giovedì 19 marzo 2009

Rien ne va plus

Roby

Daniel Craig in 007 Casino Royale (2006)


Nei film di James Bond, prima o poi, c'è sempre una partita a poker, o una puntata alla roulette. Il tavolo verde si addice a 007 -persino al più recente, quel Daniel Craig biondo e glaucopide così lontano dalla descrizione fleminghiana - accrescendo a colpi di rouge et noir, passo o vedo la suspence delle sue avventure. La nostra invincibile spia deve far attenzione ai bluff dell'avversario, e contemporaneamente guardarsi dal doppio gioco di chi gli si professa amico, salvo poi versare veleno nel suo Martini agitato (non mescolato, per carità). Fino a un istante prima l' interlocutore era l'alleato più solido, il collega più affidabile, il socio più sicuro contro il cattivo di turno: ed ora invece nei suoi occhi è balenata una luce sinistra, le sue labbra hanno assunto una piega crudele, il suo cellulare ha avuto uno squillo sospetto... Così, la fiducia svanisce. Bond intuisce il tradimento in un lampo, e con altrettanta velocità prende i provvedimenti del caso.
Già, bella forza: lui è un agente con licenza di uccidere, al servizio segreto di sua maestà britannica...
...ma io, io che stasera -stanotte- sono qui a rimuginare sull'inaffidabilità di persone con cui lavoro e che credevo amiche, cosa dovrei fare?
James Bond è un doppio zero: io invece stasera -stanotte- mi sento uno zero e basta. D'accordo, nessuno mi ha messo l'arsenico nel caffè della macchinetta, in ufficio. Però quegli occhi, davanti a me, si sono fatti gelidi all'improvviso, mentre la bocca continuava a sorridere, proferendo solenni stronzate. E alla fine il bicchierino, sul fondo, aveva un sapore amarognolo che non mi aspettavo: il gusto sgradevole - a cui non si è mai, per quanto vissuti, abbastanza preparati - della delusione e del disincanto.

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Che cosa dovresti fare non lo so, Roby, certo è che i tradimenti sono sempre brutti da digerire, ci rimettono in discussione, a volte ci rendono insicuri, pensiamo, allora non ne valgo la pena?
Io tento sempre di capire perché e che ragione puo' avere l'altro, giusto perché comprendere mi fa soffrire un po' meno.
Un bacetto

Anonimo ha detto...

Mi dispiace Roby. Più divento grande e più mi accorgo che queste cose sono all'ordine del giorno purtroppo. Quando dico che il mondo è crudele, intendo per molti aspetti, soprattutto nella costante pulsione di distruggere perchè si fa prima e da la sensazione che le cose possano cambiare immediatamente, dopo. Cambiano sì, spesso in peggio, ma cinismo, menefreghismo ed egocentrismo chiudono il cerchio.
Costruire è faticoso e prevede una pazienza e una costanza che io in giro vedo molto raramente. Tutto e subito e magari anche senza meritarlo, anzi spesso è così.
Per i "puri di cuore" accettare queste condizioni non è facile e soffriranno sempre e non c'è rimedio.
L'unica consolazione è sapere che da una qualche parte, qualcuno che può capire c'è, che può aiutarci c'è, che ci vuole bene insomma. Non ci preserverà dalle delusioni ma può farci tornare il sorriso che se n'era andato nel fondo del caffè.
Buona giornata.

p.s. ci sono anche gli Zero assoluto se non erro. Quelli sono messi peggio di te:)

Anonimo ha detto...

Non si è mai preparati ai tradimenti... Non lo saremo mai o lo siamo sempre. Si rimane male, Silvia, a volte malissimo. Ma non lasciare che questi comportamenti trasformino te. Rimani la Roby di sempre, magari si è a volte un po' illusi e ingenui, ma il male vero, quello profondo è quando queste persone riescono a toglierti la fiducia o la volontà di rimanere quello che sei a costo di essere tradita.
Chissà se sono riuscita a spiegarmi?
Un bacione
Giulia

Anonimo ha detto...

Lo so Giulia, sulla mia pelle. E non ho detto il contrario, se così sembra mi sono espressa male.
Ma chi non ha subito "tradimenti" nella sua vita alzi la mano. Dipende anche dalle aspettative e dalla posta in gioco. Se tanti preferiscono sottrarsi e non mettersi in gioco lo fanno proprio per la paura di cadere da un'altezza reputata letale. A volte lo è, purtroppo. Ma anche no.
Bisogna guardare le cose positive per sopportare le schifezze del quotidiano.

Anonimo ha detto...

Purtroppo avere aspettative è nella nostra natura, ed è uno dei tanti motivi di fragilità.
Credo che si dovrebbero eliminare dai vocabolari un po' di parole, e aspettativa, insiema a gratitudine, sono le prime che mi vengono in mente.
È triste, ma io ci credo profondamente e mi aiuta a sopravvivere, anche se anch'io ci cado ancora, ma con meno frequenza di quando ero giovane.
Mi spiace, Roby.
Ciao.

Solimano ha detto...

Roby, in fondo l'ha già detto Amfortas, il punto non è che non arrivi la delusione, ma come la si affronta. Ed è vero, gratitudine e aspettative sono parole che andrebbero bandite dal vocabolario. Giungo al punto -che so largamente non condiviso- di ritenere che la parola speranza sia equivoca, ingannatrice. Lo dico non perché io sia un pessimista o un cinico, ma perché ho scelto di essere un empirista epicureo, che segue il principio del piacere, non quello, così diffuso, del dolorismo.
Dopo il primo momento umorale -che può durare giorni- e che è come una febbre inevitabile (la febbre non è la malattia) occorre una scelta primaria e radicale di amore vero verso se stessi, occorre essere centripeti, non centrifughi. L'amore che non diamo a noi stessi non siamo in grado di chiederlo agli altri (fra l'altro, nessuno può amare veramente un altro se non ama se stesso). Non sto facendo una predica, dico quello che ho esperito diverse volte nei rapporti (sia di lavoro che di sentimento). Ho sbagliato spesso, quindi ci ho patito molto, ma ho cercato di imparare anche dalle sberle, comprese quelle molto cattive. Perché succedono queste cose? Meccanismi etologici: competitività, dominanza, soprattutto invidia (tanto diffusa quanto negata). Senza essere assolutamente perdonisti, il settanta volte sette è scritto in un libro, ma è soltanto una utopia quasi sempre dannosa: che ci ha fatto del male, e poteva benissimo evitarlo, è bene che paghi pegno, non diamogli la soddisfaziano di vederci soffrire a lungo (che è proprio quello che vuole). Cambiare marciapiedi con risolutezza, come segno di rispetto per se stessi. Non lasciamoci invadere... e facciamo cose che ci piacciono con persone che ci piacciono, esistono sia quelle cose che quelle persone.

saludos y besos, gemellina Roby
Solimano

Anonimo ha detto...

Io francamente non riesco a seguirvi però. Se dovessi davvero togliere dal vocabolario le parole aspettativa e gratitudine diventerei una persona così diversa che non mi piacerei nemmeno.
Lo so che non devo aspettarmi la luna sempre e comunque o essere credulona, ma aspettativa fa anche il paio con speranza e progetto. Io voglio essere speranzosa, come impostazione mentale e avere dei progetti comuni che da sola ne ho pure troppi. E gratitudine. Perchè non dovrei essere grata a qulacuno che mi ha fatto del bene?
Mica è senso del dovere o senso di colpa. Pura gratitudine. Esistono anche le cose belle e le belle persone.

Habanera ha detto...

Roberta, non permettere mai a nessuno di farti sentire uno zero. Difenditi con tutte le tue forze e non smettere mai di credere in te stessa.
C'è tanta meschinità in giro, tanta invidia, tanta rivalità che alle volte si ha quasi l'impressione di essere un agnello in un mondo di lupi.
Però non è così, per fortuna non è sempre così.
Esistono anche tante persone leali, sensibili, intelligenti, capaci di amicizia vera e profonda. Non è che le si incontri ad ogni angolo di strada ma ogni tanto succede, magari quando meno te lo aspetti, e sono le uniche persone che vale veramente la pena di tenersi strette.
Tutti gli altri mandali serenamente a quel paese che il loro posto è quello, non nei tuoi pensieri.

Ti abbraccio
H.

Solimano ha detto...

Silvia, due cose.
Lo sai quando tu provi veramente gratitudine? Quando avverti nella persona che ha fatto quella cosa per te, che l'ha fatta per piacere, non per dovere, non come merce di scambio. Il piacere (parola denigrata nella nostra cultura) è contagioso, piacere tuo, piacere mio.
La speranza non è il progetto, è la futurizzazione del progetto. Il progetto esiste qui e ora, e tu lo persegui, la speranza distrae dalla felicità del qui ed ora, che è l'unico momento che esiste. Se c'è uno che crede al progetto sono io, solo che non bisogna farsi distrarre dall'andrà bene andrà male, da speranza e timore. Fare quello che si è deciso di fare, semplicemente ... il successo e il disastro sono due sinistri gemelli... diceva Kipling. Visto che era stato in India, qualcosa aveva imparato.
Molti sentimenti sono apparentemente positivi, ma sanno di attaccamento ricattatorio: io do una cosa a te tu dai una cosa a me.
Ciò detto, tu non hai assolutamente l'aria di una persona triste, quindi vai avanti come ti pare che farai bene.

saludos
Solimano
P.S. Condivido quello che ha scritto Habanera. Volete che gli altri vi rispettino? Insegnateglielo! (per il loro bene, naturalmente...)

Barbara Cerquetti ha detto...

Io sono d'accordo con il discorso dell'amare prima se stessi, altrimenti non si è capaci di amare gli altri.
Anche sulla gratitudine vi ho seguito abbastanza.
Mi sono persa sulla speranza, che forse intendo in maniera diversa da voi.
Se non spero che il progetto riesca, come posso impegnarmi per la sua riuscita?
Se non spero che le cose vadano meglio in futuro, come posso tirare avanti nei momenti in cui va male?
Mi pare che la sfumatura sta nel fatto che Solimano e Amfortas disprezzano l'atteggiamento di chi, guardando al futuro, trascuri il presente. Se ho capito male correggietemi.
A me però il sentimento della speranza piace, quando è inteso come motore per il presente, non come chiusura ad esso.
Inoltre porta con se un aura di dubbio (cosa che manca al sentimento della fede, per esempio), e il dubbio non fa mai male.

Barbara Cerquetti ha detto...

p.s. un'aura, con l'accento.

p.s.2 mi sono persa con le discussioni filosofiche e mi sono persa la cosa più importante: dai Roby, tirati su e fagli una pernacchia a quello/a lì. Alla faccia sua!

Roby ha detto...

Cari agenti doppio-zero, tutti al MIO servizio (neppure tanto segreto), il computer mi permette infine -bontà sua- di ricollegarmi per dirvi che ho per voi la massima GRATITUDINE, e che non avete certo deluso le mie ASPETTATIVE...

...quanto alla/alle persona/e cui mi riferivo nel post, l'indomani sono entrata in ufficio sorridendo, ho risposto soavemente "Benissimo, grazie" all'ipocrita domanda "Come va?" e subito dopo ho cancellato accuratamente dall'Area Condivisa del computer un paio di files (fatti da me) senza i quali il lavoro sarà molto, moooolto più complicato per qualcuno....

>;-@

(My name is BY, RO-BY)

Anonimo ha detto...

Perfetto Signora Roby:-)
Precisando che i colleghi non si possono scegliere, sono nel pacchetto all inclusive. Io faccio molta fatica a condividere coi colleghi, tutto, anche il cellulare che ho dato a pochissimi col divieto tassativo di distribuirlo.
E alcune sono persone piacevoli, ma non mi piacciono tutti e non abbastanza.
La mia vita privata è altra cosa e lì scelgo io, cambia la musica e cambiano i rapporti.


Solimano, comprendo ciò che dici e lo condivido ma non mi scandalizzo se c'è reciprocità nella gratitudine. Mi piace che qualcuno voglia qualcosa da me e che io possa fare altrettanto. Mi piace concedermi il lusso di poter chiedere perchè mi venga dato, anche se questo comporterà una reciprocità, mai fine a se stessa comunque. Come faccio a pensare ad un progetto senza metterci la speranza che possa realizzarsi? Come posso innamorarmi senza pensare che sarà per sempre? Sono un po' come Barbara in questo caso.
E se è assai vero che ci di deve voler bene e far rispettare perchè gli altri facciano altrettanto nei nostri confronti, è anche vero che io mi rispetto e mi voglio bene se credo che quel progetto/sogno sarà una cosa meravigliosa e infinita ed eterna. Altrimenti nemmeno mi ci metto. E smetterei di sognare e questo mi farebbe molto male:)

annarita ha detto...

Condivido tutto quello che avete scritto e il discorso purtroppo vale anche per in amore e nella vita sociale. Bisognerebbe adottare l'atteggiamento di Roby. Ho detto bisognerebbe, perché con certe caratteristiche nel DNA ci si nasce e basta, purtroppo. Mi spiegherò meglio. Salutissimi, Annarita.