domenica 3 maggio 2009

Alla ricerca dell'arte perduta (15)

Solimano

Mettiamo subito le cose in chiaro: il primo post di questa serie intitolata "Alla ricerca dell'arte perduta" l'ho pubblicato in Stanze all'aria giovedì 6 novembre 2008. Verificate col Google interno al blog, se non ci credete, malfidenti!
Quindi qualche sera fa, alla terza conferenza organizzata da NOVALUNA al Binario 7 volevo protestare, perché il relatore era Fabio Isman, scrittore e giornalista (al Messaggero) che ha scritto un libro intitolato: "I predatori dell'arte perduta" finito di stampare da Skira (Ginevra-Milano) nel mese di febbraio 2009.

Che io non abbia protestato durante la conferenza è un piccolo dettaglio, perché Fabio Isman è il fratello di Franco, webmaster di Arengario su cui ho scritto per anni, ma non si fa così! Adesso ci si è messa anche Roby, che ha scritto un post intitolato "Florentina Jones e i predatori dell'ora perduta", ma Roby la posso capire, è innamorata persa (anzi, perduta) di Harrison Ford dal 1981, anno in cui uscì il film "I predatori dell'arca perduta" di Steven Spielberg. Su tutto questo perdimento (o sperdimento) vigila dall'alto il Signor Marcel Proust, che cominciò a pubblicare "À la recherche du temps perdu" nel 1913. Però Fabio Isman, alla fine della sua apprezzata conferenza, ha minacciato di scrivere presto un altro libro: "I predatori dell'arte venduta". E' un tormentone che non finirà più...

Ascoltando Fabio Isman, mi sono venute in mente diverse Signore. Faccio alcuni nomi: Grace Kelly (Ranieri di Monaco), Marisa Allasio (Calvi di Bergolo), Sofia Loren (Ponti), Silvana Mangano (De Laurentis), Rosanna Schiaffino (Falk), Claudia Cardinale (Cristaldi). Di fronte alla bellezza, in molti potenti scatta il meccanismo del possesso: "E' mia, solo mia!" Se andate nella Web Gallery of Art e usate il loro search, trovate che ci sono 1512 immagini di opere d'arte con scritto a fianco "Private collection". Gli addetti ai lavori magari ne sanno di più, ma il possessore non vuole che lo si sappia in giro.
Alcune delle pagine più puntute del libro sono dedicate al Museo Getty, che Isman definisce "il museo dei tombaroli". A leggere così, ci si farebbe l'idea del Museo Getty di Malibu, sulla costa del Pacifico, come un museo di piccoli traffici. Non è così. Scrive Isman: "Ha a disposizione una somma 70 volte superiore al Met per gli acquisti". Si tratta di 250 milioni di dollari all'anno!
Daniela Rizzo dice: "Ha pagato dei reperti tre o quattro volte il loro valore". Il magnate del petrolio Jean Paul Getty doveva essere un personaggio strano, se Alvaro Gonzàles-Palacios scrive che alla sua villa di Palo Laziale, la "Posta vecchia" del Castello Odescalchi, "accanto alle stanze degli ospiti era installato un telefono a gettoni, l'unico per le interurbane". Naturalmente, al Getty hanno preso anche delle solenni fregature, ma tali non sono le tre opere di cui inserisco le immagini.

In alto il Trapezophoros, della seconda metà del IV secolo a.C. E' un marmo dipinto che rappresenta due grifoni che sbranano una antilope.
Il ritrovamento avvenne ad Ascoli Satriano fra il 1976 e il 1978 durante uno scavo di frodo. Isman ricostruisce come questa opera arrivò al Getty. E' stato restituita all'Italia solo nell'agosto del 2007, dopo anni di discussioni e trattative.

A destra, il cosiddetto "Atleta di Fano", una statua in bronzo del IV o III secolo a.C. forse del grande scultore Lisippo, l'artista preferito da Alessandro Magno. Fu rinvenuta nelle reti di un peschereccio nell'Adriatico al largo di Fano il 14 agosto 1964. Fu acquistata dal Getty Museum nel 1977 per 3,98 milioni di dollari in competizione proprio con il Metropolitan Museum of Art. Tredici anni di trafila sul mercato nero dell'arte... E' in atto da anni una contesa fra lo stato italiano ed il Getty Museum e la statua sta ancora là. Si appigliano a tutto, negando persino che il luogo del ritrovamento sia Fano.

A sinistra, la Afrodite di Morgantina, del 425-400 a.C. eseguita nella Magna Grecia da uno scultore probabilmente allievo di Fidia. Trafugata nella seconda metà del Novecento, il Getty la acquistò in un'asta a Londra nel 1988, pagando 28 miliardi di lire. E' stato raggiunto un accordo per cui l'Afrodite di Morgantina tornerà in Italia nel 2010. Vedremo...

5 commenti:

Medine ha detto...

Vorrei pensare che dietro a tutto questo comprare e possedere ad ogni costo ci sia il bisogno spasmodico di circondarsi del "bello". Ma poi i telefoni a gettoni, gettano, mi si scusi il bisticcio, una luce sinistra su questo mio pensiero.
Tanto chè poi, prima o poi, un accordo commerciale si trova.
Allora cambia solo la merce, ma l'amore rimane sempre lo stesso: danaro.
Triste.

Il ritorno dell'arte perduta potrebbe suonare di buon auspicio se il governo disponesse di ingenti somme, che non ha.

mazapegul ha detto...

Bellissimo spunto, e bellissimo commento di Sgnapis. Io non capisco molto -essendo ingenuamente democratico- la smodata mania di possedere, a ogni costo, pezzi d'arte di universale bellezza. Devo dire che, se trovassi una statua di Fidia nel mio giardino (sto scavando, abbiate pazienza...), la passerei alla locale sovrintendenza, perché ne venga fatto un uso più ragionevole di quello che ne farei io. Certo, magari chiederei un minuscolo cartellino con su scritto "donato da".
Il commercio illegale delle opere d'arte getta sulla bellezza l'ombra del brutto, e comporta anche distruzione di reperti e d'informazioni. Diventa difficile ricostruire la storia dell'opera; si danneggia spesso il sito e tutte le opere "secondarie" che esso contiene.
Ho visitato di recente il museo archeologico di Bologna. E' quasi commovente vedere come le amigdale rozzamente (ma sapientemente) scheggiate dell'appennino bolognese raccontino -quando contestualizzate- dell'intelligenza e della difficoltà di vivere di specie ominidi precedenti la nostra (da cui la nostra ha ereditato non solo del DNA, ma anche una tecnologia sviluppata, una cultura e un modo di vivere).

Anonimo ha detto...

Sono assolutamente d'accordo con Maz. Anche a me non piace l'idea che opere d'arte così importanti siano "private". Forse è un mio pregiudizio contro la proprietà privata?

Dovresti chiedere a Fabio Isman i diritti d'autore. No, non si fa così.

Solimano ha detto...

Silvia, non è l'amore del bello, è il gusto del possedere qualcosa (o qualcuna...l'esempio ironico delle attrici...) che desiderano in tanti e che si vuole avere in esclusiva. Il massimo dei minimi è stato quel giapponese che si è fatto seppellire con una tela di Van Gogh nella bara, ma anche Onassis col Velasquez sullo yacht non scherzava.
Sulle somme ingenti che non sono a diposizione sono d'accordo e non sono d'accordo: in Italia ci sono quasi cinquemila musei di cui 564 statali (dati che traggo dal libro di Fabio Isman) il che significa che la grande maggioranza è sotto la massa critica. Non mi piacciono i musei troppo grandi (come gli Uffizi) ma i musei troppo piccoli sono uno spreco perché non ci va nessuno, mentre se si accorpassero a quattro cinque, sei nel giro di pochi chilometri entrerebbero negli itinerari turistici più diffusi. E' difficile, perché intervengono personalismi di ogni genere, ma la strada è quella.
Màz, hai fatto un discorso importante su cui tornerò. Dice il quarto di copertina del libro di Isman: "oggetti importantissimi che restano stupendi ma sono ormai privati del loro passato, sradicati dai propri contesti e diventati muti". Questo, anche se in modo minore, succede anche con le pinacoteche ed i musei. Tu pensa a Bologna; la Pinacoteca Nazionale è bella e ben tenuta, ma vuoi mettere, l'emozione della Chiesa di San Giacomo maggiore e dell'Oratorio dei Santi Cecilia e Valeriano con le opere nei posti esatti per cui sono state eseguite? Con tutte le arti minori intorno, arti basate sull'utilità per i fedeli: cartaglorie, paliotti, candelabri etc etc.
Giulia, il privato non è per definizione negativo, occorre una collaborazione privato-pubblico. Un esempio: la Web Gallery of Art è sponsorizzata e sostenuta dal governo ungherese. In cambio, Kern e Marx hanno inserito le migliori opere dei musei ungheresi nella Web (c'è una parte in ligua ungherese). Perché, invece dell'Ungheria, non l'ha fatto l'Italia? Più di metà delle decine di migliaia di quadri inseriti con immagini nella Web sono di Musei italiani.

Chiederò le royalties a Fabio Isman, ma dubito che me le darà... ho persino comprato il suo libro (con un po' di sconto eh... eh...).

grazie e saludos
Solimano

Ermione ha detto...

E' vero, è il senso del possesso che muove molti acquisti d'arte, accaparramenti verrebbe da dire. Non la ricerca del bello: a volte le ville di questi magnati ricchissimi sono quanto di più kitsch si possa immaginare. L'idea di POSSEDERE è massimamente anti-democratica: "Me la prendo, è mia e nessuno la potra vedere", sia un'attrice divina o sia un'opera d'arte.
Se io avessi i miliardi che aveva Paul Getty o quelli che hanno i palazzinari di oggi, vorrei certo comprare opere d'arte. Non per sottrarle al popolo, ma per vedermele spesso: fare colazione davanti a un Monet, rilassarsi sul divano davanti a un Cézanne...che vita, che meraviglia. Oppure avere un trapezoforo, di marmo intagliato, che mi regga una tavola su cui pranzare deliziosamente.
Le tue ricerche sull'arte perduta sono interessantissime e piene di curiosità.