giovedì 7 maggio 2009

Citazione latina appropriata.


Il mio ritorno in queste stanze è effimero, non so al momento se potrò garantire una presenza costante.
Intanto desidero ringraziarvi tutti indistintamente per i vostri messaggi di affetto nelle scorse settimane, che non sono state facili.
Evidentemente chi frequenta gli ospedali non lo fa per diletto, no? Se ci si mettono anche i medici ad ingarbugliare la matassa, non è il massimo. E non mi riferisco ad incompetenze professionali, ma all’organizzazione intrinseca del reparto.
Segnalo, a prova della mia buona fede, che proprio la clinica di Chirurgia Plastica di Gemona è stata qui pubblicamente lodata per l’efficienza.
Non mi va di entrare in particolari, però è molto triste che si debba alzare la voce (è un eufemismo, ve lo garantisco) per avere ciò di cui si avrebbe diritto.
Egoisticamente dopo la sfuriata ci si sente contenti, in primis per il risultato raggiunto, ma anche perché si sfoga un po’di frustrazione.
Però, pensateci, è intellettualmente molto triste che io che so mettere in fila quattro parole e non ho timori reverenziali ottenga qualcosa e altri che non ne hanno la possibilità debbano subire in silenzio.
Mi fa una rabbia terribile.
Un medico che non sa o non vuole comunicare con i pazienti e i parenti non è un buon medico, ma un pessimo medico.
Eppure al Rotary sono tutti dei Grandi Comunicatori.
Medice, cura te ipsum. O almeno provaci.

6 commenti:

Roby ha detto...

Aprile 2008, Firenze, ospedale di Careggi. Attendo di parlare col medico di turno riguardo a mio zio, ricoverato in gravi condizioni e ormai agli sgoccioli (se ne andrà tre giorni dopo). In fila prima di me c'è una signora evidentemente amica intima del medico stesso, che la accoglie nella sua stanza come se fossero lì per bere qualcosa insieme e chiacchierare dei bei vecchi tempi. La chiacchierata dura circa tre quarti d'ora, dopodichè i due escono insieme: lui ha l'orecchio incollato al cellulare e sorridendo dice all'interlocutore: "Sì, guarda, sto uscendo ora...". Poi vede me. La mia faccia. I miei occhi. "Anzi no, scusa" si corregge, senza tuttavia perdere il sorriso "ci risentiamo più tardi, ho ancora da fare...".

Ho un solo cruccio: non ricordo il nome di tale luminare, altrimenti lo avrei scritto qui a lettere cubitali.

Un abbraccio megagalattico, caro Paolo, a te e alla ex (ma perchè ex?)-Ripley

Roby

Silvia ha detto...

Ciao Am.
Spero che tutto sia ok. Ti pensavo giusto oggi e mi chiedevo...chissà!
Non mi va di parlare di ospedali e nemmeno di malattie e nemmeno di ingiustizia sociale.
Ti abbraccio al momento e vi auguro ogni bene.

Solimano ha detto...

Caro Paolo, prima di tutto, hai fatto bene a fare la sfuriata, sicuramente lucida. Per la persona cara, ma anche per te stesso. Fa male tenersi dentro certe cose, lo sfogo è necessario, non solo perché si ottiene quello che ci è dovuto, ma perché la nostra personalità lo richiede, anzi lo esige. Guai se no.
Riguardo il fatto che tu ottieni perché sai mettere quattro parole giuste in fila, ci trovo la giustezza e l'utilità della cultura, così spregiata dai fautori dell'ignorantaggine, largamente maggioritari nel nostro paese: la cultura, oltretutto, serve, a volte più dei soldi.
Le capacità comunicative ed empatiche dei medici? Potrebbero essere molto migliori, generalmente, ma a volte è la quotidianità e il tipo di lavoro che li porta a sottovalutarle: i chirurghi in questo purtroppo eccellono nel negativo. Meglio comunque un chirurgo arido ma con la mano ferma che un chirurgo emozionale. Discorso strano che sicuramente comprendi.

un abbraccio, Paolo e torna qui quando puoi, ti auguro presto
Primo (Solimano)

giulia ha detto...

L'umanità in un medico, negli infermieri possono davvero fare la differenza. E' vero quelo che dice Solimano che la cosa milgiore è avere la amno ferma, ma è anche vero che per affrontare certi momenti, per reagire, per accompagnare avresti bisogno come del pane di un gesto, di un sorriso, di una parola. Non siamo solo "organi", saimo soprattutto persone.
Quando mio papà era in ospedale una signora stava assistendo suo marito ed era una di quelle che "non aveva le aproe giuste"... L'hanno massacrata fino a quando non sono intervenuta. In quel caso era un infermiere.
Paolo, auguri di tutto cuore. Un abbraccio forte forte.
Giulia

Amfortas ha detto...

Roby, purtroppo tutti noi, ne sono certo, possiamo portare esempi di malcostume sanitario: infermieri, medici ecc ecc.
La mia idea era quella di scrivere un post di denuncia vera e propria ma mia moglie non gradisce, quindi evito.
Io sono molto egoista in tutto, ma pur facendo tanta fatica in queste cose lascio il timone a lei.
Silvia, figurati, ti capisco benissimo e ti ringrazio per il privato che mi hai mandato su Splinder qualche settimana fa...l'ho letto solo oggi :-)
Solimano, lucidissimo. Ho questa caratteristica terribile (per gli altri)di essere sempre presente quando m'arrabbio di brutto e solo così posso sfruttare appunto quella capacità di mettere "quattro parole giuste in fila".
I medici, credo tu lo sappia benissimo, sono tenuti a frequentare corsi di comunicazione con i parenti dei pazienti.
In questo caso, trattandosi del primario, dovrebbe essere lui il docente di tali corsi.
Evidentemente è un altro caso di persona sbagliata nel posto sbagliato.
Il discorso della mano ferma lo capisco benissimo, ci mancherebbe, ma non può e deve bastare.
Giulia, ribadisco quanto sopra, il personale sanitario in generale ha un ruolo fondamentale anche dopo l'intervento, hai ragione tu.
Però i reparti sono una struttura piramidale, se non funzionano, la colpa non è mai dell'infermiere/a, ma di chi sta sopra.
Grazie a tutti.

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e