domenica 26 ottobre 2008

Pennuti a Rio

Stefania
Ci siamo. Ho diligentemente spostato le lancette di tutti gli orologi della casa per provare a sentirmi più tranquilla. Non credo basti a eliminare la sensazione di malessere che ristagna ormai da un tempo indefinibile. Quaggiù pare estate da una vita, e non sono solo gli abiti che porti addosso, ma anche la spossatezza, l'indolenza, il modo in cui il sonno ti posa la mano sulla spalla sorprendendoti, magari mentre ti accingi a fare tutt'altro. Qui l'aria è dolce e sa di polvere e di sale, già dimentica dei picchi insopportabili d'afa e di languore, ferma, uguale a se stessa dopo ogni maestrale – che quando arriva scuote persino le imposte socchiuse dell'anima, così, tanto per ricordarti che siamo fatti di addizioni di vento.
Sono vestita come a marzo, come ad aprile, luglio, settembre. Ho nostalgia dei miei pullover e delle mie amate e morbidissime sciarpe, da almeno due mesi sfoglio giornali che traboccano di mises rassicuranti e avvolgenti, ma qui la campana per rispolverare l'armadio non suona ancora. Ho voglia di zucca, agnello, castagne e vino nuovo, ma continuo a consumare cibi da terra sitibonda. Ho sbucciato mandarini asfittici e stremati, non fa abbastanza fresco perché il profumo resti sulle dita. È il malessere di una coincidenza mancata, quello che sento. Di un ritmo spezzato ma necessario. Guardo il calendario, sposto le lancette degli orologi, mi accingo a dormire un'ora in più, o magari ad avere un'ora in più di sogni, e da oggi ad accogliere il buio in anticipo. Ma sono giorni d'aria tiepida e riluttante, in cui la giacca leggera che infili sulla maglietta al mattino verrà abbandonata prima della controra e serve come danza di una pioggia che non cadrà.
Mi viene in mente quel che mi raccontò una sera un tassista a Rio, costeggiando Copacabana. Mi disse di guardare le traiettorie di volo degli uccelli sulla città, nervose, inconsulte, quasi guidate dallo stordimento o da un'improvvisa cecità; e di ascoltare i loro versi, a tratti spaventosamente simili a lamenti. Sembravano impazziti, diceva, e tutto questo perché ormai l'illuminazione artificiale – distruggendo il confine tra la luce e il buio, tra la veglia e il riposo – si era mangiata la notte. Ecco, perché ogni cosa deve avere il suo tempo, ed io – in questo autunno che quaggiù non arriva – mi sento un po' come gli uccelli di Rio. E senza neppure un paio d'ali.

7 commenti:

Roby ha detto...

Stefania, meno male che ti ho letto: vado subito anch'io a spostare gli orologi di casa (a parte quello del videoregistratore, che ci pensa la mi'figliola). E così, come per incanto, sono di nuovo a mezzanotte e dieci!

Dopodichè, subito a nanna, col pigiamino corto da agosto e la copertina leggera sul letto.

Mah. Arriveranno la polenta e le castagne, prima o poi!

Roby

Habanera ha detto...

Le previsioni del tempo ci inducono a sperare che al sospirato autunno manchino poche ore. Abbiamo tutti voglia di caldarroste e sciarpe avvolgenti, di morbidi maglioncini di lana e di ombrelli.
Proprio quegli ombrelli sempre così fastidiosi, che impicciano le mani e non riparano mai abbastanza, ora ci mancano perchè manca l'autunno, stagione meravigliosa e necessaria.

E' bello poterti leggere anche qui, Stefania.
Vado a spostare gli orologi.
H.

Solimano ha detto...

Benvenuta Stefania. Mi raccontarono di un consulente (qualità di prodotti e servizi) conosciuto a livello planetario che poteva permettersi di strutturare l'agenda degli impegni in modo da vivere sempre in primavera. Lì per lì rimasi a bocca aperta,ma non è una bella trovata: carenza di fantasia, mancanza di disponibilità alle sorprese e soprattutto il non accettare l'inganno consolatorio della ciclicità delle stagioni, che vanno e ritornano, mentre noi andiamo soltanto.
Ma esiste una Nemesi: quel consulente oggi certamente non se lo può più permettere. Da quindici anni e più i consulenti à la page sono quelli che con le dita simulano la forbice venti volte al giorno. Diventa un tic. Passerà, anche il successo dei consulenti è ciclico, e si tornerà a parlare di qualità (persone, rapporti, servizi), non solo di ISO 9000.

grazie Stefania e saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

Bella e triste, l'immagine dei confusi uccelli di Rio.

Anonimo ha detto...

Eccomi qui, a ringraziarvi per l'accoglienza, anche se forse è tardi per un caffè. Magari domani, magari un aperitivo. Stasera l'aria si è inaspettatamente rinfrescata, pensavamo rincuorati tornando a casa poco fa. Sarà la suggestione. Ma che faccia presto, che già stiamo organizzando il pranzo di Ognissanti e mia madre alla zucca non rinuncia.
Che dire del tenerissimo venditore ambulante di caldarroste avvistato in pieno centro e ignorato dai più? A me quegli odori fanno impazzire, ma non bastano, se climaticamente l'atmosfera non è quella giusta. Da parecchi anni persino gli zampognari e i pastori abruzzesi sotto Natale sono fuori luogo.

Comunque sia... Grazie Roby, grazie Habanera (stagione necessaria, hai detto bene. Una scansione e un ritmo necessari, che io avverto anche nell'arco della giornata: da mezzanotte alle sei è inverno, dalle sei a mezzogiorno primavera, fino alle sei del pomeriggio estate, e poi l'autunno, che declina proprio mentre sto scrivendo qui). :D
Grazie Solimano,
sottoscrivo quella disponibilità alle sorprese e soprattutto la necessità di quel meraviglioso inganno consolatorio della ciclicità delle stagioni, che vanno e ritornano, mentre noi andiamo soltanto.
Grazie Mazapegul,
quell'immagine mi torna spesso alla mente, ogni volta che devo associare al disorientamento una figura.

Vado a leggere le novità che avete postato oggi, un abbraccio.

Anonimo ha detto...

Che bella descrizione di questa stagione che non si decide di avere un nome. Oggi alcuni giravano in maniche corte, altri col cappotto.
E' vero, siamo come gli uccelli di Rio, disorientati e non solo per le inconsuete previsini atmosferiche.

Fulmini ha detto...

Salve, Stefania.

Bel pezzo, diavolo d'una donna multiforme!

Mi fai pensare di sponda al passaggio di testimone delle stagioni. Qui in città si vede meno: meno cielo, meno mare, meno vento, meno alberi...

Bentrovata.