venerdì 5 giugno 2009

A volte, il lavoro...

sabrinamanca

Fra i tanti punti interrogativi di questo periodo c'era anche quello di un nuovo lavoro. Il mio contratto scadeva a fine maggio e avevo programmato di passare tutta l'estate in Sardegna. In genere nel mio lavoro non si resta disoccupati ma la crisi ha picchiato forte anche nel settore sanitario, e gli annunci per la ricerca di personale quest'inverno erano ai minimi storici.
Qualche settimana fa ho quindi messo anche io un annuncio su un settimanale del settore, e ho aspettato. Il primo colloquio l'ho fatto con un farmacista vicino a Montparnasse.
Il titolare, un ometto barbuto che rideva forte e falso, ha esordito con, qui non siamo farmacisti, siamo commercianti, e poi continuato con altre frasi del tipo, la concorrenza è dura, non bisogna farsi mettere sotto ai piedi dai colleghi, bisogna saper gestire i challenge che la farmacia offre senza sopraffarsi l'un l'altro.
Avendo lavorato in un farmacia turistica avevo un'idea di che cosa significhi "spingere le vendite" ma sentir parlare così dei colleghi e della giungla in qui ero capitata, mi ha destabilizzato.
In ogni caso a quel colloquio non ne sono seguiti altri per un bel po' di tempo, e cominciavo a temere il peggio ma una cosa l'avevo capita, non volevo lavorare in quel modo, non ancora, non stabilmente.
Un giorno il mio cellulare suona ma dopo pochi secondi lo squillo si arresta. Vagamente disperata, richiamo. Una farmacia non molto lontana dal mio quartiere. Una deliziosa Madame Marguerite (sappiate, io lo ignoravo, che in questo caso Marguerite è il cognome) mi dice, ho letto il suo annuncio ma volevo prima parlarne alla mia socia.
Io la avverto, mentendo (non so da dove sia uscita questa fandonia che ha sorpreso un po' anche me), che ho un altro colloquio, lei mi dice, d'accordo, vediamoci e parliamo un po'.
Il colloquio è stato come un colpo di fulmine, uno di quegli incontri di cui si sogna la notte e al quale si pensa con emozione il giorno seguente.
Avevo incontrato (il tempo dirà se alle parole corrispondono gli atti) delle vere farmaciste, preoccupate solo della clientela e di fidelizzarla attraverso l'attenzione e l'onestà.
Qui la gente la conosciamo tutta per nome, mi raccontano, andiamo persino ai funerali, compiliamo documenti, leggiamo e scriviamo lettere per i pazienti, e riceviamo tanti di quei regali per Natale, vedrà, le paste, le "gallettes du Roi", i cioccolatini!
Sono tornata indietro di una decina d'anni a quando lavorano nella farmacia di famiglia, e poi molto più indietro, a quando ero una bambina e poi ragazzina, e mio padre. era ancora era in piena forma.
Mi sono commossa nel ricordare i suoi racconti dei malanni che colpivano i suoi pazienti, le storie stravaganti che gli raccontavano, gli eventi che facevano il giro del villaggio in poche ore e poi i regali di ogni sorta che a volte ricevevamo.
Le ciliegie che arrivavano a decine di cestini da aprile a maggio, l'agnello da latte a Natale, e poi lumache, prezzemolo, dei libri con dei difetti di impaginazione, un set di cancelleria, con tanto di colla coccoina, due giubbotti di finta pelle scamosciata, che per odore di plastica e bruttezza farebbero impallidire le più volgari imitazioni dei moderni negozietti cinesi. Una volta mi regalarono una barbie usata, con i capelli scalati e i piedi rosicchiati. A volte mia madre si offendeva, a volte ci ridevamo tutti su, a volte erano belli e buoni i regali che ricevevamo, e in ogni caso dietro c'era sempre una storia, che ora a ricordarle mi commuovono tutte.
La mattina dopo il colloquio mi son detta, bisogna che dica a queste persone quanto mi piacerebbe lavorare con loro. Dopo qualche ora mi hanno telefonato dicendo che non volevano vedere altre persone, che pensavano di aver trovato, in me, quella giusta.
E così, a settembre comincerò un nuovo lavoro. Altri colleghi, altri pazienti, altri clienti e un entusiasmo nuovo, quello di un'atmosfera rilassata e rispettosa della professione e delle persone.

E sarà anche un modo di far riaffiorare ricordi che scopro ancora dolorosi per l'assenza di mio padre, ma che hanno rappresentato bei momenti della mia vita.

12 commenti:

Silvia ha detto...

Sono molto contenta per te Sabrina, davvero. A volte l'attesa porta a cose buone, e credere sempre nelle cose che si reputano importanti e fondamentali, si viene premiati.
In bocca al lupo:)

Barbara Cerquetti ha detto...

E' così che dovrebbe essere.

Anche noi stiamo facendo un ragionamento di questo genere, dopo aver lavorato per anni in una catena che lavorava nell'altro modo. Fu un'esperienza dura. Adesso in certi mesi è dura perchè c'è da tirar la cinghia, ma la soddisfazione di lavorare in un modo per così dire più etico è impareggiabile.
Quando sono nati i bambini i clienti ci portavano i regalini per i piccoli o i bigliettini d'auguri scritti di loro pugno. Faceva tanto anni sessanta.

Anonimo ha detto...

C'è il PIl ma c'è anche il FIL (felicità interna lorda) che nelle mie decisioni prendo ed ho sempre preso in seria considerazio. Certo senza PIL non si può stare, ma anche senza FIL ed allora bisogna, nei limiti del possibile, tenerne sempre conto.
E' bello sapere che le persone che descrivi esistano e che tu le abbia trovate.

Un bacio cara Sabrina e anche io sono davvero contenta per te.

Barbara Cerquetti ha detto...

Giulia: i miei figli producono tanto PIL! Buttiamo quotidianamente sacchetti pieni di pannolini e PIl! Eheheh!

zena ha detto...

Cara Sabrina, lo sai che mi sono commossa?
Trovo proprio bello questo incontro con Madame Marguerite e l'idea che si possa, sì, annodare un filo nuovo, ma anche riprenderne uno antico, in armonia con le esperienze dei tuoi.

Vi siete scelte, insomma.

Silvia ha detto...

Questa cosa del FIL me la segno:)

annarita ha detto...

Mi piace immaginare questa farmacia nel cuore di Parigi con le sue affettuose e umanissime proprietarie. Recuperare l'umanità del rapporto è troppo importante. Le grandi catene saranno avanzate, produttive, moderne, ma volete mettere l'atmosfera un po' retrò che si respira in certi negozi in cui i proprietari conoscono personalmente i loro clienti? È quello che succede anche in una farmacia vicino casa mia: locale nuovo e modernissimo, ma gestione amichevole e umana. Che bello sentire la farmacista servire premurosa le anziane signore chiamandole per nome e informarsi con le mamme della salute dei piccoli! Replica di baciotti a tutte! Annarita.

Amfortas ha detto...

Beh, sarebbe bello se le persone lavorassero con più amore, questo è certo.
Le farmacie hanno sofferto moltissimo della pseudo liberalizzazione del commercio e delle licenze, spesso sono dei supermercati e la spersonalizzazione della professione (ma anche della clientela) è una delle conseguenze.
Ti auguro di trovare la tua dimesione, insieme alla Signora Marguerite.

Habanera ha detto...

Sabrina cara, sembra una favola invece è tutto vero: Madame Marguerite esiste e tu hai avuto la fortuna di incontrarla. Fortuna reciproca perchè proprio tu sei la persona che lei sperava di incontrare.
Sono felicissima per te e ti faccio un mondo di auguri per questa nuova e bella avventura che inizierai a settembre.
Un grande bacio
H.

Solimano ha detto...

Peronalmente non ho nulla contro il commerciante o bottegaio che fa bene, con efficacia, il suo lavoro di commerciante o bottegaio. Non sono insulti, sono mestieri, e se li si fa con efficacia e tendendo al proprio profitto si finisce per fare anche l'interesse dei fornitori e dei clienti. Io O.K tu O.K. questo è il punto.
Mentre ho molto da dire contro le caste di ogni tipo, che le trovano tutte (specie politicamente) per evitare che arrivino dei concorrenti. E in Italia i farmacisti ci hanno giocato spesso vendendo in esclusiva robe che avrebbero dovuto poter essere vendute da tutti dappertutto.

Poi c'è l'altro discorso: il lavoro è quello che è o noi possiamo fare qualcosa, sul nostro individuale lavoro? Per migliorarlo, per renderlo più profittevole, più gradevole per noi e per gli altri?
Mi reputo fortunato perché sono sempre riuscito a fare mestieri che mi piacevano (è un bel vivere!), ma occhio, mi sono dato da fare perché mi piacessero, non mettendomi l'anello al naso, ma strutturandomi e strutturando quello che facevo. E questa cosa è possibile a molte più persone di quello che si crede. La cosa più facile è dire: che brutto mestiere che mi tocca fare! Spesso è una scusa in fondo autolesionistica, e faccio un esempio che non è il mio: gli insegnanti. A parità di ruolo, di stipendio, di preside, quante differenze fra chi lo fa con vera partecipazione e chi va avanti col solito tran tran! E chi lo fa con partecipazione vive meglio da tutti i punti di vista, gli altri, credono di essere furbi ma sono solo degli autolesionisti. E si incazzano pure vedendo chi non si tira indietro e lo fa con l'intelligenza, che ha una marcia in più rispetto alla furberia.

grazie Sabrina e saludos
Solimano

sabrinamanca ha detto...

Giulia parla della speranza nel suo post su Milk, beh è quella che non si dovrebbe dimenticare, accantonare.
Grazie a tutte per gli auguri, mi hanno commosso!

Credo che questo incontro mi fosse necessario per far risalire in superficie un passato soffocato perché ancora doloroso e riannodare i file della continuità fra passato e futuro, come dice Zena.
E chissa Haba se davvero ognuna delle due (in realtà siamo tre, la socia di Marguerite è una donna davvero giovanile, carina e briosa!) cercasse l'altra. Il tempo dirà se ci siamo trovate!

Il problema fra il commercio e la farmacia non è banale.
Il commerciante puro in teoria non dovrebbe essere un farmacista perché il ruolo del farmacista è quello di un educatore alla salute, ruolo che diviene sempre più importante con il fatto che molti farmaci sono continuamente depennati dalle liste di quelli rimborsati finendo fra quelli a pagamento. Chi spiega allora la funzione degli stessi, le interazioni, gli effetti secondari, internet?
No, i farmacisti.
I farmacisti devono pero' far andare avanti la farmacia e la sola vendita dei farmaci non lo consente in nessun caso dato il margine davvero esiguo e le imposizioni di legge che soprattutto per piccole farmacie sono davvero onerose.
Ci si fa allora commercianti ma anche in questo caso c'è modo e modo di farlo. L'onesta la dobbiamo ai clienti che sono di solito malati, il commerciante segue o dovrebbe seguire una filosofia completamente diversa.

Un caro saluto a tutti!

Roby ha detto...

Ma chére Sab, sono anch'io felicissima per te, e anch'io immagino una farmacia un po' all'antica, tra un boulevard parigino e l'altro, dove M.me Marguerite dispensa pastilles e consigli...
Se fossi una farmacista, non vorrei lavorare altro che in un posto così!!! Tu sei stata fortunata a trovarlo, ma M.me Marguerite lo è stata altrettanto nell'incontrare proprio TE!!!

Mes meilleurs voeux!!!

Roby