sabato 25 ottobre 2008

Nel blu dipinto di blu

Roby
E' matematico: quando mi capita di accompagnare qualcuno alla stazione ferroviaria, a quella dei pullman, all'aeroporto o all'imbarco di un traghetto, ho regolarmente la tentazione fortissima -direi quasi l'incontrollabile pulsione- di farmi largo alla biglietteria e di chiedere affannosamente: Scusi, c'è per caso un posto libero? Parto anch'io! E ciò non dipende affatto dalla destinazione della persona che sto accompagnando. Può essere la mia vecchia zia che va a Montecatini con la SITA a passare le acque, così come mia figlia che prende il vagon lit delle 20,12 per Paris-Bercy insieme alle amiche: per me pari sono, basta che il viaggio inizi. Perchè è il viaggio l'essenza stessa della libertà, dell'avventura, dell'ignoto, del divertimento inteso proprio come di-vertere, deviare dalla solita strada.
Figuriamoci poi quando le mete previste sono particolarmente esotiche. Ieri sera, ad esempio, mentre salutavo il consorte in attesa del volo AZ delle 19,15 con destinazione Tel Aviv-Ben Gurion, previo scalo a Roma-Fiumicino, l'impulso è stato quasi irresistibile. Essendo un viaggio di lavoro, non potevo seguirlo (e chi si sarebbe occupato della bambina, a casa?), ma ho fatto fatica a non infilarmi di soppiatto sul nastro trasportatore dei bagagli. In fondo, vestita di nero e ben accoccolata, potevo passare benissimo per una Samsonite scura formato gigante...



3 commenti:

Solimano ha detto...

Eh, l'aereo! Mi capitò di trovarmi in un volo a rischio, su un Fokker fra Roma e Trieste. Si capiva che non era uno scherzo dagli occhi sbarrati delle hostess nel corridoio. Bora fortissima. Il pilota tentò tre volte di atterrare a Ronchi, per tre volte si rialzò perché andava giù d'ala. L'ultima volta vicinissimo a terra... e decise finalmente di atterrare a Tessera vicino a Venezia. Poi, in pullman fino ad Udine.
Per due anni ebbi una fifa blu le poche volte che dovevo prendere l'aereo, fifa che durava tutto il viaggio. Finché mi passò con una terapia d'urto: fui costretto, per ragioni di lavoro, a prendere l'aereo per una settimana di fila due volte al giorno. A quel punto, o schiatti o ti passa. E mi passò.
Conclusione: siamo fatti in modo veramente strano, ci si può abituare a tutto.

grazie Roby e saludos
Solimano

Habanera ha detto...

Proprio così, o schiatti o ti passa. Dopo un'esperienza simile a quella di Solimano anch'io avevo deciso di eliminare l'aereo dalla mia vita. Quanti bei viaggi in giro per il mondo mi sono persa per quell'assurda paura.
Poi è iniziato un periodo in cui per motivi familiari dovevo andare continuamente su e giù tra Milano a Napoli.
L'ho fatto per qualche tempo in treno e alla fine, stremata, ho detto basta!
Così l'aereo è diventato per me più familiare del tram o dell'ascensore di casa e alla mia vita sono finalmente rispuntate le ali.

Ciao Roby, querida
H.

mazapegul ha detto...

Cresce, la lupacchiotta! Mi pare di leggerla ancora quasi bambina, alle prese con griffes e maturità. Buon viaggio!