lunedì 13 ottobre 2008

Stefano da Verona

Solimano
Qualche tempo fa, c'ero rimasto male per Stefano da Verona (o Stefano da Zevio come lo chiamavano anni fa). Qualche critico autorevole gli ha tolto la Madonna del roseto (Museo di Castelvecchio a Verona), che è un capolavoro del gotico internazionale. Adesso, dicono che è di Michelino da Besozzo, e sicuramente hanno delle ragioni per dirlo. Però, ci si affeziona anche ai nomi...
Per fortuna, ho comprato in edicola il volume numero 5 della Storia dell'Arte Universale che sta uscendo settimanalmente col Corriere della Sera (sono arrivati al numero 7). E' un opera di scarso significato culturale: i testi sono brevissimi e generici, senza sorprese. Ma che immagini!
Ho trovato in questo volume l'immagine dell'unica opera certa che è rimasta a Stefano da Verona, L'Adorazione dei Magi che è alla Pinacoteca di Brera. E' firmata e datata 1435 e qui sotto la inserisco con a fianco un particolare, quello dei cacciatori che hanno preso la lepre e adesso si riposano e bevono. Anche i cani hanno l'aria contenta.

Stefano da Verona: Adorazione dei Magi (1435) e particolare
Pinacoteca di Brera, Milano

2 commenti:

Giuliano ha detto...

Quando leggo queste notizie sui falsi e sulle attribuzioni cambiate, mi viene sempre in mente quel brano dove Alphonse Allais spiega che tutte le opere di Shakespeare sono state in realtà scritte da un altro un autore, un inglese che si chiamava anche lui William Shakespeare.
Per dire che alle volte è importante sapere con precisione chi ha scritto o dipinto, altre volte no. Senza arrivare a Stefano da Verona, ci sono dei van Gogh che sembrano dei Gauguin, e viceversa: sono belli lo stesso, non m'importa chi li ha fatti e se si sono copiati.
Questi i xe bei e no i gavevo mai vardà: danke schoen.

Solimano ha detto...

Giuliano, prova a pensare a quanto sono pochi quelli che hanno sentito parlare di Michelino da Besozzo o di Giovannino de' Grassi e del suo taccuino custodito a Bergamo.
Sulle attribuzioni e sulle lotte attribuzionistiche Federico Zeri ha scritto degli articoli non so se da ridere o da piangere. Gli toccò di rinunciare alla carriera accademica e di scrivere i cataloghi dei ricchi musei americani. In genere non sbagliava, perché conosceva personalmente dei falsari bravissimi che le singole opere le conoscevano molto meglio dei critici, imitavano pennellata per pennellata. E i critici abboccavano...

saludos
Solimano