà, mettiti almeno la cintura”.

3 commenti:

Solimano ha detto...

Quando si è tirati oltremisura, le persone sono disposte a tutto e accettano tutto.
Avevo sedici anni e facevo d'estate il fattorino nella portineria dello zuccherificio. Dovevo, in bicicletta, andare a casa degli stagionali per chiamarli se c'era bisogno di straordinari. Nessuno aveva il telefono. Decideva il portiere chi chiamare e chi no, e quella mattina (prima delle 8), mi dice: "Vai a chiamare Salvatore". E un altro gli fa: "Salvatore no, è smontato alle 6 dal turno di notte". Il portiere, che di nome si chiamava Ateo, gli dice: "Salvatore verrà di sicuro".
Arrivo a casa di Salvatore. Due stanze, lui la moglie e cinque figli. Lo dico alla moglie che parte a razzo a scuotere Salvatore, che stava dormendo da un'ora, dopo il turno di notte.
Finalmente apre gli occhi e la moglie gli dice tre parole. Faticosamente si siede sul letto e lei si china ad infilargli le scarpe e soprattutto ad allacciare i cordonetti (lavoro di fino). Vedevo tutto, la porta era aperta. Salvatore lavorò fino alle quattro del pomeriggio, stando in piedi. Se avesse potuto sedersi si sarebbe addormentato di colpo. Era rischioso, lavorare in quelle condizioni: ci si faceva male facilmente.
Fa bene, vedere da ragazzi che non esistono solo i problemi da ricchi.

grazie Giulia, alla prossima cartolina
Solimano

Silvia ha detto...

Leggo in silenzio come quando ascolto i racconti di mio padre e della sua famiglia. Io sono una privilegiata e lo so. Ma questi racconti me ne danno la misura.
Ciao Giuliè:) Chissà quanto avrai da raccontare al tuo ritorno!

annarita ha detto...

Mi rendo conto che per la nostra mentalità, oramai, e per il nostro attuale modo di vivere, ciò che raccontate oggi sarebbe impensabile qui da noi! Meglio non dimenticarsi certe situazioni. Salutissimi, Annarita