sabato 27 giugno 2009

Matematica spicciola e blogghiera

Solimano

Edward Potthast (1857-1927): Ring around the Rosy

Approfitto dell'assenza del Màz (che mi ha scritto che tornerà presto), per fare un po' di matematica spicciola. Non c'è da spaventarsi, capirete tutti, e capirete il punto a cui voglio arrivare.

Supponiamo che A e B siano due persone che si conoscono abbastanza bene. Possiamo dire che fra loro c'è un rapporto, una relazione, ecco. Uso la parola relazione perché è quella che viene utilizzata nei discorsi di comunicazione e di informatica (data base relazionale). Quindi, due persone (A e B), una relazione.
Adesso supponiamo che le persone siano tre: A, B e C. Quante relazioni ci sono fra di loro? A con B, A con C, B con C. Tre relazioni.
E se le persone sono quattro? A con B, A con C, A con D, B con C, B con D, C con D. Sei relazioni.
Quindi, al crescere del numero delle persone, il numero delle relazioni cresce di più, fate presto a verificare cosa succede se le persone sono cinque o sei.
La formula si calcola facilmente: se il numero delle persone è n, il numero delle relazioni è (n-1)+(n-2)+(n-3)+...+1. Perché l'ultimo numero è 1? Perché l'ultimo addendo della somma è n-(n-1) che fa appunto 1.
Quindi, venendo a noi, che siamo circa dieci persone (a luglio ed agosto saremo di meno), quante relazioni ci sono qui? Ecco: 9+8+7+6+5+4+3+2+1 = 45.
E se fossimo in 20? Ci sarebbero 190 relazioni in gioco, se non ho sbagliato a fare le somme.

Pieter Bruegel: La mietitura (part) 1565
Metropolitan Museum of Arts, New York

L'obiezione potrebbe essere: "Che me frega a me di questa matematica spicciola? Siamo in dieci persone, le mie relazioni sono 9". Ma non è così, basta pensare alla vita reale. Se parlo con la cugina Camilla e con lo zio Gustavo, non posso prescindere dal rapporto che c'è fra di loro. E, sul posto di lavoro, se ho qualcosa da dire al mio capo, non posso dimenticare l'opinione che ha del mio collega. E le classi scolastiche e così via.
Questo è il motivo per cui i tavoli nei villaggi turistici avevano otto posti, non sei o dieci: con i tavoli da otto la cosiddetta socializzazione era più probabile.

Banalità? Non credo. Oggi la tecnologia consentirebbe di comunicare molto facilmente, ma le possibilità del cervello degli esseri umani non sono cambiate: siamo fatti così da migliaia e migliaia di anni. E allora? Le relazioni non si contano, si pesano, come le azioni di Mediobanca di cui parlava Enrico Cuccia.
Sarebbe assurdo un asilo per cinquecento bambini, come sarebbe assurda una caserma con cinquanta soldati.

C'è una giusta misura per tutto, ma cerchiamo di non inflazionare la parola amico. Splinder e Facebook fanno benissimo il loro mestiere, l'utilità c'è di sicuro, nei loro tentativi amicali. Ma se si vuole conversare mettendosi veramente in gioco, è difficile che si possa farlo in più di venti. Non è un limite, è che la qualità non va confusa con la quantità. Non sto facendo gerarchie fra l'una e l'altra, naturalmente: il gioco di denigrare la quantità rispetto alla qualità spesso lo trovo furbetto (quando non c'è la quantità è comodo fare i qualitativi). Dipende da cosa si desidera, dal nostro obiettivo personale.

Nove amici mantovani inventarono il Festivaletterattura conversando fra di loro nelle sere invernali; se fossero stati in trenta, il Festivaletteratura non ci sarebbe.
Siamo in grado di accorgerci di quante illusioni pericolose sorgono e sorgeranno in politica, con la TV, con la rete. La tecnologia di per sé è un bene ma non lo è questa ingiustificata (e coglionissima) sensazione di onnipotenza. Almeno, gli antichi greci avevano la parola giusta: Hýbris (Υβρις).

Immagine dal film Picnic (1955) di Joshua Logan

8 commenti:

Barbara Cerquetti ha detto...

A me piace qui perchè riesco ad avere un rapporto diretto più o meno con tutti.
I gruppi degli scout dell'oratorio sono di dodici massimo quindici ragazzi. Ma comunque anche in dieci riescono a costruire le tende per dormire, la cambusa per mangiare e le latrine.
Noi abbiamo fatto un palazzo con le stanze personalizzate, mica male.

Anonimo ha detto...

Caro Solimano, scrivi "cerchiamo di non inflazionare la parola amico", concordo del tutto con te. Questo tocca anche molto i giovani che, se vai a vedere, hanno su facebook migliaia o centinaia di amici. Questo modo di concepire l'amicizia crea illusioni, ma presto le carte si scoprono e ci si accorge di essere soli, perchè non si ha avuto la pazienza di instaurare un vero rapporto umano con le regole "umane" e qui i tuoi calcoli matematici non fanno una grinza.

Quiu possiamo, se vogliamo, avere uno scambio vero, anche se poi ritengo che sia sempre meglio guardarsi negli occhi.

Grazie e saluti

Solimano ha detto...

La tentazione è di fare delle graduatorie, dicendo è meglio questo è meglio quello, ma le cose non sono semplici.
Faccio un esempio: l'ultima osservazione di Giulia sul fatto che è meglio guardarsi in faccia. Sembrerebbe scontato, e prima o poi lo faremo, ma non è poi vero del tutto. Nel senso che se ci trovassimo insieme e facessimo lo stesso gioco in tempo reale, potrebbe verificarsi che non uscirebbero cose importanti che diciamo qui. Perché le conversazioni si svolgono in tempo differito, non in tempo reale, e questo dà agio ad ognuno di noi di scrivere una risposta più meditata, più intessuta di esperienza. A cui si aggiunge un fatto talmente evidente che noi non ci badiamo: é vero che le conversazioni si svolgono in tempo differito, ma per il letore non c'è soluzione di continuità fra un commento e l'altro, quindi il lettore ha la sensazione del tempo reale.
L'opportunità di Splinder: mi ha scelto come amico Samantha, ho sclto come amico Giorgio, fa senz'altro gli interessi di Splinder per diversi motivi, ma in sostanza si tratta di una specie di merce di scambio per far salire il contatore dell'uno e dell'altro. Una droga informatica quasi innocua, a parte il tempo che si perde per commentare a destra e manca. Mi sembra che dopo gli entusiasmi iniziali, quando uno apre il blog ed è ansioso di visite, divenga in seguito una opportunità a cui non si bada più, se non come regolarizzazione di un rapporto che sorge per la proprietà tranzativa qundo A commenta da B e C (che non conosce A) commenta anche lui da B.
Non ho ontenzione di utilizzare Facebook non per disprezzo ma per priorità: non avrei un briciolo di tempo da dedicarci.

C'è un altro discorso che riprenderemo a settembre, quando torneremo al numero consueto (magari con qualcuno di più): l'inflazione di comunicazioni che arrivano da tante parti, anche se non vogliamo che arrivino, e la necessità di attrezzarsi con una specie di elettrostatica gabbia di Faraday percettiva e psicologica in modo da scaricare a massa quello che non vogliamo ci arrivi.

grazie Barbara e Giulia e saludos
Solimano

Silvia ha detto...

Qui sopra, inteso come internet è ovvio che si usino, purtroppo, termini semplificativi, per rendere il concetto, ma che così perdono del tutto il loro significato profondo.
Ma questo vedo che funziona anche nella vita reale, forse molto più che qui sopra. Come osserva giustamente Giulia, i giovani soprattutto, hanno una concezione del concetto di amicizia che è molto diverso dal mio.
Per loro scambiare 4 sms dopo cinque minuti che si sono conosciuti equivale considerari amici. Il termine conoscente non esiste è stato soppresso. In compenso è usatissimo un termine che mi fa orrore ma col quale si deve fare i conti: trombamico/a. Un misto tra amico, non ben identificato perchè siamo sempre nell'ordine dei 2 gg. di conoscenza a dargliene, e il soggetto/o con cui passare qualche ora facendo sesso. Senza implicazioni sentimentali sia chiaro! Solo sesso, senza impegno, conoscendo però nome, cognome e anche segno zodiacale.
Vedo molta leggerezza, ma anche tanta, tanta confusione, non tanto nei termini, quanto nel capire cosa vogliono veramente. Anche perchè, come è evidente, non passa tutto serenamente e le delusioni sono cocenti anche se è solo un trombamico al quale non pare vero di passare di fiore in fiore "senza colpo ferire".
Non ho ancora ben capito se è la rete ad essersi adeguata a questo stato di cose, o se ne è stata in parte responsabile. Opto per la prima ipotesi, che mi pare che le cause siano altrove.

sabrinamanca ha detto...

Mi viene in mente il mio amico Antonio che, ogni volta che voleva fare una cena come si deve, con una bella chiacchierata annessa invitava sempre sei sette persone al massimo: di piu', diceva, non va bene, non si chiacchiera, si fa casino!

Ermione ha detto...

A parte la delizia del fotogramma di Picnic, così meravigliosamente datato nei suoi colori sbiaditi, devo dire che sono molto d'accordo, stavolta. In tutto e per tutto. Sai che questo sistema di relazioni e di combinazioni si studia già alle elementari, oops primaria, in classe prima e seconda coi colori e le forme, poi via via in modo sempre più complicato, con tutto un sistema di frecce colorate oppure tratteggiate, puntate ecc. Un vero marasma, a dirla così, ma i bambini capiscono all'istante.
Ciao

Habanera ha detto...

Tralasciando la parte squisitamente matematica del post, che è certamente giustissima, mi soffermo sulla parola amicizia.
Per me ha un significato così importante che l'ho usata sempre con parsimonia e solo con pochissime persone nella mia vita.
A volte penso che i giovanissimi usino le parole a vanvera, privandole del loro autentico significato, e la parola amicizia è certamente tra le più inflazionate.

Piaciuto molto l'Edward Potthast.
Ciao
H.

Solimano ha detto...

Sabrina, il tuo amico Antonio ha perfettamente ragione. Noi abbiamo, senza pensarci, istituzionalizzato la cosa. Andiamo abbastanza spesso al ristorante o in pizzeria e la formazione ideale è di quattro coppie, però le quattro donne sedute una di fronte all'altra e così gli uomini, in modo che nessuno sia seduto vicino alla propria moglie. Credo che il motivo sia che ci sono discorsi da donne e discorsi da uomini, parliamoci chiaro, al di là di un politically correct di pura facciata. Funziona. La compensazione è quando si esce dalla pizzeria (in genere ci cacciano fuori perché è tardi), in cui prevale una disposizione circolare sul marciapiedi largo, e le battute si incrociano.
Elena, chiaramente, la fotografia dal film Picnic l'ho scelta perché è bella, ma anche perché fra quei personaggi sono in corso una serie di interrelazioni che chi ha visto il film conosce bene. A parte il caso di Kim Novak, su cui voi tutte pensate certamente tutto il male possibile (io a voce vi do ragione, ma interiormente dissento per ... una serie (ehm)... di motivi (ehm)...), in quel film ci sono due attrici bravissime: Rosalind Russell e Susan Strasberg forse nelle parti più belle fella loro carriera.
Concordo con te: i ragazzi ci arrivano molto velocemente perché questi discorsi ed atteggiamenti sono naturali e i ragazzi mentono di meno, specie con se stessi. Basta guardare come rapidamente ogni gruppo trova una sua gerarchia con le varie specializzazioni.
Habanera, sì, la parola amicizia è scioccamnte inflazionata. Aggiungo una considerazione che parrebbe amara: non è assolutamente detto che un amico sia per sempre, per un motivo semplicissimo: ognuno di noi cambia nella vita. Conosco dei gruppi con una forte stabilità nelle amicizie, in genere li trovo un po' noiosi e ripetitivi. Poi c'è la cosa fondamentale: esistono gli amici carissimi di chiacchiera, ma lo zoccolo duro è quello di amici con cui discorri magari poco, ma sui quali sai che puoi assolutamnte contare. Questo è vero sia per gli uomini che per le donne.

grazie e saludos
Solimano