sabato 8 novembre 2008

Scritte sui muri

mazapegul


L'estate di due anni fa il mio dipartimento fece ripulire i muri esterni dalle scritte. Una restauratrice passò due mesi con una macchina a getto di sabbia e altri strumenti, sudando dentro la sua tuta protettiva, per ripulire, un centimetro quadrato dopo l'altro, le superfici in mattone e quelle, assai più difficili, realizzate con lastre di una pietra bianca e porosa, in cui nerofumo e vernice s'annidano in minuscoli anfratti.
Mi sono spesso fermato a parlare con lei nelle soste, delle pietre che stava ripulendo ora e di quelle che aveva incontrato in restauri più prestigiosi, come il santuario di Loreto; delle sostanze chimiche che proteggono la pietra, della veloce decadenza delle decorazioni in arenaria e via andando.
Neanche un mese dopo, in occasione della fiammata stagionale dei movimenti, qualcuno tracciò sbrigativamente in vernice rossa sulle lastre di pietra bianca la scritta "non potete fermare il vento, potete soltanto fargli perdere tempo", con l'indicazione di luogo e data di una manifestazione.
Ora, non solo mi parve sproporzionata la veloce spensieratezza del gesto di fronte al lento sudare estivo della restauratrice; ma trovai anche stupidamente retorica la frase: chissà con quanta dannunziana tracotanza un ragazzetto di buona famiglia e nullo talento ha acriticamente assorbito questo verso di De André, per poi di stupire il mondo verniciandolo su di un muro appena ripulito. Il vento è cessato, quel movimento è velocemente finito e la frase rimane lì, mezzo ripulita, nei secoli dei secoli.
Oggi sono passato da Piazza Verdi, Bologna, tra i centri di un nuovo movimento, con motivazioni più solide. Il muro sotto il portico di uno dei palazzi cinquecenteschi in cui le facoltà umanistiche hanno le loro sedi è stato coperto da un graffito di media qualità. "Non ci farete pagare la vostra crisi." Il messaggio è puerile (la pagheranno come tutti gli altri, in verità); involontariamente reazionario (perché a pagare più di tutti saranno, come sempre, i lavoratori; quelli più deboli -operai e immigati- soprattutto) e si autoavvera, anche, perché l'università dovrà spendere almeno centomila euro (il mio dipartimento spende circa settantamila euro l'anno in riviste) per ripulire quel muro.
Il portone del rettorato è stato imbrattato da un gavettone di vernice rosa e le porte di altri uffici universitari sono state devastate. Il perché di questo piccolo scempio mi sfugge: quelli che dicono di volere l'università pubblica, gratuita e via andando, ne vandalizzano poi gli uffici. Il rettore, tra l'altro, è contrario alle leggi di cui si sta parlando (ma se anche fosse a favore?).
Sul muro delle scuderie, tracciate frettolosamente in nero, alcune scritte inneggiano a impiccare i fascisti ("appendiamoli") e auspicano la morte di più poliziotti ("sbirri"). La tetraggine del messaggio è essa stessa fascismo allo stato puro; ma è un fascismo rosso, sempre in voga in alcuni ridotti dei centri sociali: slogan oramai privi di contenuto che si trasmettono di generazione in generazione dagli anni '70. Proprio perchè privi di contenuto, sono sempre più reazionari.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Dove non arriva la testa, arrivano le gambe dicono. In questo caso le braccia. Perchè è ovvio che di testa non ce n'è. Eppure non posso non ricordare tanti anni fa, strade lastricate a sampietrini divelte completamente, colonne, portoni, muri, portici, (Bologna) aule, corridoi, completamente scritte, piene di slogans e simboli verniciate con ogni tipo di bomboletta trovata sul mercato.
Oggi, come ieri, senza la protesta, i graffiti sono di messaggi d'amore o peggio osceni. Lo spogliatoio del campo di fronte a casa mia viene ritinteggiato ogni due mesi perchè puntualmente viene imbrattato con le peggio cose. Pare che questi giovani che navigano il pianeta con ogni teconologia possibile e comunicano a 200 sms al secondo abbiano ancora bisogno di gridare in modo muto ma ben visibile al mondo intero che esistono, che si amano, che si lasciano, che sanno tutto, che vogliono tutto, che sono tutto.
Se non studiassero e/o anelassero pera fare i calciatori e le veline, forse saprebbero cosa significa passare un'estate a restaturare un muro.
Forse.

Solimano ha detto...

A Cstiglione Olona (che è da queste parti) ci sono gli affreschi di Masolino, quelli che fece dopo aver lavorato al Carmine con Masaccio e poteva veramente tornare al mondo che suo, quello del gotico fiorito. La parte inferiore di alcuni affreschi, a portata di mano dei visitatori, è sfregiata da graffiti vecchi anche di secoli, un tacito passaparola di imbecilli da generazione a generazione.
E' la bellezza, a dare fastidio, perché non concede scampo, ti pone davanti al misero te stesso che sei e che cerchi di occultare. Bellezza artistica, bellezza del sapere, bellezza di una struttura efficacemente operante.
A un mio collega, un pezzo grosso di un ente locale disse testualmente: "Beati voi, che siete bravi, organizzati, contenti di lavorare per la vostra società, non fate sconti, non pagate tangenti a nessuno e... date tanto fastidio!". Il mio collega, che sapeva che avrebbe perso la trattativa, anche perché qualcuno le tangenti le pagava, decise di togliersi un piccolo sfizio: "Beato lei, che per un fastidio suo decide di danneggiare l'azienda per cui opera, e che è una azienda che riguarda tutti".

Ci sono sempre stati e sempre ci saranno, quello che fa specie è la storica compiacenza che da anni si pratica a sinistra con gente del genere. Si sgattaiola su questi discorsi, si pratica del giustificazionismo vigliacchetto e bieco, si cerca di ragionarci assieme, mentre ragionare è la cosa che non vogliono anche perché generalmente incapaci di ragionare, in balìa a pulsioni basse ammantate dei versicoli dell'ultimo poetastro di passaggio.
Per cui, rimpiango il vecchio PCI, in questo cose. Ad una Festa nazionale dell'Unità, a Milano, tanti anni fa, avevano organizzato una mostra di scultura contemporanea, in tempi in cui lo zdanovisco c'era come il latte alle ginocchia. I compagni erano perplessi, guardavano queste opere strane, ed uno, credendo di essere furbo, cominciò a raccontare a vocione spiegato che le masse, nelle loro lotte, di ben altro avevano bisogno. Il responsabile della mostra lo guardò fisso negli occhi e disse con fermezza: "Compagno, ragionare è fatica, ma serve". Mai scodinzolare, con questi, e guai a chi si tira indietro o scantona.
I graffitari ci sono anche in rete, ma sono stato troppo lungo, ne scriverò un'altra volta.
Màz si sente l'indignazione in quello che hai scritto, ma la lucidità è ancora maggiore.

grazie e saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Un'altra delle cose che ho imparato invecchiando: da che mondo è mondo c'è sempre stata gente che ha voglia di menar le mani e fare casino, soprattutto da giovani.
Poi gli danno una coloritura politica o sportiva, quale non conta: l'importante è menare le mani e spaccare, fascisti o interisti che siano.

Roby ha detto...

Le "scritte sui muri" sono sempre esistite, anche perchè una volta i mezzi di comunicazione non erano diffusi come adesso. Già i visitatori greci della necropoli di Saqqara lasciavano incise o scritte col nerofumo sulle pareti espressioni di compiacimento per essere stati lì (ed ora quei graffiti d'epoca sono esposti al pubblico, protetti da lastre di plastica), mentre a Pompei ed Ercolano le strade erano piene di slogan elettorali, reclame di spettacoli circensi e persino annunci di sesso a pagamento ("Tizia o Sempronia si vendono per tot denari").

Tutto ciò non giustifica, ovviamente, la loro esistenza ed il loro perdurare fino ad oggi. Anche perchè dubito molto che i futuri archeologi saranno interessati alla decifrazione di invettive contro i "gobbi" juventini o di banali e ripetitive frasi di stampo confusamente politico.

Ricordo con un certo divertimento soltanto la scritta apparsa circa 30 anni fa sulla facciata appena dipinta di un enorme palazzo residenziale vicino a casa mia, destinato ad ospitare appartamenti di alto livello. La scritta diceva "SCHIAFFO ALLA MISERIA". Prontamente coperta, fu ripetuta il giorno dopo, con l'aggiunta: "RIBADIAMO: SCHIAFFO ALLA MISERIA!".

Baciotti (soprattutto a Màz)

Roby