giovedì 2 aprile 2009

Piccolo contributo alla reciproca conoscenza

zena

Perdo ogni cosa.
Ombrelli, soprattutto.Li riconosco qualche volta, intenti a coprire capi altrui.Ci salutiamo, io e gli ombrelli, perché sappiamo che è stato bello, ma breve.D’inverno, in genere, perdo guanti. Possibilmente un guanto di varie coppie non combinabili fra loro….e questo è strazio allo stato liquido, che entra in circolo e ti riempie di nostalgia: belli i tempi dei due guanti appaiati, senza gelosia fra mani. Belli e caldi.
Se ombrelli e guanti sono perdite stagionali (proprio come i ventagli), i libri assicurano alla perdita un ritmo costante e indifferente alle variazioni climatiche. Un libro amato, che vorrei prestare con piacere, è a colpo sicuro: lo perdo subito. Così ne compro due e mi difendo in anticipo.
So fare grandi cose anche con la guida telefonica e il telefonino ( insieme e separatamente, spesso in successione diacronica), con il portafogli, con le chiavi di casa (mie e altrui), con i fogli su cui annoto un appunto volante ( tanto poi ci torno su), con i floppy e i cd.
Gli occhiali sono un capitolo a parte, doloroso come pochi altri: cercare gli occhiali spariti senza occhiali richiede una vocazione all’avventura….vedi un bagliore, parti sperando nella meta vicina e invece ti ritrovi con un paio di forbici (di dubbia resa, rispetto al bisogno).
Ma quello che maggiormente mi destabilizza è che soltanto un attimo prima di uscire mi accorgo che mi manca qualcosa.Allora, al grido lamentoso “Non trovo più….”, comincia la mia ricerca a elica: chi mi vive vicino ricorda un impegno improvviso oppure rivela un immediato, morboso desiderio di portar giù le spazzature e mi lascia da sola a soffrire. Lungo le scale, mentre si allontana, mi dà però dei preziosi consigli…
Stamattina, mentre, già in ritardo, perdevo borsa e chiavi di casa, ho capito tutto.Mi sono ricordata le parole della vecchia signora che mi aiutava nelle faccende, una volta; ne avevo una paura così forte che pulivo tutto prima del suo arrivo, per non fare brutta figura.
“La casa nasconde, ma non ruba”- diceva….
Nasconde, appunto.E’ la mia casa che nasconde.Ogni cosa.L’ho capito.Lo fa per trattenermi. Per costringermi a stare lì, a fare e disfare e rifare….
Che si sia innamorata di me, in tutto questo tempo?
E’ un dubbio che viene…

Caillebotte: Place de l'Europe, temps de pluie (1877)
(212 x 276 cm) Art Institute of Chicago

14 commenti:

zena ha detto...

Caro Primo, grazie per la pazienza e per il dono di questa bellissima immagine.
A tutti, un saluto.
z.

giulia ha detto...

Cara Zena, lo sentivo che qualcosa ci accomunava. Tutto nella dimenticanza e nella perdita, oggetto, dopo oggetto. Nei gesti che fai prima di uscire di casa e ti accorgi di non trovare...
Ma la cosa che mi ha meravigliato è quello della signora che ti aiutava a far pulizie. La stessa identica soggezione: l'unico momento in cui io mi preoccupavo di lasciare tutto pulito era quando doveva arrivare a lei... E quando mi criticavano, io dicevo: volete mica che veda tutto sto casino o che sia sporco?... A quelle parole tutti si guardavano sbalorditi e li capisco...
Ora, infatti, ne faccio a meno e mi tengo il mio disordine anche perchè, quando ero in casa, non riuscivo a fare nulla pensando che lei di là stava lavorando. Mi alzavo, le chiedevo se voleva un caffè, un the e alla fine era lei che mi diceva sorridendo: signora mi lasci lavorare...

Anonimo ha detto...

Uguale Giulia, uguale :))
z.

Amfortas ha detto...

Mi sono, in parte, riconosciuto, specie per quanto riguarda gli occhiali.
C'è tutta una teoria, non peregrina almeno nel mio caso, dietro a queste dimenticanze e distrazioni.
Qualche volta m'invento anche le cose che fingo di dimenticare, per avere un pretesto per tornare un attimo a casa.
Ehhhhhh...ciao!

Anonimo ha detto...

Amfortas, le mie dimenticanze/distrazioni hanno dato origine a molte leggende casalinghe, assolutamente esagerate ed inique.
L'unica vera è quella del ritrovamento del mio portafogli in freezer, insieme all'involto, per altro ben insacchettato, delle bistecche: inconscio tentativo di congelare i fondi?
un saluto
zena

Solimano ha detto...

Distrarsi è un segno di incivilimento, altro che storie. O di innamoramento... ne avrei qualcuna buona da raccontare in L'amour est un oiseau rebelle, ma forse è meglio di no... c'è qualche controindicazione.
I distratti (quorum ego naturalmente) non è che non pensino, pensano altre cose, molto più importanti di quelle che perdono, solo che le cose a cui pensano stanno sulla Luna (con il senno d'Orlando) e la Luna è lontana, mentre le cose che perdono sono vicine alla punta del loro naso. I distratti soffrono, anzi godono, di fantasie presbiti, che vuoi che sia se perdono gli occhiali per la loro presbiopia oculare.
Mai ho avuto il piacere di buttare via un ombrello perché sgangherato, li ho persi tutti, e adesso vado in giro senza ombrello sotto la pioggia (dicono che la pioggia fa crescere i capelli).
Non ho il telefonino non perché sono un amish, ma perché lo perderei immantinenti. Non so quante volte siamo andati dagli amici che abitano in Via Legioni Romane, dall'altra parte di Milano: sbaglio strada ogni volta, però in punti sempre diversi. Allora giro in macchina con la guida Telecom in cui ci sono le piantine delle varie zone di questa industre città: ho perso anche la guida. E quindi, con quegli amici, o vengono loro da noi o ci vediamo per email, basta che non mi propongano Facebook.

Ma il massimo della distrazione è successo trent'anni fa a un noto formicolone imprenditore di Parma (settore vetro). Aveva convocato una riunione dei massimi dirigenti alle 9 del mattino. Arrivò col pelliccio addosso (era uno da pelliccio). Entrò nella saletta riunioni, tutti lo guardavano con timorosa deferenza, si tolse il pelliccio... e sotto era nudo come un verme.
La notizia non fu pubblicata dalla Gazzetta di Parma, organo di proprietà confindustriale, naturalmente per distrazione dei giornalisti e nello spogliatoio degli operai comparve una scritta grande col gesso: B. non t'amareggiare. Una frase criptica, ma non per tutti...

grazie Zena e saludos
Solimano

Barbara Cerquetti ha detto...

Cara zena,
io una volta, sentendo squillare il telefono, ho risposto sul telecomendo!
Per quanto riguarda gli oggetti smarriti invece, il mio cruccio sono i tagliaunghie. Avete presente? Quelli che si comprano in tabaccheria, i trick track o tronchesini, non so come li chiamate dalle vostre parti... A me piacciono tantissimo, li trovo utili ma anche esteticamente belli, con quella piccola lima che esce fuori, ma ne perdo in quantità industriali mannaggia! Ormai c'ho l'abbonamento dal tabaccaio che invece di chiedermi:
- Signora, Diana o Multifilter?

sapendo che non fumo, lui mi chiede:

- Signora, francobolli o trick-track?

Vabbè, comunque m'hai fatto venire in mente una canzone di Vinicio Capossela, adesso la posto, potresti sostituire la parola "calzini" con la parola "guanti", ma così perderemmo le rime ;-)

Barbara Cerquetti ha detto...

Il paradiso dei calzini

Dove vanno a finire i calzini
quando perdono i loro vicini
dove vanno a finire beati
i perduti con quelli spaiati
quelli a righe mischiati con quelli a pois
dove vanno nessuno lo sa
Dove va chi rimane smarrito
in un’alba d’albergo scordato
chi è restato impigliato in un letto
chi ha trovato richiuso il cassetto
chi si butta alla cieca nel mucchio
della biancheria
dove va chi ha smarrito la via
Nel paradiso dei calzini
si ritrovano tutti vicini
nel paradiso dei calzini..
Chi non ha mai trovato il compagno
fabbricato soltanto nel sogno
chi si è lasciato cadere sul fondo
chi non ha mai trovato il ritorno
chi ha inseguito testardo un rattoppo
chi si è fatto trovare sul fatto
chi ha abusato di napisan o di cloritina
chi si è sfatto con la candeggina
Nel paradiso dei calzini..
nel paradiso dei calzini
non c’è pena se non sei con me
Dov’è andato a finire il tuo amore
quando si è perso lontano dal mio
dov’è andato a finire nessuno lo sa
ma di certo si trovera’ la’..
Nel paradiso dei calzini
si ritrovano uniti e vicini
nel paradiso dei calzini
non c’è pena se non sei con me
non c’è pena se non sei con me

sabrinamanca ha detto...

Non so quanti guanti e ombrelli ho perso, dicine, azzarderei. L'ultimo guanto marron di lana con un delicato listino in pelle l'ho visto allontanarsi insieme con l'autobus dal quale ero appena scesa, e gli ho fatto persino ciao con la mano...Mi ricordo di una volta a Londra, precisamente Brick Lane, dove il comune del quartiere orgznizzava corsi di pc e alfabetizzazione (e io cercavo di imparare a stento l'inglese) in cui domandai a un impigato se per caso avesse ritrovato un ombrello cosi' e cosi'. Mi fece cenno di seguirlo con, nello sguardo una scintilla, come a condurmi in un luogo magico. Dietro alla porta che spalanco' davanti a me c'erano, non voglio esagerare, almeno un centinaio di ombrelli.
Mi disse - you can choose!
Il mondo mi sembro' una grande casa dove niente si perde, dove ogni cosa si nasconde.

un abbraccio

Habanera ha detto...

Io, più che perderle, le cose me le faccio rubare.
Mi capita con gli ombrelli, le biciclette, i cellulari e ultimamente a Madrid anche portafoglio, documenti, carte di credito, tutto!
In casa perdo spesso gli occhiali che uso quando sono al pc: me li tolgo appena mi allontano e li lascio in giro nei posti più strani.
Quando torno al pc inizia il dramma: "Qualcuno ha visto i miei occhiali?" chiedo a gran voce girando freneticamente per tutta la casa.
Ormai neanche mi rispondono più...

Ciao, Zenin
H.

Silvia ha detto...

Ecco perchè mi sento a casa qui. Ci sono!
L'innamoramento della casa che non mi vuole lasciare andare mi pare una lettura molto interessante che intendo sviluppare:) Come l'inversione a U su doppia linea continua in colonna da venti minuti perchè scatta l'ansia da fornello acceso, ferro da stiro, sigaretta spenta non si sa dove, sempre che sia spenta! Per fortuna non fumo più, ma dovrei smettere anche di stirare e di cucinare...

Ormai viaggio con un baule con detnro tutto, poichè sto fuori dalla mattina alla sera.
Ma c'è sempre una cosa, una sola, che rimane sul cassettone dell'ingresso, fosse anche il cd preferito. Gli occhiali ormai non li dimentico più, altrimenti non ci vedrei, ma un tempo...

zena ha detto...

Molto cari Stanziali, che belli questi commenti:)

Ne emerge, quale ulteriore tratto aggregativo, una nostra trasversale tendenza alla distrazione.

Tropi robi in testa, direbbe la Rosa miamamma...

Ma io credo che le tante cose in testa e nel cuore diano sapore e colore anche a una giornata grigio-tortora come quella di oggi.

Cosa importa, dunque, se viviamo nella galassia
- degli ombrelli smarriti, in cui Solimano si aggira orgogliosamente a testa nuda e Sabrina sta ancora cercando il suo,
- dei trick track (tutti quelli di Barbara) che fanno una luccicante montagnola, in un angolo,
- dei calzini dispari(ti) stesi sul filo come bandierine,
- degli occhiali autotraferentesi di Haba e di Silvia...?

Gran bella galassia, mi pare.

Comunque, se vedete delle bellissime formiche con la messa in piega o con la permanente fresca, sappiate che sono le mie: invece di un deterrente che dovrebbe sviarle e farle indietreggiare alla ricerca di altri lidi, le ho spruzzate con il mio balsamo per i capelli :((.

Un saluto carissimo a tutti voi.
ciao
z.

Silvia ha detto...

ahahahhahaha questa delle formiche con la permanente me la segno:)
Ciao tesoro.

Anonimo ha detto...

Zena sei troppo simpatica... Cercherò le formiche con il tuo balsamo...
Buona domenica, Giulia