domenica 28 dicembre 2008

Di fronte all'albero...

Giulia

Quando ero bambina mi piaceva sedermi al buio davanti all’albero di Natale. Mi incantavo a guardare le lucine che si accendevano e si spegnevano. Mi riappacificavo con me stessa. Il buio, il silenzio, quelle luci che non contrastavano il buio ma che dal buio erano valorizzate… Tutto era così bello, così puro. Credevo in Gesù Bambino che ci portava i doni, anche se vedevo mio padre di notte costruire col traforo un teatrino, il regalo tanto atteso con cui avrei poi giocato con i miei fratelli. Ma credevo nel mistero, il mistero che è sacro, che è magia e ne ero affascinata.
Ieri me ne sono ricordata ed ho provato a sedermi sola davanti all’albero…
Ho pensato a Gaza, ad Israele, all’odio, alla vendetta che non hanno fine, che sembrano più forti di qualsiasi altro sentimento…

Ho sentito l’urlo di tutta quella gente che muore, di quei bambini che non sono neanche riusciti ad affacciarsi alla vita che già hanno conosciuto la morte. Ho visto e sentito quell’urlo così magistralmente rappresentato da Munch: uno spettro urlante senza voce, l’estrema volontà di comunicare il proprio dolore, la propria paura, la propria disperazione nell’assoluta certezza di rimanere inascoltato. Un urlo silente.
Così Munch scrive sul suo diario:
Una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte stava la città e sotto di me il fiordo...Mi fermai e guardai al di là del fiordo, il sole stava tramontando, le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando”.
Ed ho pensato di quanta retorica è intessuta la nostra cultura… Di fronte a tutto questo non posso che tornare in silenzio a riguardare il mio albero che vorrei tanto oggi diventasse “l’albero della vita”.


6 commenti:

Habanera ha detto...

Da quanto tempo non mi incanto più, seduta al buio, davanti alle lucine dell'albero di Natale e del presepe?
Eppure l'ho fatto anch'io e in quei momenti riuscivo davvero a concentrarmi su tutto il bene e tutto il male del mondo.
Quel bene e quel male in qualche modo presenti anche in me che io, confusamente, cercavo di decifrare.
Sono momenti di purezza assoluta, momenti di introspezione rari e preziosi di cui mi sembra di non essere più capace.
Non credo sia per le continue notizie di lutti, tragedie, stragi, ingiustizie, che ci arrivano da ogni parte del mondo attraverso i telegiornali.
Tutte queste cose ci sono sempre state e sempre ci saranno.
La differenza è che ormai stentiamo a credere che possano esserci tempi migliori per l'umanità.
Siamo diventati più pessimisti anche se, forse, non ancora del tutto rassegnati.
Siamo più consapevoli e meno fiduciosi nel futuro.
E' questo che significa invecchiare?
H.

Anonimo ha detto...

Che bel post Giulia:) Mi ci voleva.

Giuliano ha detto...

Una volta c'erano poche luci, l'albero era davvero una festa.
C'erano anche pochi regali, e bastava poco per essere contenti.
Oggi abbiamo tante luci, e abbiamo tutto sul telefonino: manca solo il forno a microonde, ma solo perché nel telefonino non ci sta. (il telefonino deve essere piccolo e piatto, peccato).

Solimano ha detto...

Il Medio Oriente è il punto in cui i tre monoteismi, parenti serpenti, dovrebbero guardarsi in faccia e vergognarsi di se stessi.
Per un po' di vecchie pietre...
Credo che non ci sia nulla di nulla che noi possiamo fare, se non una cosa: limitare i danni. Non le leggo più queste notizie, basterebbe leggere un giornale di vent'anni fa e la menata è identica. E' lo spurgo di vizi secolari, di puntigli, di voler avere sempre l'ultima. E parlano delle religioni del libro, ma quale libro e quale religione!
Limitare i danni, niente altro, chi se ne frega di queste vecchie pietre, sono solo la scusa per un macabro gioco senza fine in cui è impossibile stabilire chi abbia più colpe.

saludos
Solimano

Roby ha detto...

A casa stiamo seguendo con particolare partecipazione le vicende della striscia di Gaza. Il mio consorte è stato non lontano di lì, fra Nablus e Ramallah, un paio di mesi fa, per un reportage fotografico. Ha ancora negli occhi e nel cuore i volti dei bambini di laggiù, per le strade, negli ospedali, in braccio ai genitori... Fino a qualche giorno fa contava di tornarci, fra un paio di settimane. Ora, chissà.

'notte

Roby

Anonimo ha detto...

Habanera, abbiamo davvero bisogno di questi momenti e bisogna recuperarli, solo così ci si ritrova. Io credo che non siamo noi che possiamo dire se e come ci saranno tempi milgiori, ma dobbiamo camminare in quella direzione altrimenti siamo noi a perderci. Un abbraccio.
Giuliano, oggi abbiamo tutto, e non abbiamo niente... Il telefonino è davvero diventato un prolungamento di noi stessi, a dire il vero io non riesco ad usarlo, rimane dimenticato nella borsa, inascoltato anche quando suona.
Solimano, sono d'accordo con te il meidoriente sta diventando davvero "macabro gioco senza fine"...
Roby, è terribile vedere che a rimmetterci è poi la gente, i bambini che non possono avere colpa.
Ciao a tutti, Giulia