domenica 28 dicembre 2008

A guardia delle radici

Roby


Tempo di feste, tempo di pranzi in famiglia. Oggi ero invitata a casa di mia zia N., ultima superstite di un esercito di parenti via via assottigliatosi nel corso degli anni. Con lei il tempo è stato galantuomo: non è poi molto diversa da quando, la più giovane tra le sorelle del babbo, giocava con noi nipoti a nascondino, a palla, a moscacieca. Insieme inventavamo storie strabilianti, viaggiavamo sul tappeto volante sorvolando oceani e deserti, incontravamo Topolino a Disneyland e sbarcavamo sulla luna quando l'Apollo 11 non era ancora in produzione.
"Ricordati" mi ha detto oggi, in tono di bonario rimprovero "mi hai promesso di mettere per iscritto la storia della famiglia, e ancora non hai cominciato. Quando lo farai, se non ci sarò più io a dettartela???".
Il progetto di ricostruire le ramificazioni del parentado, partendo dai suoi nonni (e miei bisnonni) per arrivare alle radici del nostro albero genealogico è affascinante, benchè tutt'altro che facile. Dovete sapere -tanto per darvi un'idea- che mio padre e mia madre erano cugini di primo grado, figli per di più di due sorelle che avevano sposato due fratelli. Mia madre, quindi, prima che cognata era cugina di mia zia, e la mia nonna materna era zia di quest'ultima...
Lo so, vi siete già persi! Se può consolarvi, mi ci intorto anch'io!
Gli intricati legami casalinghi non mi avevano creato alcun problema (grazie a Dio, nessuna malattia genetica in famiglia!), almeno fino alle medie, quando -raccontando ingenuamente tutta la storia- vidi alcune mie compagne inarcare le sopracciglia e storcere la bocca. Scoprii così che aver per genitori due cugini veniva da qualcuno considerato un disonore, un marchio d'infamia, al pari dei vecchi "figli di NN". C'erano bambine che, al mio passaggio, si davano di gomito ("Vedi, è quella!"), parlottando poi tra loro all'orecchio.
Adesso ci rido, ma all'epoca ci soffrivo. E non avevo neppure il coraggio di chiedere spiegazioni alla mamma, temendo ci restasse male anche lei...
"Insomma" insiste la zia "ti aspetto la settimana prossima, nel pomeriggio. Portati carta e penna, che cominciamo a lavorare: siamo d'accordo?"

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Spero davvero che porterai carta e pennza... Anch'io ho uno zio che ha raccolto molto materiale e che mi chiede la stessa cosa. Il problema è che io sono stata sempre un po' "sradicata" e non mi è facile entrare in quei meandri da cui un po' sono fuggita o meglio ho costruito un'altra ramificazione.
Per il resto anch'io ero una "quella là!. Mio padre era meridionale e puoi immaginare il resto...
Allora aspettiamo che ce la racconti questa storia.
Baci, Giulia

Habanera ha detto...

Io non ho più memorie a cui attingere perchè tutti quelli che ricordavano ormai non ci sono più.
E' una sensazione dolorosa se si tiene alle proprie radici ed io, se potessi tornare indietro, prenderei appunti dei tanti racconti ascoltati e farei ancora un'infinità di domande.
Roby, approfittane finchè sei in tempo.
Come dice Giulia armati di carta e penna e inizia a raccontare.

Bisous
H.

Solimano ha detto...

L'argomento è ancora più serio di quello che voi immaginiate. Soltanto che Roby (e Giulia e Habanera) dovrebbero farlo su se stesse, non sui parenti. Io l'ho fatto senza accorgermi che lo stavo facendo con Le Novellette degli Odori, e vi assicuro che non lo dico per ragioni strumentali, ma perché è stata una esperienza personale magnifica che auguro a tutti (e che è possibile a tutti). Credevo di scrivere delle storiette legate a 54 odori e mi sono accorto alla fine di aver scritto una mia sintetica e non pedante biografia. Per me stesso. Basta trovare un fil rouge (i vestiti, le scarpe, le borsette, le pettinature, i complimenti, le litigate, i fiori etc) ed attenercisi trovando nell'archivio mastodontico del nostro cervello quel momento preciso in cui è accaduta quella certa cosa, legata alla pettinatura, alla litigata, alla borsetta, come se fossero boa di scrittura. Lo so che non ci crederete, ma funziona, e viene una bella cosa, una cosa viva, soprattuto non nostalgica (è la nostalgia, quella che frega, perché trasforma il ricordo vivo in rimpianti o rimorsi morti o agonizzanti). E vi divertirete un mucchio, perché è concessa qualche lieve invenzione, ma soprattutto, senza sforzo riaffiorerà tutto l'essenziale, con tanti particolari. Dài gemellina Roby, qui si parrà la tua nobilitate! Lascia stare le zie e raccontaci di te, specie dei baci reali, sognati, fantasticati, desiati e (finalmente) arrivati!

saludos y besos
Solimano

Roby ha detto...

Solimano caro, sai benissimo che sono trooooppo timida e riservata per parlare in pubblico dei miei baci... Dovrei cercare altri spunti... Forse i libri letti in età, luoghi e occasioni diverse... Forse l'uso del telefono nelle varie fasi della mia vita... Forse le scarpe comprate, portate fino a consumarle, oppure buttate quasi subito perchè intollerabili!
Però alla storia della famiglia non ci rinuncio: l'idea mi piace, finchè c'è ancora qualcuno in grado di raccontarmela!

Baciottoni
Roby

Giuliano ha detto...

Cara Roby, la mia esperienza di famiglia è questa: che i vecchi erano più belli di noi e dei nostri nipoti.
Non una bellezza fisica, naturalmente: ma lo sguardo del mio nonno materno (contadino, ma oggi direbbero "piccolo imprenditore") non lo rivedrò più, purtroppo è una razza estinta.
Poi non bisogna farsi trasportare dalla poesia, tra i vecchi c'era anche gente che è meglio sia andata perduta - ma a me oggi mancano anche i cari vecchi "matti e semplici" di una volta, quelli che ha messo Fellini all'inizio dei suoi "Clowns". I "matti" di oggi fanno solo spavento...

Anonimo ha detto...

Io su questo argomento ho un'esperienza personale che mi ha gratificato molto.
Una mia zia, ora molto anziana, è l'unica riconosciuta depositaria dei segreti di famiglia, nel senso di tradizioni, parentele ecc ecc.
Ebbe l'idea, qualche anno fa, quando nacque mio nipote (ora ha 9 anni)di scrivere in triestino la storia della nostra famiglia, perché il nuovo arrivato potesse un giorno trovarne testimonianza.
Scriveva sul classico quaderno da elementari e io un giorno pensai che si sarebbe potuto fare qualcosa non di meglio, ma forse di più duraturo.
Così mi armai di pazienza e in qualche mese cacciai tutto in un file word, aggiungendo di mio le foto delle persone protagoniste della storia.
È stato emozionante, a tratti anche molto duro, perché ho dovuto ripensare persone che ho adorato e che non ci sono più e altri particolari che tengo per me.
Ora il lavoro lo sto continuando io, perché zia non ci sta più con la testa.
Ecco, forse (Solimano non sgridarmi se ho 'sta botta di gne gne) sarà l'unica cosa per la quale un giorno qualcuno si ricorderà di me.

Solimano ha detto...

Amfortas, quello che hai fatto tu con tua zia, l'ha fatto un mio cugino marchigiano con suo padre (mio zio). Fu una cosa bella e strana, perché scoprì dopo che era scomparso, che suo padre aveva tenuto una specie di diario, pur non essendo scolarizzato. Un diario molto sentito, di un cristiano comunista, e l'argomento torna molto spesso, ci rifletteva di frequente su questi due aspetti.
Il libro poi è stato pubblicato e ce l'ho.
In queste cose c'è il rischio della nostalgia, di un come eravamo fine a se stesso, ma di gran lunga prevale la necessità della memoria di esperienze veree vivissime.
In triestino poi... il triestino è bellissimo!
Roby, la storia della tua famiglia è un bel fil rouge, tanto, parlando della tua famiglia, col modo stesso che hai di scrivere parlerai di te stessa.
Per dare un consiglio non richiesto, non procedere a tappe forzate, sistematicamente, cronologicamente. Procedi quando hai l'urgenza di scrivere quella certa cosa che hai chiaramente in testa. L'organizzazione del tutto c'è tempo di farla dopo.

saludos
Solimano