mercoledì 22 aprile 2009

Giovani e adulti: il dialogo che spesso non c'è

Giulia


Ho lavorato per trent’anni con i ragazzi e devo dire che non ho mai avuto difficoltà a rapportarmi a loro in qualsiasi modo si presentassero a me, anzi ne sono sempre uscita più ricca. Sono consapevole che non è facile, ma proprio per questo non condivido chi tenta di racchiudere in categorie i giovani, chi pensa di poter tracciare le loro caratteristiche, il loro modo di essere, il loro modo di pensare racchiudendoli in una ricerca statistica. Certo sono figli del loro tempo oltre che dei loro genitori, ma prima di tutto sono individui, persone che, anche se tendono a nascondersi dentro il “gruppo”, hanno ognuno la propria individualità, la loro personalissima storia, il proprio modo di reagire a ciò che la vita gli ha dato o gli ha tolto. Se si fosse capaci di vedere e di comprendere ciò che ognuno è, capiremmo quanto dietro ad una falsa uniformità si nasconde, accostandoli, una ricchezza e sfumatura di sentimenti che ci lascia stupiti.
Come dice Giorgio Agamben ne “La comunità che viene” : “Provano “il desiderio di avere proprietà comuni che lo rendano leggibili al mondo in quanto inquadrabili ma falsamente intelligibili. Nella realtà più profonda però ognuno aspira ad uscire da questo tipo di definizione di se stesso per essere quello che è, qualunque cosa esso sia, che rimane nascosto dietro una definizione”
Certo bisogna aver voglia di ascoltarli, bisogna aiutarli a trovare le parole per esprimersi, bisogna aiutarli a creare un clima in cui il “non-detto” possa emergere, essere esplicitato. E nulla deve sembrare banale, scontato, non degno di essere esplicitato, ma ogni sentimento, ogni osservazione, deve essere ascoltata con interesse e da lì bisogna partire per aiutarli a pensare, a ragionare.
È con questo rispetto che dobbiamo porci davanti a loro o meglio al loro fianco, non per assecondarli in ogni richiesta, (l’unica cosa in cui ormai molti genitori sembrano essere diventati bravi) ma per intessere con loro un dialogo; un dialogo anche acceso che nessuno di loro rifiuta, quando non si sentono sovrastati dalla nostra “ragione di adulti” che ormai sanno tutto e che nulla hanno più da imparare. E invece si impara eccome da loro e loro possono imparare molto da noi.
Troppo spesso l’adulto appare come spaventato davanti ai giovani, davanti alla loro fragilità o aggressività e li guarda, ma da lontano, come se fosse davanti ad un vetro: da una parte noi adulti, dall’altra loro. Dobbiamo imparare a stare “in mezzo” e ricordarci che spetta noi imparare a capirli, che spetta a noi se vediamo qualcosa che non funziona, trovarne le cause e aiutarli a cercare pian piano le soluzioni.
E faccio mia la frase di Maria Zambrano che dice “Bisogna continuare a parlare dei giovani. Sarebbe meglio ancora iniziare a parlare con i giovani e cancellare dal nostro vocabolario la frase ‘la gioventù d’oggi’”

5 commenti:

Solimano ha detto...

Su questo argomento, ho trovato molto istruttivo quello che ha detto qui a Monza Roberto Osculati, che pure è docente di Storia del Cristianesimo intervistato spesso dalla Radio Vaticana.
A chi gli chiedeva il che fare riguardo all'etica sessuale propalata dalla Chiesa e in particolare da Ratzinger, ha dato una risposta spiazzante:
"Non è da oggi, ma è da almeno trent'anni, che i giovani hanno deciso di non ascoltare la Chiesa nei temi di etica sessuale. Noi dobbiamo semplicemente prendere atto".
Mi è molto piaciuto, perché il prendere atto è un segno di intelligenza e di vera forza.
Prima di ogni altra cosa, compreso il volontariato attivo, noi dobbiamo prendere atto, accettare quindi, che i giovani siano quello che ogni giorno decidono di essere. Non per astuzia, non per farsi piacere tutto, ma come serena accettazione della realtà, che solo con un simile atteggiamento si può modificare.

grazie Giulia e saludos
Solimano

sabrinamanca ha detto...

Solimano, mi sembra di grande intelligenza anche non prendere atto degli insegnamenti della chiesa, la quale in materia di etica sessuale dice una marea di stupidaggini(e sono carina e gentile utilizzando questo termine).
Un'etica civile comune decorosa, che prevede i rapporti protetti e di evitare gravidanze non volute é seguita mi pare più dai venticinquenni che dai trentacinquenni, che sono coloro che più diventano sieropositivi.

Giulia, mi pare che quelli come noi, che hanno più anni sulle spalle, abbiano tanto da imparare dai più giovani, soprattutto in materia di utopie.

Barbara Cerquetti ha detto...

Ieri sono andata a fare la spesa alla coop (pubblicità occulta, il nome del supermercato potevo anche evitarlo), e mi sono ritrovata appiccicata ad un terzetto di cinquantenni che non facevano altro che sproloquiare sui "giovani d'oggi". Erano davvero insopportabili, e più cercavo di svignarmela e più me li trovavo tra i piedi.

- E perchè i giovani d'oggi non fanno più figli...

e Ettorello, nel carrello, buttava un rigurgitino

-E perchè i giovani d'oggi non mettono i soldi a casa...

e intanto facevo i conti mentali su quanto stavo spendendo

-E pretendono, pretendono, pretendono...

e dicevo "permesso" cercando di farmi largo che mi ostruivano proprio il detersivo che serviva a me

-E non hanno più rispetto...

e non trovavo il coraggio di dire: -Uffa! Ma chi sono i genitori di questi "giovani d'oggi"?

Anonimo ha detto...

Sì Solimano, bisogna "prendere atto" di come sono senza paura di confrontarci con loro, il che non è rinunciare alle proprie ragioni, ma prendere in considerazione le loro che a volte indicano sguardi nuovi sulla realtà che noi trascuravamo. Se non dobbiamo rinunciare al dialogo come ho detto nel post, bisogna comunque "prendere atto" che loro siano come desiderano essere.
Sono d'accordo con te, Sabrina, che sia prova di intelligenza non seguire i dogmi della chiesa in materia sessuale, ma credo che Solimano concordi anche lui. Dai giovani abbiamo molto da imparare, ma anche da insegnare e vi assicuro che, in uno scambio che sia davvero dialettico, non rifiutano di mettersi a confronto anche se capita che a volte non lo vogliano dare a vedere.

Barbara mi hai fatto davvero ridere. Hai descritto meravigliosamente bene quello che senti dire continuamente e la tua conclusione è davvero grande.

Un abbraccio
Giulia

Solimano ha detto...

Ogni fascia d'età ha i suoi rischi,le sue sfighe, la sua stupidera. Oggi, in generale, vedo in difficoltà la fascia d'età che alcuni decenni fa era la più in tiro: quella fra trenta e quaranta anni. I motivi sono evidenti.
Sabrina, penso che fosse proprio quello che intendeva Osculati, che è una bella testa e una bella persona: un'etica civile comune decorosa. Prendere atto non significa che il mondo è brutto e cattivo, vuol dire accettare il principio di reealtà, proprio quello che in Vaticano si rifiutano cocciutamente di fare. A parte le discussioni ideologiche, a me sembra ossessivo questo continuo tornare da parte dei vaticani sul tema dei preservativi e sul tema delle gravidanze indesiderate. Parlando chiaro: ci gioca il celibato ecclesistico, che è con tutta evidenza una stortura e una forzatura. E l'assenza da ogni tipo di potere nella Chiesa delle donne, che pure costituiscono la maggioranza dei praticanti. Travi, non pagliuzze, anacronismi non so se più ridicoli o pericolosi.
Barbara, chiacchierano proprio in quel modo, come certe musichette di consumo che da una battuta indovini le dodici che seguono. La fascia dei conquantenni è spesso triste: non ha avuto la durezza di vita e le opportunità successive di crescita di quelli più vecchi e contemporanemente invidia ai giovani... la giovinezza. E i giovani (e le giovani) questo lo intuiscono, hanno naso, malgrado l'eventuale percing.

saludos
Solimano