mercoledì 15 luglio 2009

Aneddoto

mazapegul

Non credo di violare la privacy di Angelo Ravaioli, pensionato e volontario a tempo pieno, riportando questo aneddoto del tempo in cui era partigiano nella 36ma Brigata Garibaldi. L'8 settembre trovò Ravaioli in servizio presso un reparto d'artiglieria in Veneto, da cui tornò a casa per unirsi alle bande partigiane della montagna romagnola. In virtù della sua particolare formazione militare, venne addetto al mortaio.
Viene l'estate del '44 e il comandante della formazione va da Ravaioli e gli fa questo discorso: "Angelo, tuo padre s'è rotto un braccio e non può falciare il grano. Devi tornare e dare una mano."
Casola Valsenio, il suo paese, era in territorio occupato dai tedeschi. Ravaioli tornò a casa armato e travestito da donna.
Per dieci giorni, sempre vestito da contadina, stette dall'alba a sera tarda nel campo. Teneva pistola e bomba a mano sotto il lungo vestito, il fucile nascosto lì vicino, cercando quanto più possibile di non essere notato.
"Ma chi è quella bracciante, che non l'ho mai vista?," chiedeva di tanto in tanto qualche vicino. Non appena terminato il lavoro, una notte Angelo tornò in montagna, senza attendere la scorta dei suoi compagni. Le voci cominciavano a girare in paese e preferì il rischio d'incontrare una pattuglia di tedeschi a quello d'essere catturato in casa dei genitori.

Di questa storia, che Angelo m'ha raccontato qualche sera fa, m'aveva attirato un aspetto di guerra antica: i soldati-agricoltori che sospendono le ostilità nella stagione del raccolto. M'aveva incuriosito che fosse proprio il comandante di compagnia a dare l'ordine. La modesta prosperità della famiglia Ravaioli non gli premeva meno dell'aiuto del suo unico artigliere.
Non riesco poi a immaginare Ravaioli, che ho conosciuto anziano assai, nei panni di una giovane contadina. Non riesco a immaginarlo se non come la foto di mia una vecchia zia, il volto coperto di rughe, mentre gira la piada nel camino.

6 commenti:

zena ha detto...

(Tu non sai in che terreni teneri va a far radice il tuo racconto, caro Maz.
Mio padre era il comandante della 122sima brigata Garibaldi...)

mazapegul ha detto...

(Zenina, chissà quante cose da raccontare ti ha lasciato! Qualcosa, magari, vorrai condividere con noi).

Solimano ha detto...

Scelgo di raccontare qui un piccolo episodio che successe qui a Monza. Volevo scriverci un post, ma qui la differenza fra post e commenti è molto poca (io lo ritengo un pregio).

Eravamo negli ultimi giorni della campagna elettorale per le politiche, quelle che vinse Prodi. Tutti impegnati (come ulivisti) in una serie di attività che vi potete immaginare.
Arrivano due pensionati, più vicini agli ottanta che ai settanta. Bastava guardarli in faccia per capire la loro storia politica: da sempre membri del PCI, quelli che Guareschi chiamava i trinariciuti. Decenni di militanza senza nessuna aspettativa di carriera.
A proposito, Guareschi, rispetto agli odierni Feltri e Fede, sarebbe da Premio Nobel.
I due pensionati volevano darci una mano in una attività che si fa proprio negli ultimi giorni: mettere i cosiddetti santini nelle cassette postali, strada per strada, condominio per condominio.
I candidati nel collegio erano due: la Bernasconi, figlia storica del PCI, e Borgonovo, presentato da Rinnovamento Italiano (il partito di Dini, figurarsi!).
E cominciano il loro giro per strade e condomini; organizzati, l'avevano fatto altre volte.
Dopo un po' di tempo torna uno dei due, e ci dice: "Ho finito i santini di Borgonovo, datemene degli altri".
E uno gli fa: "Ma va! Per Borgonovo... Ce li hai quelli della Bernasconi, no?"
E lui fa: "Ho capito. Ma così non si fa. Tiratemi fuori i santini di Borgonovo perché o li metto tutti e due o non ne metto nessuno".
Ecco, vorrei che ce ne fosse ancora, di gente così, e capisco perché Romano Prodi diceva: "Oggi vado a trovare i miei amici comunistacci dell'Appennino reggiano".
Mi è venuta in mente in questi giorni, riguardo il dibattito nel Partito Democratico, la famosa frase (credo di Gioacchino Rossini): "C'è del nuovo e c'è del bello. Ma il bello non è nuovo e il nuovo non è bello".
Le persone vengono prima delle ideologie.

grazie Màz e saludos
Solimano

zena ha detto...

Sì.

Ho provato a mettere giù piccole cose, Maz, sul mio blog. Ma ci sto troppo male.

Mio padre aveva 23 anni nel '43 e nel '43 , tornato a casa dopo la campagna di Russia e l'otto settembre, ha cominciato il suo impegno, col fratello e altri compagni.

Dopo un'azione partigiana, mio padre, catturato, riuscì a scappare, salvandosi; suo fratello fu fucilato, assieme ad altri partigiani, dalle brigate nere.

Aveva trent'anni.

L'anno scorso, per il 25 aprile, ho raccontato, attraverso le voci di chi resta della mia famglia: mia madre, mio zio, una cugina (che ora non c'è più). In tre post, numerati, dal basso verso l'alto...

annarita ha detto...

Maz e Zena, se fossi riuscita a convincere mia nonna a raccontarmi per bene i suoi ricordi del tempo di guerra! Sapeva che volevo trascriverli e temeva che ancora che qualcuno potesse riconoscersi, chissà di che cosa aveva paura. Non c'è stato verso. Solimano, la citazione calza a pennello, purtroppo. I vostri aneddoti mi fanno tornare bambina e resto l' incantata ad ascoltarvi. Salutissimi, Annarita.

Silvia ha detto...

Sono storie che mi lasciano a bocca aperta, sempre. Perchè ricche di storia, di vita, di ideali, di lotta, soprattutto d'amore, per la libertà. E bisogna approcciarle con molto rispetto perchè sono le nostre radici.
Da poco, ho appreso che mio padre, ragazzo, coinvolto per sbaglio in un'azione partigiana in montagna, fu salvato da un tedesco,che lui chiama Giorgio,che venne ucciso per questo. Da quando l'ho saputo spesso il mio pensiero va a questo "Giorgio" di cui non ho mai saputo nulla, a lui va la mia riconoscenza.